Secondo la mitologia scintoista del Kojiki, il libro più antico che si conserva sulla storia del Giappone, Yomi o Yomi-no-kuni è il nome più comune con il quale è conosciuto l'aldilà nella cultura giapponese. La parola yomi significa letteralmente "sorgente gialla" o "sorgente sulfurea", mentre Yomi-no-kuni potrebbe tradursi come "La terra di Yomi" o, meno letteralmente, "Il Paese di Yomi". Paragonabile all'Erebo greco – la personificazione dell'oscurità – o al Sheol, il regno dei morti ebraico, Yomi è il luogo nel quale si ritirò Izanami, dea primordiale e sposa del dio Izanagi, dopo la sua morte. Izanagi la seguì, ma non poté salvarla perche Izanami aveva già assaggiato il cibo di Yomi, che le impediva di ritornare sulla Terra. Disperato, Izanagi tornò dal mondo dei morti e, dopo un rito di purificazione, creò Amaterasu, la dea del Sole; Susanoo, il dio del mare, delle tempeste e delle battaglie; e Tsukuyomi, il dio della Luna.

Gli dei Izanagi e Izanami creano il Giappone
Foto: Historia NG
Yomi e Jigoku
Nel mito giapponese Yomi non viene descritto come un luogo di supplizio eterno e di torture perpetue. Lì i defunti vagano per l'eternità vivendo un'esistenza oscura e cupa nella quale affronta momenti tristi, anche nel caso in cui la vita terrena fosse stata perfetta. Secondo la maggio parte degli esperti la rappresentazione di Yomi ebbe origine nelle tombe antiche dell'era feudale, dove i corpi venivano lasciati decomporsi. Con il passare del tempo, sarebbe diventato anche uno degli inferni della mitologia buddista. Nella mitologia giapponese il mondo è costituito da una triade: l'Ashihara no Nakatsukuni, letteralmente la Terra di mezzo delle pianure di canneti, è la dimensione terrena; il Takamanohara o Takamagahara (che si può tradurre come L'alta pianura celeste) corrisponde alla dimensione celeste e Yomi-no-kunisi troverebbe invece sottoterra.

I peccatori soffrono in un modo indescrivibile in uno degli inferni buddisti. Pergamena del XII secolo
Foto: Cordon Press
Yomi ebbe origine nelle tombe antiche dell'era feudale, nelle quali si lasciavano decomporre i corpi dei defunti. Con il passare del tempo divenne anche uno degli inferni della mitologia buddista
Jigoku, l'aldilà del buddismo giapponese, è decisamente più infernale rispetto al Yomi-no-kuni. Si tratta di un mondo terrificante, avvolto dalle fiamme, in cui abitano demoni malvagi e ai peccatori vengono imposti supplizi terrificanti. L'opera Jigoku Zoshi o Pergamene dell'Inferno, i cui rotoli sono esposti nel Museo nazionale di Tokyo e nel Museo nazionale di Nara, fu dipinto intorno al XII secolo, durante il periodo Heian. Vi si descrivono, sia attraverso le immagini sia attraverso la scrittura, le sgradevoli situazioni che possono soffrire i peccatori dopo la morte, nel caso in cui non abbiano condotto una vita corretta secondo i canoni buddisti. Si crede che queste pergamene siano state dipinte per ordine dell'imperatore Go-Shirakawa, noto per aver accumulato una vasta collezione di manoscritti.
Moltitudine d'inferni
Il rotolo conservato nel Museo nazionale di Tokyo è composto da quattro pitture che mostrano inferni diversi: Hakkaru jigoku, Kamatsuchu jigoku, Unkamu jigoku e Uenkaseki jigoku. Invece quello custodito nel Museo nazionale di Nara è illustrato con sette pitture che ricreano altrettanti inferni, con nomi decisamente espliciti: inferno degli escrementi, inferno delle misure, inferno del mortaio di ferro, inferno del gallo infuocato, inferno della nube di sabbia negra, inferno di pus e sangue e inferno di volpi e lupi. C'è poi un terzo rotolo, appartenente alla famiglia Masuda, anch'esso composto da sette terribili averni: inferno dell'elefante avvolto dalle fiamme, inferno della montagna di ferro o inferno delle feci bollenti, per citarne alcuni. Secondo i ricercatori il rotolo di Tokyo, quello di Nara e altri testi come Gaki Zoshi (Rotolo dei fantasmi affamati), Yamai no Soshi (malattie e malformazioni), e Hekija-e (sterminio del male), costituiscono il chiamato Rokudo-e, o Dipinti dei sei regni, nel quale si esprimono le miserie del mondo terreno.

Statue di demoni nel santuario di Noboribetsu, sull'isola di Hokkaido
Foto: iStock
Jigoku è governato da un dio chiamato Emma-ō, il cui compito è quello di giudicare i morti mediante l'aiuto di un registro nel quale vengono annotati tutti i loro peccati. Emma-ō vive in un castello d'argento e oro, con le pareti ricoperte di gemme e perle, ed è protetto da diciotto generali e dai loro soldati, oltre a demoni e a degli uomini con delle teste di cavallo. Il peccatore condannato rimarrà in una o in diverse delle sedici regioni di fuoco o ghiaccio alle quali Emma-ō lo invierà fino a quando tornerà a nascere sulla Terra o in un paradiso celeste. Emma-ō viene rappresentato sempre con un'espressione felice, indossa un copricapo da magistrato cinese e si occupa di giudicare a le anime degli uomini, mentre a sua sorella sono affidate quelle delle donne. Ma Emma-ō non lavora da solo: è affiancato da due teste incorporee che riposano su due pilastri alla destra e alla sinistra del dio. Una è una testa femminile, Miru-me, che ha il potere di percepire le colpe più segrete del peccatore; mentre la testa maschile, Kagu-hana, conosce ogni misfatto commesso dal defunto. Tuttavia non tutto è perduto: se il colpevole riconosce di aver sbagliato e compie un pellegrinaggio ai trentatré santuari di Kwannon, potrebbe ottenere il perdono.

Il terribile dio Emma-ō giudica le anime dei defunti grazie a un registro che contiene i peccati commessi da ognuno di loro
Foto: Cordon Press
Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!
Demoni per tutti i gusti
Le regioni più oscure della mitologia e del folklore giapponese sono abitate da una gran quantità di demoni protagonisti di storie mitologiche e leggende. Grazie all'influenza dei manga (fumetti), anime (cartoni animati tratti dai manga) e dei videogiochi, queste creature mitologiche hanno oltrepassato le frontiere del Giappone. Nella Paese del Sol Levante si continuano a realizzare riti e festività destinati ad allontanare molti dei demoni più temuti, come gli amanojaku, creature capaci di indovinare i desideri più oscuri dell'animo umano e di usarli contro di lui; i folletti d'acqua d'origine cinese chiamati kappa; i jinmenju, degli alberi i cui frutti sembrano teste umane; i modana, associati con gli spiriti degli alberi e dei boschi; i joro-gumo, ragni giganti che possono trasformarsi in una bellissima donna e sedurre qualsiasi uomo; i mu-onna, spiriti senza volto che nascono dal dolore che prova una madre quando perde suo figlio... Poi ci sono i uwam, esseri incorporei che vivono in case antiche o abbandonate; i tengu, enti malvagi associati alla guerra che però in molte leggende sono visti come protettori che vivono vicino alle montagne; i nopperabo, fantasmi senza volto che camminano per le strade oscure con lo sguardo fisso al suolo; la yamamba, una creatura con aspetto di anziana che a volte aiuta coloro che si perdono nei boschi a ritrovare la direzione di casa, anche se altre volte sceglie di divorare gli umani che trova; e infine ci sono gli shinigami, parola che letteralmente significa "dio della morte", che inducono nell'essere umano il desiderio di porre fine alla propria vita.

Rappresentazione di un fantasma. Disegno della seconda metà del XVIII secolo
Foto: Cordon Press
Attualmente si celebrano ancora riti e festival destinati ad allontanate molti dei demoni più terrificanti, come gli amanojaku, capaci di indovinare i desideri più reconditi di un essere umano e di usarli contro di lui
Per concludere, è d'obbligo citare alcune delle leggende urbane di terrore più famose del Giappone, che non hanno dei demoni come protagonisti ma sono comunque legate a creature oscure: la terrificante storia di Kuchisake-onna, "la donna dalla bocca tagliata", che fu mutilata dal marito e tornò sotto forma di spirito maligno; Teke Teke, una giovane che rimase divisa a metà dopo essere caduta sui binari del treno e che prende nome dal rumore che fa mentre si trascina; Aka Manto, uno spirito malvagio che appare quando la gente si trova in bagno o il terrificante Hachisakusama, uno spirito che fu rinchiuso in piccole statue per contenerlo, ma riuscì a fuggire e appare come una donna alta con un cappello, un vestito e una lunga chioma che la copre completamente... e che porta sé i bambini.

Disegno che mostra l'apparizione di un fantasma. Libro sui racconti del Giappone. 1919, Londra
Foto: Cordon Press
Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!