Una donna scomoda, che parla di sterilità e d'impotenza maschile, di controllo delle nascite e di piacere femminile quasi mille anni fa. Siamo negli anni intorno al 1050, lei si chiama Trotula de'Ruggiero ed è la prima donna ginecologa conosciuta della storia, la prima a lasciare dei testi scritti. Di lei sappiamo poco: nata a Salerno da famiglia nobile di origine longobarda, sposò il medico Giovanni Plaetario ed ebbe due figli: Giovanni il Giovane e Matteo, che seguirono la professione di famiglia. Trotula si formò nell'ambito della scuola Salernitana, all'epoca centro scientifico all'avanguardia, in cui già dal IX secolo dotti di origine greca, araba, ebraica e latina studiavano e disquisivano di medicina. La città di Salerno, col suo clima salubre e piacevole, era un ricco centro di traffici commerciali del Mediterraneo. La fama della scuola, caratterizzata da un'impostazione laica, aveva attirato molti malati in cerca di cure, dando il via sin dalla seconda metà del IX secolo a delle vere e proprie migrazioni sanitarie. Trotula non era l'unica donna a frequentare l'accademia: ce n'erano altre, che con i loro studi contribuivano alla prosperità culturale della città.
Illustrazione di una figura femminile, forse Trotula, che indossa un abito rosso e verde. Sostiene un contenitore colmo d'urina che indica con la mano destra. Manoscritto 'Miscellanea media XVIII'. Inizi del XIV secolo
Foto: CCO
Solidarietà femminile
Trotula fu l'unica delle mulieres salirnitanae a lasciare degli scritti. A lei ne sono attribuiti tre, che continuarono a circolare fino a tutto il XIV secolo, tanto da renderla la massima autorità in materia di medicina femminile: il De passionibus mulierum ante, in et post partum, chiamato anche Trotula major, il De ornatu mulierum, conosciuto come Trotula minor, e il De curis mulierum. Gli originali di questi testi sono ormai scomparsi, ma ci sono pervenute circa 130 copie manoscritte e decine di edizioni successive a stampa. Il Maior in particolare rappresenta il primo esempio di medicina di genere ponendo una nuova attenzione al corpo delle donne, trascurato da medici troppo superficiali che reputavano la gravidanza e il parto questioni “da donne”, e parimenti ignoravano le necessità fisiologiche delle proprie assistite. Queste, d'altronde, spesso si trovavano in imbarazzo a parlare con i dottori delle proprie peculiari necessità, e finivano per trascurare la propria salute.
«La miserevole condizione delle donne, e la grazia in particolare di una che mi ha colpito il cuore, mi hanno indotta a trattare con chiarezza le malattie femminili al fine di poterle curare», scrisse la studiosa
Trotula interviene analizzando il corpo femminile nel dettaglio, in ogni situazione di dolore o sofferenza. La sua è una vera e propria missione, come lei stessa lascia intendere nel primo capitolo dell'opera, quando afferma che «le donne non osano rivelare al medico, per la condizione di fragilità dovuta al pudore e alla vergogna, le preoccupazioni per le malattie che le colpiscono nelle parti più intime. La miserevole condizione delle donne, e la grazia in particolare di una che mi ha colpito il cuore, mi hanno indotta a trattare con chiarezza le malattie femminili al fine di poterle curare». Trotula sa di essere una donna privilegiata, baciata dalla sorte, e decide pertanto di mettersi a servizio delle donne meno fortunate. Nei suoi saggi, presumibilmente indirizzati a colleghe donne, risulta evidente la volontà di rendersi utile. Trotula è indubbiamente una persona di carisma, sicura di sé e delle proprie conoscenze quando con autorevolezza usa queste esortazioni: «Le assisteremo così», «interveniamo», «le aiutiamo».
De Ornatu Mulierum. Manoscritto del XV secolo copia dell'opera di Trotula de'Ruggiero. Musée de Cluny, Francia
Foto: Pubblico dominio
Nascita della medicina di genere
Il pensiero di Trotula parte dalla teoria dei quattro umori elaborata da Galeno e Ippocrate e all'epoca adottata dalla Scuola salernitana: vi sono quattro umori che contribuiscono a creare le caratteristiche dell'essere umano: caldo, freddo, secco e umido. Questi devono trovarsi in equilibrio fra loro affinché il soggetto goda di buona salute. Quando questo equilibrio manca, subentrano malesseri e malattie. La medica salernitana attribuisce dunque al maschio una natura prevalentemente calda e secca, alla donna fredda e umida. Da queste premesse, elabora i suoi studi in direzione di una medicina di genere.
I temi affrontati nell'opera Maior spaziano in tutte le direzioni relative all'intimità, alla sessualità e alla nascita. All'epoca il parto era prerogativa di levatrici e mammane illetterate che si occupavano della cura della partoriente (o di farla abortire). Le loro competenze si basavano sulla pratica personale e sulle conoscenze trasmesse oralmente da altre donne. Il grande vanto di Trotula è quello di aver elevato il corpo delle donne e le sue esperienze a oggetto di studio scientifico, cosa che fino a quel momento era stata trattata con leggerezza. Il sapere della sanatrix salernitana si affianca a quello delle levatrici, dotandole di nuova dignità. Non a caso viene considerata la fondatrice degli studi di ginecologia ed ostetricia. Parla di mestruazioni e della loro irregolarità, dei metodi contraccettivi, del benessere della donna sposata e di quella celibe, di parto e allattamento, dello svezzamento e della cura dell'infante. E soprattutto indaga la sterilità e le malattie femminili, ma anche quelle maschili, riconoscendo pubblicamente che la sterilità della coppia non può essere imputata esclusivamente alla moglie: «L'impedimento a concepire può venire sia dall'uomo che dalla donna». Trotula è diretta e scandalosa, quando afferma senza mezzi termini che «Se l'impossibilità al concepimento accade per difetto degli spiriti, l'uomo non desidererà congiungersi e non potrà avere l'erezione del pene» ma, conclude comprensiva, «Assisteremo questi uomini».
Miniatura che rappresenta un parto contenuta in un manoscritto medievale, Cántigas de Santa Maria. XIII secolo
Foto: The Granger Collection, New York / Cordon Press
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Le cure
Se a Trotula va riconosciuto il merito di aver inaugurato il filone degli studi di genere, va comunque tenuto presente che le conoscenze mediche dell'epoca erano ancora primordiali. Diuretici, tisane, impiastri, bagni e clisteri erano i rimedi di base, talvolta affiancati a cure ben più invasive. Ad esempio l'inserimento nella vagina di cotone o lana imbevuti di erbe, vino o altre sostanze. Altre volte, i metodi sono piuttosto bizzarri: per curare l'ipermenorrea – flusso mestruale abbondante –, ad esempio, «Si pongano tra i seni delle ventose calde, per attirare il sangue verso l'alto». Oppure, «un altro rimedio: prendi due larghe fette di lardo salato, spargivi sopra polvere e semi di coriandolo e la polvere di assenzio. Una fetta di lardo sia legata sull'ombelico e l'altra sulle reni». O ancora, «le assisteremo così: prendi vecchie suole di calzari, puleggio e foglie di alloro e provvedi a farli cuocere. Una volta cotti, fanne un suffumigio». Spesso si utilizzavano pure ingredienti singolari: se la pancia del bambino «è tesa, fa' in modo che si prepari una supposta con miele, cotone ed escremento di topo, che dovrà poi essere inserita». Se invece dovesse avere difficoltà a restare incinta perché «è grassa e apparentemente idropica, fa' che mescoli escremento di vacca con del vino di buona qualità e con questa mistura si unga».
Scuola medica salernitana. Copia del manoscritto 'Canone della medicina', di Avicenna
Foto: Pubblico dominio
Trotula pensa a tutte (e a tutti): a chi ha bisogno di “rifarsi una verginità” somministra «un astringente per la vagina» a base di albumi ed erbe. All'uomo che soffre di «gonfiore del pene […] facciamo bollire in acqua l'altea. In seguito la pestiamo insieme con sugna calda o burro senza sale» e infine «quando è ancora calda, poniamola su delle foglie di cavolo e su un panno di lino, e avvolgiamoci dentro il pene». Alle madri suggerisce di scegliere una nutrice «che non abbia imperfezioni, né seni flosci o troppo grandi» e a queste consiglia una dieta priva di «cibi salati, speziati o piccanti, né quelli il cui calore sia intenso, né cibi astringenti e neanche possi o cipolle, o altre spezie». E alle celibi? Un'applicazione di trifera magna sciolta nel vino per «smorzare il desiderio sessuale placando dolore e prurito».
Per saperne di più:
T. de'Ruggiero, La sinfonia del corpo, Manni editore, San Cesario di Lecce, 2020.
Pietro Greco, Trotula. La prima donna medico d’Europa. L'asino d'oro, Roma, 2020
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