Architettura

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Il segreto della Cupola

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Il segreto della Cupola

Filippo Brunelleschi era noto per mantenere la massima segretezza sui suoi progetti. Non sono molti i bozzetti della sua opera arrivati fino ai giorni nostri. I pochi disegni conservati furono realizzati da collaboratori come Taccola o Bonaccorso Ghiberti, che videro in azione i paranchi e i montacarichi utilizzati durante la costruzione della cattedrale e ne descrissero il funzionamento, ma nulla si sa dell’origine di queste macchine. La riservatezza di Brunelleschi era tale che non volle rivelare all’Opera del duomo alcun dettaglio su come intendeva realizzare la cupola. Narra un aneddoto che durante il concorso del 1418 l’istituzione pretese che i partecipanti esponessero pubblicamente le proprie soluzioni, ma Brunelleschi si rifiutò e propose in alternativa una prova di abilità: si sarebbe aggiudicato la vittoria chi fosse riuscito a far stare in piedi un uovo su un tavolo di marmo. Dopo aver contemplato il fallimento dei suoi avversari, Brunelleschi si limitò a schiacciare la parte inferiore del guscio picchiettandola contro il tavolo: l’uovo restò dritto. Quando gli fecero notare che così erano capaci tutti, Filippo rispose che era lo stesso per quanto riguardava la cupola: se avesse rivelato i suoi segreti tutti avrebbero potuto costruirla.
Alcuni attribuiscono invece l’aneddotto ad altri personaggi, ad esempio a Cristoforo Colombo.

Il dipinto dell'immagine, L'uovo di Brunelleschi, ritrae l'architetto nell'atto di dimostrare ai membri dell’Opera del duomo la fattibilità del suo progetto. Olio di Giuseppe Fattori. XIX secolo. Palazzo Pitti, Firenze.

Foto: Akg / Album

Il progetto di Filippo Brunelleschi

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Il progetto di Filippo Brunelleschi

Il 7 agosto 1420 i muratori, gli scalpellini e gli altri lavoratori salirono sul tamburo della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Ammirando Firenze stendersi davanti a loro, consumarono una colazione a base di pane, melone e vino Trebbiano. Questo particolare rituale segnò l’inizio dei lavori di costruzione della cupola.

Nell'immagine possiamo ammirare alcune particolarità del progetto di Brunelleschi. La cupola di Santa Maria del Fiore si erge su un tamburo ottagonale in pietra [1], dotato di grandi finestre circolari su ogni lato. Tra la base e la cuspide ci sono quattro catene di pietra arenaria rinforzate con ferro [2], che insieme a una serie di anelli di legno ingabbiano la struttura impedendo che si apra verso l’esterno. La cupola è sormontata da un oculo [3] e da una lanterna [4], completata nel 1461. La sfera dorata (realizzata da Andrea del Verrocchio) fu collocata sopra la lanterna il 27 maggio del 1471.

La proposta del Brunelleschi rispetta il progetto originale di Neri di Fioravanti, che prevedeva una cupola a sezione ogivale. Gli archi seguono la regola del quinto acuto, cioè il raggio della loro curvatura è quattro quinti del diametro di base, e i rispettivi centri sono posti a un quinto di diametro dagli angoli dell’ottagono interno. Il tamburo, separato ai vertici da elementi di pietra, è privo di un centro esatto, un’irregolarità probabilmente dovuta ad alcune imprecisioni in fase
di costruzione.

Illustrazione: Fernando Baptista / NGS

La costruzione della cupola

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La costruzione della cupola

La proposta di costruire la cupola senza l’ausilio di centine di legno rappresentava una sfida inedita per la Firenze del XV secolo. Brunelleschi confidava che utilizzando le tecniche corrette la struttura si sarebbe sostenuta da sé. A questo scopo ricorse a quattro strategie principali. In primo luogo, sia la calotta interna sia quella esterna furono suddivise in due sezioni. Quella inferiore è in pietra e va dal tamburo fino a circa 14,5 metri di altezza [1]. Quella superiore è in mattoni e il suo spessore diminuisce mano a mano che procede verso l’alto per ridurre il carico sugli anelli inferiori. La seconda strategia fu il ricorso alla disposizione dei mattoni a spina di pesce, [2] che permetteva di connettere ogni nuovo anello di laterizi al precedente, prevenendo il rischio di distacco durante la fase di presa della malta. In terzo luogo il piano di posa dei mattoni non era orizzontale ma si inclinava progressivamente verso l’interno della cupola. Questa tecnica in apparenza rischiosa permise di massimizzare la superficie di frizione tra i diversi strati della costruzione, evitando che gli elementi interni si staccassero per mancanza di un punto di appoggio. Infine Brunelleschi utilizzò dei costoloni interni per collegare i due strati della cupola e degli archi verticali di pietra e mattoni per contenere la struttura dall’esterno.

La spina di pesce (in latino, opus spicatum) è una tecnica utilizzata fin dall’antichità a scopo decorativo. Brunelleschi la applicò alla cattedrale con un obiettivo strutturale. Gli archi obliqui a spina di pesce dividono gli anelli orizzontali di mattoni in segmenti separati l’uno dall’altro e allo stesso tempo li collegano alle sezioni inferiori della cupola. Ciò rende possibile costruire ogni segmento in modo indipendente, limitando i rischi di crolli. Una volta terminato un anello orizzontale, prima di procedere con lo strato successivo si collocano altri mattoni a spina di pesce.

Illustrazione: Fernando Baptista / NGS

La lanterna

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La lanterna

Santa Maria del Fiore fu consacrata nel 1436. Nello stesso anno venne bandito un concorso per il progetto della lanterna, l’elemento terminale della cupola destinato a filtrare la luce che entra attraverso l’oculo. Vinse Brunelleschi seguito da Ciaccheri, un suo ex collaboratore che avrebbe proseguito i lavori dopo la morte del maestro. La lanterna, anch’essa a pianta ottagonale, presenta dei contrafforti a sostegno degli otto pilastri in corrispondenza dei costoloni della cupola ed è dotata di otto finestre.

 

Foto: Scala, Firenze

I paranchi

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I paranchi

Brunelleschi è particolarmente noto per le sue macchine, cui ricorse sia per la cupola del duomo sia in altri contesti civili e militari. I paranchi e i montacarichi utilizzati a Santa Maria del Fiore avevano complessi ingranaggi a trazione animale e sistemi di arresto che impedivano la caduta dei blocchi di arenaria. Per la costruzione della lanterna furono usati esemplari di dimensioni ridotte pensati per essere azionati dalla forza umana, con meccanismi di precisione che consentivano di collocare i conci con grande accuratezza.

 

Illustrazione: Fernando Baptista / NGS

Le cupole più grandi del mondo

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Le cupole più grandi del mondo

La storia delle grandi cupole è un costante susseguirsi di influenze incrociate. Il Pantheon di Roma, la cui struttura superiore è alleggerita mediante il ricorso ad anfore vuote, o la cupola sorretta da pennacchi di Santa Sofia a Istanbul hanno influenzato architetture di luoghi e stili molto diversi. La cupola del duomo di Firenze riprende elementi di entrambi i monumenti, ma ricorre anche a soluzioni innovative, come la doppia calotta e i costoloni intermedi, che le permettono di raggiungere dimensioni mai viste prima. Nemmeno la cupola di San Pietro, opera di Michelangelo e discendente diretta del capolavoro di Brunelleschi, riesce a eguagliarla.

 

Illustrazione: Fernando Baptista / NGS

La cupola di Michelangelo

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La cupola di Michelangelo

Quando fu nominato architetto pontificio nel 1546, Michelangelo riprese il modello di pianta centrale proposto da Bramante, ma ne aumentò la luminosità per mezzo di una cupola maggiore che doveva poggiare su un tamburo ancora più elevato. Nel disegno di questa nuova cupola è evidente l’influenza di Brunelleschi. Buonarroti scrisse a Firenze nel 1547 richiedendo dettagli tecnici sulla cupola di Santa Maria del Fiore, il cui disegno a doppia calotta era a sua volta ispirato al Pantheon di Roma. Puntava in questo modo ad aumentare la luce naturale, dando al visitatore l’idea di una superficie interna di grande leggerezza, sostenuta dalla più pesante struttura esterna. La parte interna, costruita lavorando da dentro, è perfettamente emisferica, mentre quella esterna ha una più robusta forma ovoidale. Michelangelo non arrivò a vedere terminata la cupola. Il progetto fu ereditato da Giacomo della Porta, il quale si incaricò di adattare il progetto e di dirigere i lavori, che si conclusero nel 1590.

Foto: Akg / Album

La struttura della basilica

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La struttura della basilica

La forma definitiva della basilica fu stabilita dall’architetto Carlo Maderno nel 1607. Il suo obiettivo era dare coerenza a una chiesa che, dopo oltre un secolo di lavori, non era ancora stata completata e in cui nuove sezioni erano andate sovrapponendosi ad altre più vecchie di un migliaio di anni. Maderno, nipote di Domenico Fontana, ampliò le tre navate di accesso alla basilica per conferirle una struttura definitiva a croce latina. Questo prolungamento crea un interessante effetto spaziale, perché entrando nel tempio il visitatore non può evitare di rivolgere lo sguardo verso la cupola mentre avanza in linea retta. Heinrich Wölfflin, storico dell’arte a cavallo tra il XIX e il XX secolo, definiva questo effetto «spazio diretto all’infinito». D’altro canto va tenuto conto che San Pietro è una chiesa monumentale unica nel suo genere, concepita per il pellegrinaggio e gli eventi di massa e non per le cerimonie di culto convenzionali. Il progetto di Maderno comprendeva l’attuale facciata della basilica, terminata nel 1615. La sua proposta era nettamente diversa dalle precedenti e fu subito criticata per lo stile sovraccarico e per il fatto che l’attico impediva la vista di una parte della cupola maggiore. Secondo lo specialista James Lees-Milne, «anche il critico più imparziale è concorde sul fatto che [la facciata] è stata un errore e alcuni arrivano a ritenerla un disastro». Maderno progettò anche i due bracci laterali che dovevano concludersi con i campanili, ma questi non furono mai costruiti. 

Illustrazioni: Francesco Corni / Colore: Santi Pérez

Un prodigio del barocco

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Un prodigio del barocco

La decorazione interna di San Pietro fu iniziata nel XVII secolo inoltrato e riflette lo stile barocco del periodo. Il suo principale artefice fu lo scultore Gian Lorenzo Bernini, che poteva contare sul patrocinio di papa Urbano VIII. Il primo grande contributo di Bernini fu il baldacchino situato sopra l’altare maggiore, eretto tra il 1624 e il 1633. L’altezza di 28,5 metri, le quattro colonne tortili e le decorazioni generano un effetto di tensione che riempie di forza lo spazio centrale della basilica. La proposta del baldacchino ispirò la ristrutturazione e la decorazione dei pilastri centrali e delle colonne della navata centrale, marcando lo stile che finirà per estendersi a tutto l’edificio. Ogni angolo dello spazio interno è decorato con effigi di santi e pontefici, spesso incorniciate da motivi vegetali. Nei pilastri della navata centrale si trovano medaglioni con i ritratti dei primi papi sorretti da angeli. Bernini si incaricò personalmente di scolpire la statua di san Longino, posta nella crociera centrale e dedicata al legionario romano che trafisse con la propria lancia il costato di Gesù. 

 

Foto: ImageBROKER / Age Fotostock

Una piazza aperta al mondo

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Una piazza aperta al mondo

Nel 1655 papa Alessandro VII commissionò a Bernini il progetto dei due colonnati che racchiudono piazza San Pietro delimitando lo spazio antistante alla basilica. Bernini disegnò due grandi ordini di sobrie colonne doriche, che formano un’ellisse con l’obelisco al centro. Dalla fine di questi colonnati partono due bracci retti che formano un trapezio con la facciata della basilica, creando un secondo spazio di accoglienza. Questo disegno crea un effetto ottico che sembra avvicinare la facciata della basilica alla piazza, correggendo in parte l’orizzontalità del disegno di Maderno. Bernini propose un terzo colonnato che avrebbe incorniciato l’accesso alla basilica dal ponte di Sant’Angelo, ma avrebbe implicato la demolizione di parte delle case del quartiere di fronte al Vaticano, il Borgo. Né il suo progetto né altri proposti successivamente arrivarono a concretizzarsi. Alla fine fu il dittatore Mussolini che nel 1937 aprì via della Conciliazione, terminata nel 1950. San Pietro da allora ha continuato a evolversi, anche grazie al modo in cui è stata rappresentata dai grandi mezzi di comunicazione, dal cinema e dalla televisione. La basilica è ancora un simbolo vivente, capace di adeguarsi allo spirito dei tempi. 

Foto: Maurizio Rellini / Fototeca 9X12

La nuova basilica

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La nuova basilica

Il processo di costruzione della nuova basilica di San Pietro si protrasse per così tanti decenni che divennero secoli. Le discussioni attorno alla nuova opera iniziarono già in fase di progettazione. Durante il papato di Paolo II (1464-1471) l’architetto pontificio Giuliano da Sangallo presentò una proposta in stile rinascimentale, che non lasciava dubbi sull’impossibilità di tornare al modello della basilica medievale. Nel 1506 papa Giulio II decise di avviare i lavori seguendo l’innovativo disegno di Donato Bramante. Negli anni successivi, fino all’ultimo intervento di Carlo Maderno nel 1607, ci fu un susseguirsi di nuovi progetti. Nel frattempo i lavori andavano avanti: nel 1615 fu costruita la facciata, mentre la piazza fu conclusa solo nel 1667. Per l’apertura di via della Conciliazione, che permetteva di raggiungere la basilica dal Tevere, si sarebbe dovuto aspettare invece il XX secolo.

Foto: Josse / Scala, Firenze

Il processo di costruzione della basilica di San Pietro

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Il processo di costruzione della basilica di San Pietro

Contemplando l'attuale basilica è facile cadere nell’errore di pensare che la precedente chiesa di San Pietro fosse stata demolita tutta in una volta per fare spazio a un nuovo edificio rinascimentale, unico e coerente. In realtà la fabbrica di San Pietro rimase in funzione per tutto il XVI secolo e fino al XVII secolo inoltrato. La prima cosa che fece Donato Bramante quando assunse la direzione dei lavori fu demolire la crociera della chiesa costantiniana, che aveva quasi 12 secoli. Questa e altre operazioni gli valsero il soprannome di “maestro ruinante”. Bramante ebbe unicamente il tempo di erigere i quattro pilastri centrali della nuova basilica.

Raffaello Sanzio, che prese il suo posto alla direzione dei lavori, si concentrò sul proseguimento della volta. Alla sua morte – nel 1520, ad appena 37 anni – i lavori presentavano ancora vari problemi costruttivi e di fondazione. Si riteneva inoltre che ci fosse una grande disomogeneità tra le parti costruite fino a quel momento, che Baldassarre Peruzzi fu incaricato di unificare in un nuovo progetto. Nel 1527 ci fu il sacco di Roma: le truppe dell’imperatore Carlo V d’Asburgo distrussero centinaia di chiese, palazzi e case nella capitale cattolica, provocando l’abbandono dei lavori per quasi dieci anni. Nel 1537 Antonio da Sangallo il Giovane subentrò alla direzione, al finanziamento e al coordinamento della fabbrica di San Pietro – il gruppo di operai e artigiani incaricati dei lavori. Nel corso dei successivi vent’anni, seguirono i progressi della cupola della basilica, disegnata da Michelangelo e realizzata, dopo la morte di questi, da Giacomo dalla Porta, fino alla sua conclusione nel 1590. Pochi anni prima, nel 1586, Domenico Fontana aveva diretto il trasferimento di un obelisco egizio dalla sua precedente collocazione, nel circo di Caligola e Nerone, alla spianata di fronte alla basilica. Per ultimo, nel 1606 fu demolita l’ultima struttura della chiesa medievale, l’atrio, tra grandi cerimonie dedicate alla “fine” dei resti della prima grande chiesa cristiana.

Foto: Scala, Firenze

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