Armistizio?

Foto: ANPI Bologna

In Italia la data dell'8 settembre non ha bisogno di specifiche: se non meglio precisato, si riferisce all’8 settembre 1943, il giorno in cui il maresciallo Pietro Badoglio annunciò al Paese l’armistizio con le truppe alleate, prima di lasciare la capitale insieme al re e a tutta la corte, abbandonando l’Italia allo sbando. Non fu subito chiara l’entità della tragedia che attendeva il Paese, da lì a poco occupato dai tedeschi al nord e dagli alleati al sud, in procinto di affrontare una guerra civile in cui ciascuno, privo d’indicazioni da parte dello stato che per vent’anni gli aveva insegnato soltanto a obbedire, dovette imparare a far ricorso soltanto alla propria coscienza per decidere da che parte stare. Come raccontò Beppe Fenoglio: «Nemmeno l'ordine hanno saputo darci. Di ordini ne è arrivato un fottio, ma uno diverso dall'altro, o contrario. Resistere ai tedeschi - non sparare sui tedeschi - non lasciarsi disarmare dai tedeschi - uccidere i tedeschi - autodisarmarsi - non cedere le armi». Nelle settimane successive 815mila soldati furono catturati dall’esercito tedesco e destinati a lager e campi di lavoro (nella fotografia sopra queste righe si vedono alcuni soldati disarmati in una caserma di Bologna, una delle prime città a essere occupata dai nazisti). Più della metà dei soldati in servizio tornò a casa: chi per nascondersi, chi per unirsi ai partigiani, chi ai repubblichini. L’armistizio non significò la fine alla guerra, ma l’inizio della sua fase più cupa e incerta.

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