Vichinghi, i colonizzatori della Groenlandia

Per quasi 500 anni i norreni abitarono l’inospitale Groenlandia, e l’abbandonarono per ragioni sulle quali gli storici s'interrogano ancora oggi

La Groenlandia ha oggi l’ottantatré per cento del suo territorio ricoperto dai ghiacci. Ma non è sempre stato così. Nel Medioevo, e in particolare dal IX al XIV secolo, si verificò un’anomalia climatica chiamata “periodo caldo medioevale”, con un aumento delle temperature che sciolse buona parte dei ghiacci in questi territori. Così fu possibile navigare nelle zone artiche, compiere esplorazioni e colonizzare queste terre oggi inospitali. La costa groenlandese fu avvistata per la prima volta fra gli anni 900 e 930, per puro caso, quando il navigatore Gunnbjörn Úlf-Krakuson, «perduta la rotta e trascinato verso ovest attraverso l’oceano, scoprì Gunnbjarnasker [“gli isolotti di Gunnbjörn”]» sulla costa sudoccidentale del Paese, come è narrato nella Saga dei groenlandesi. Oggi, la montagna più alta della Groenlandia porta il suo nome.

Gunnbjörn, come gli esploratori che negli anni successivi avrebbero seguito le sue orme, era un norvegese che risiedeva in Islanda. In questa terra di frontiera si stabilivano coloro che cercavano una soluzione per i loro problemi o le loro aspirazioni di natura economica, legale o politica in Norvegia; furono i coloni norvegesi dell’Islanda e i loro discendenti a compiere le epiche gesta del popolamento della Groenlandia.

Lo sbarco dei vichinghi groenlandesi a Vinland, dove fondarono una colonia che ebbe vita breve. Litografia da un’opera di Tom Lovell

Lo sbarco dei vichinghi groenlandesi a Vinland, dove fondarono una colonia che ebbe vita breve. Litografia da un’opera di Tom Lovell

Foto: Tom Lovell / Ngs

Il richiamo della “Terra Verde”

Sarebbero passati cinquant’anni prima che gli isolotti di Gunnbjörn apparissero allettanti agli occhi di un nuovo avventuriero. Verso il 978 Snæbjörn Galti Hólmsteinsson, lontano parente del famoso Erik il Rosso, fu il primo scandinavo a viaggiare dall’Islanda alla costa orientale groenlandese con l’intento di colonizzarla. La sua spedizione trascorse un inverno nella nuova terra, ma ebbe un epilogo tragico: i vichinghi entrarono in conflitto tra di loro e gli scontri si conclusero con l’assassinio dello stesso Snæbjörn; alla fine, gli unici due sopravvissuti decisero di fare ritorno in Islanda.

Nel 982 Erik il Rosso (Erik Thorvaldsson) fu esiliato dall’Islanda con l’accusa di omicidio. Decise dunque di fare rotta verso la terra scoperta da Gunnbjörn, dichiarando che, se avesse trovato quel Paese, sarebbe tornato solo per far visita agli amici. Secondo quanto si narra nella Saga di Erik il Rosso, esplorò la costa sudorientale groenlandese per tre anni e, stabilito che era abitabile, tornò in Islanda con la notizia della scoperta di una nuova terra occidentale.

La battezzò Groenland, “Terra Verde”, perché effettivamente all’epoca l’isola, almeno la zona costiera meridionale, era ricoperta di vegetazione. Grazie anche al fascino dovuto al nome dato all’isola, Erik riuscì a riportare con sé in Groenlandia venticinque imbarcazioni con a bordo oltre cinquecento persone, numerosi animali domestici e ogni sorta di arnesi, dagli utensili da cucina agli attrezzi agricoli.

La ricostruzione, in tempi recenti, della prima chiesa della Groenlandia, edificata per Thjodhild, la moglie di Erik il Rosso, a Brattahlid

La ricostruzione, in tempi recenti, della prima chiesa della Groenlandia, edificata per Thjodhild, la moglie di Erik il Rosso, a Brattahlid

Foto: Peter Essick / Ngs

Solo quattordici navi, però, arrivarono sane e salve a destinazione; le altre affondarono durante la traversata o tornarono in Islanda. Tra il 985 e il 986, dunque, gli scandinavi stabilirono in Groenlandia la loro prima colonia: la tenuta di Brattahlid, “pendio ripido”, che fondarono a Eriksfjord, “il fiordo di Erik”.

L’avventura americana

Verso l’anno 1000 Leif Eriksson, un figlio di Erik il Rosso, decise di salpare verso ovest in cerca di legname, un bene molto pregiato in un’isola sprovvista di alberi con cui costruire case e barche. Erik doveva accompagnarlo nel viaggio ma, secondo la leggenda, proprio mentre si dirigevano verso le navi cadde da cavallo e si ferì a una gamba.

Il fatto venne considerato di cattivo auspicio, quindi Erik disse a Leif: «Non sono destinato a scoprire altri Paesi oltre quello in cui ora vivo. Il viaggio finisce qui, almeno per me». Erik dunque tornò alla sua fattoria di Brattahlid, mentre il figlio Leif seguì la rotta di Bjarni Herjólfsson, un norvegese che anni addietro, attorno al 986, aveva avvistato la costa nordamericana, senza tuttavia sbarcarvi. Durante la navigazione lungo le coste dell’isola di Baffin, la penisola del Labrador e l’isola di Terranova Leif Eriksson diede un nome ai luoghi che incontrò: Helluland (“terra delle pietre piatte”), Markland (“terra dei boschi”) e Vinland (“terra del vino”), che chiamò così per le sue viti selvatiche. Leif il Fortunato – soprannome che gli fu dato per aver tratto in salvo quindici naufraghi norvegesi durante il viaggio di ritorno in Groenlandia – tornò appena qualche mese prima che il padre Erik morisse per un’epidemia, lasciandolo alla guida della comunità di Brattahlid.

'Leif Eriksson scopre l’America'. Il pittore norvegese Christian Krohg riproduce l’impresa di Eriksson (1893). Galleria Nazionale, Oslo

'Leif Eriksson scopre l’America'. Il pittore norvegese Christian Krohg riproduce l’impresa di Eriksson (1893). Galleria Nazionale, Oslo

Foto: Oronoz / Album

Le saghe parlano di almeno altre tre spedizioni groenlandesi a Vinland, la cui colonizzazione, però, risultò impossibile per via dell’ostilità dei nativi.

Leif Eriksson raggiunse il continente americano sbarcando a Vinland, oggi Terranova

Nel gelido nord

I vichinghi groenlandesi non si avventurarono solo nella navigazione verso lo sconosciuto ovest. Intrapresero anche viaggi di esplorazione e per cacciare animali marini lungo la costa occidentale della Groenlandia. In varie occasioni attraversarono il Circolo polare artico, a 66º di latitudine nord, e molto probabilmente giunsero fino ai 79º di latitudine nord, a soli 1125 chilometri dal Polo nord. In un giacimento archeologico situato a quella latitudine sono stati trovati oggetti scandinavi, tra cui i resti di una cotta di maglia, una pialla da carpentiere e rivetti di imbarcazioni.

La Groenlandia vichinga

I vichinghi si stabilirono in due colonie: quella orientale (nel sud-est dell’isola) e quella occidentale (più a nord e vicino a Nuuk, l’attuale capitale della Groenlandia). Sono state individuate oltre ottanta fattorie nell’insediamento occidentale e circa quattrocento in quello orientale; insieme, esse potevano ospitare dalle tremila alle cinquemila persone.

I vichinghi non si insediavano alla foce dei fiordi, ma al loro interno, per avere una maggior protezione dal freddo e dal ghiaccio

I vichinghi non si insediavano alla foce dei fiordi, ma al loro interno, per avere una maggior protezione dal freddo e dal ghiaccio

Foto: Werner Forman / Gtres

Le fattorie erano costruite in luoghi favorevoli all’agricoltura e all’allevamento, come l’interno dei fiordi, e nella maggior parte dei casi erano situate lontano dalla costa. I vichinghi iniziarono ad allevare anatre, oche, pecore, capre, suini, vacche e cavalli, e nelle fattorie si producevano latte, burro, formaggio e lana. In genere gli animali erano al pascolo da maggio a settembre, poi venivano trasferiti nelle stalle dove trascorrevano l’inverno, cibandosi del fieno raccolto in estate. Ben presto, però, gli scandinavi si resero conto che gli unici animali che potevano sopravvivere erano le pecore e le capre, a causa del clima estremo e della fragilità e povertà del suolo e della vegetazione. Per sostentarsi, quindi, cacciavano foche, balene, lepri artiche e caribù.

Data la scarsità di legname, costruivano le loro case con zolle d’erba, pietra, legni che le onde gettavano sulla costa o legname che ricevevano dall’Europa, zanne di animali marini e corna di animali terrestri; per fabbricare i recipienti in cui cucinare fecero ricorso a una pietra dura locale, la steatite. L’ingegno, però, non poteva supplire alla scarsità di risorse dell’isola, e i coloni dipendevano economicamente dall’Europa. In cambio di ferro e legno, inviavano sul continente pelli di foca, lana di pecora, denti di narvalo e avorio di tricheco (a sostituire quello di elefante, molto difficile da reperire), oltre a orsi polari e girifalchi vivi. Ogni anno barche provenienti dall’Islanda e dal Nord Europa viaggiavano verso la Groenlandia, che per un certo periodo fu una dipendenza norvegese. Gli scandinavi rimasero sull’isola per quasi cinque secoli, fino a quando scomparvero dal posto per motivi che ancora oggi non sono del tutto chiari.

I groenlandesi dipendevano dal ferro, dal legno e dal grano che giungevano dall’Europa

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Una scomparsa enigmatica

Non si sa con certezza che cosa motivò l’abbandono della colonia. Si pensa che una causa sia il raffreddamento del clima, iniziato verso il 1300, e che finì per portare all’estinzione dei coloni nonostante avessero cambiato regime alimentare per adattarsi alle risorse disponibili. Un’altra ipotesi punta sullo sfruttamento eccessivo delle risorse esistenti, ossia il deterioramento ambientale provocato dalla pratica agricola e dall’allevamento.

L’atto di un matrimonio celebrato nella chiesa di Hvalsey nel settembre del 1408 è l’ultima testimonianza della presenza vichinga in Groenlandia

L’atto di un matrimonio celebrato nella chiesa di Hvalsey nel settembre del 1408 è l’ultima testimonianza della presenza vichinga in Groenlandia

Foto: Corbis / Cordon Press

Sono state indicate anche molte altre cause, come la peste nera, giunta dall’Europa; i possibili conflitti con i balenieri biscaglini (la cui presenza in Groenlandia è provata dai berretti bordeaux usati dai baschi e rinvenuti sul posto); gli attacchi dei pirati inglesi e germanici; il crollo del prezzo dell’avorio di tricheco quando le crociate resero più facile reperire avorio africano e asiatico, o il monopolio del commercio con l’estero da parte della Norvegia. Alcune storie degli inuit o eschimesi groenlandesi parlano di conflitti armati fra i tre popoli presenti sull’isola, i thule, i dorset e i vichinghi, che contribuirono alla scomparsa degli ultimi due; tale ipotesi, tuttavia, non riscuote molti consensi tra gli studiosi.

La colonia occidentale si spopolò verso il 1350, e l’insediamento orientale fu abbandonato probabilmente un secolo dopo. Le ultime notizie scritte giunte in Europa in proposito risalgono al 1408 e si riferiscono alla registrazione delle nozze tra il capitano Thornstein Ólafsson e la giovane Sigrídur Björnsdóttir nella chiesa di Hvalsey il 14 settembre.

Con la scomparsa dei vichinghi e, un secolo prima, dei dorset, gli unici abitanti rimasti in Groenlandia erano i thule, popolo giunto dall’Alaska, la cui evoluzione culturale avrebbe dato origine agli inuit. Quando, nel 1586, il navigatore inglese John Davis arrivò nella baia di Disko, nel nord-ovest della Groenlandia, vide che «la terra e l’acqua, con tutto ciò che contenevano, appartenevano ai gioviali e resistenti eschimesi». La storia degli scandinavi nella Terra Verde era giunta alla fine.

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Per saperne di più

Collasso. Come le società scelgono di morire. Jared Diamond. Einaudi, Torino, 2014
I vichinghi e la scoperta perduta. Frederick J. Pohl. Pgreco, Milano, 2013

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