Nel 1560 i giudici del parlamento di Tolosa, la massima istanza giudiziaria della Linguadoca, si trovarono di fronte a un caso affascinante: due uomini che affermavano entrambi di essere Martin Guerre e si accusavano reciprocamente d’impostura. I numerosi testimoni convocati non si trovavano d’accordo su chi dicesse la verità. Neppure la moglie sembrava in grado di dirimere la questione.
Il giudice istruttore del caso, Jean de Coras, scrisse un rapporto sul processo e su come si fosse giunti a questa situazione paradossale. La vicenda comincia ad Artigat, un villaggio sui Pirenei francesi. Qui, verso il 1538, si sposarono due adolescenti di appena 14 anni. Lei, Bertrande de Rols, apparteneva a una nota casata locale con un certo patrimonio. Lui, Martin Guerre, veniva da una famiglia di emigrati baschi che nel 1527 si erano stabiliti nella zona e avevano aperto una prospera attività di produzione di mattoni e tegole. I due tardavano ad avere figli e iniziò a circolare voce che fossero vittime di un sortilegio che gli impediva di consumare il matrimonio. Otto anni più tardi, grazie a quattro messe e al suggerimento di un sacerdote – che le aveva fatto mangiare delle ostie e una focaccia benedetta – Bertrande riuscì a rompere il maleficio ed ebbe un figlio, Sanxi Guerre. Ma la felice vita coniugale si interruppe bruscamente quando Martin rubò alcuni sacchi di cereali a suo padre e, una volta scoperto, decise di fuggire in Spagna.
Nozze campestri. In quest’opera di Jan Brueghel il Vecchio, dei primi del XVII secolo, un corteo nuziale sfila davanti alla chiesa di una località rurale
Foto: Bridgeman / ACI
Ritorno a sorpresa
Per otto anni nessuno ebbe più alcuna notizia del fuggitivo, nemmeno la stessa Bertrande. Fino a che, un bel giorno, si presentò al villaggio un uomo che affermava di essere Martin Guerre. Fisicamente era identico, persino nei gesti, ma era leggermente più piccolo. La famiglia Guerre, composta da quattro sorelle e uno zio, e tutto il villaggio, festeggiarono il suo ritorno. Secondo la testimonianza del giudice istruttore Jean de Coras, Bertrande si mostrò «estremamente curiosa di vedere e recuperare il marito».
Nei tre anni successivi, lui e Bertrande «vissero come marito e moglie, mangiando, bevendo e dormendo secondo consuetudine». Martin si comportò da buon marito e padre irreprensibile. La ricongiunta coppia ebbe due figlie. Tutto pareva andare per il meglio finché non ci fu una lite tra Martin e suo zio Pierre in merito alla gestione del patrimonio familiare.
Identità dubbia
Pierre cominciò a dubitare dell’identità dell’uomo tornato dalla Spagna. Le tensioni divennero sempre più violente, al punto che un giorno zio e cugini furono sul punto di ammazzare di botte Martin, che si salvò unicamente perché Bertrande, la moglie, si gettò a terra facendogli da scudo con il proprio corpo.
Nel 1559, tra dubbi sempre più forti sulla sua identità, un vicino accusò Martin di avergli incendiato la fattoria e lo denunciò per usurpazione d’identità. Martin fu assolto per mancanza di prove e, quando tornò ad Artigat, Bertrande «lo accolse e accarezzò come un marito. Al suo arrivo gli preparò una camicia bianca, gli lavò i piedi e poi andarono a letto insieme», racconta Coras. Ma il giorno successivo l’uomo fu arrestato. La moglie, su insistenza di Pierre Guerre, lo denunciò come impostore e chiese alla giustizia che il truffatore fosse punito e le versasse un risarcimento di 2mila lire. Il processo, che si tenne nella vicina Rieux, non fece che aggiungere confusione alla vicenda.
Il rapporto di Jean de Coras, giudice istruttore del processo di Tolosa
Foto: Bayerische Staatsbibliothek, München
Pierre Guerre presentò dei testimoni che avevano identificato Martin con un certo Arnaud du Tilh, conosciuto nel suo luogo di origine con il soprannome di Pansette. Dopo aver stretto amicizia con il vero Martin Guerre, l’aveva convinto a raccontargli tutti i particolari della sua vita e ne aveva quindi usurpato l’identità, sperando così di entrare in possesso del patrimonio della famiglia Guerre. Altri testimoni dichiararono di aver sentito voci secondo le quali il vero Martin aveva perso una gamba nella battaglia di San Quintino.
L’accusato, dal canto suo, ebbe varie testimonianze favorevoli, come quelle delle sorelle di Martin, e fu in grado di fornire particolareggiate descrizioni delle persone che avevano partecipato al suo matrimonio e di chi era venuto a trovare lui e Bertrande la sera delle nozze.
La corte sentenzia
Dal canto suo, Bertrande dichiarò che la sua famiglia le aveva ordinato di querelare Martin minacciandola di morte o di farla rinchiudere in un ospizio. Si rifiutò quindi di dichiarare sotto giuramento che l’accusato non era suo marito.
Il giudice condannò l’uomo a morte, la pena prevista all’epoca in casi di violazione dell’ordine matrimoniale e di stupro (così veniva definita una relazione come quella da lui intrattenuta con Bertrande). L’imputato fece appello al parlamento di Tolosa. Qui, dopo la ripetizione degli interrogatori e lo svolgimento di nuove indagini, i giudici si ritrovarono «altamente perplessi». Erano inizialmente propensi a ribaltare la sentenza, ma quando stavano per pronunciarsi avvenne un colpo di scena. Apparve un uomo con una gamba di legno che affermava di essere Martin Guerre. Spiegò di essere fuggito in Spagna, di essersi in seguito arruolato nell’esercito e quindi di essere rimasto mutilato nella battaglia di San Quintino. I due Martin Guerre furono sottoposti a un confronto in cui l’accusato si difese molto più abilmente del nuovo arrivato. A quel punto i giudici decisero di mettere i due uomini di fronte ai principali testimoni. I dubbi scomparvero immediatamente: Bertrande riconobbe il suo vero marito, tra lacrime e abbracci, «tremando come una foglia agitata dal vento».
Il vero Martin Guerre raccontò che Pansette era stato suo compagno d’armi e gli aveva strappato molte informazioni, anche intime, sulla moglie e le sue relazioni ad Artigat. Il 12 settembre del 1560 Arnaud du Tilh fu condannato a morte. Quattro giorni dopo fu impiccato nella stessa Artigat, davanti alla casa in cui aveva vissuto con Bertrande. Pochi minuti prima di morire, Arnaud confessò la sua menzogna.
Riunione di un tribunale. Miniatura di un manoscritto francese del XVI secolo
Foto: Rue des Archives / Album
Complice perfetta
Questo caso, che rappresentò un vero e proprio rompicapo per i giudici, ha continuato a suscitare un interesse morboso fino ai nostri giorni. La vicenda è indubbiamente appassionante. L’incrociarsi delle varie testimonianze fa sì che in alcuni momenti della storia il falso sembri più verosimile della realtà. Arnaud aveva rivelato doti di grande attore, ma a sorprendere maggiormente era stato l’atteggiamento di Bertrande.
Consapevolmente o meno, la moglie fu la complice perfetta. Questa Penelope, che aveva pazientemente atteso il ritorno del marito, sapeva che la sua sopravvivenza sociale era legata al fatto di mantenere un’immacolata reputazione di moglie e di madre. E ci riuscì. I giudici assolsero Bertrande da qualsiasi crimine e riconobbero la legittimità di tutti i suoi figli.