Sebbene molto si sia scritto sulla morte di Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, alcune domande sono ancora senza risposta. Secondo i cronisti, il giorno delle nozze di sua figlia Cleopatra una giovane guardia del corpo del re, di nome Pausania, con il quale forse Filippo aveva una relazione, gli si avvicinò davanti alla folla e con una spada gli assestò un colpo mortale. L’assassino fu subito ucciso dai soldati che avrebbero dovuto proteggere il re, privandoci così della possibilità di conoscere maggiori dettagli sul crimine. Chi trasse maggior beneficio da questo evento fu il giovane Alessandro, che aveva con il padre rapporti difficili, legati agli screzi che dividevano Filippo dalla moglie Olimpiade, madre di Alessandro. Fu questo il motivo per cui si diffuse una diceria secondo la quale madre e figlio avrebbero fomentato l’assassinio. Ma i pettegolezzi su questo evento erano destinati a durare poco: davanti alle spoglie del padre, Alessandro venne riconosciuto re e qualunque accusatore si sarebbe dovuto confrontare con il nuovo sovrano.
In ogni caso, l’inaspettata morte di Filippo II rese urgente l’edificazione di una tomba reale. Nonostante la fretta, il mausoleo di colui che fu il più grande re di Macedonia doveva essere eccezionale e per questo fu edificato ad Aigai (attuale Vergina), antica capitale macedone nella quale tradizionalmente venivano sepolti i sovrani. Con il tempo, la gloria di Filippo iniziò a sbiadire e la stessa Aigai cadde nell’oblio. Nemmeno i saccheggiatori di tombe ricordavano il luogo dove giaceva Filippo II. Solamente nel 1977, quando l’archeologo greco Manolis Andronikos scoprì la sepoltura del monarca, il silenzio della cripta si ruppe.

Filippo II di Macedonia. Busto. Museo Chiarimonti, Vaticano
Foto: Art Archive
Una grande sepoltura reale
La storia dell’esplorazione delle tombe dei re macedoni ha una lunga data. Nel 1855 l’archeologo francese Léon Heuzey aveva segnalato la possibilità che la prima capitale dell’antica Macedonia, Aigai, si trovasse in un’area nelle vicinanze di Vergina. Più tardi, nel 1937, Konstantin Rhomaios, un accademico e archeologo greco, decise di seguire le indicazioni di Heuzey e iniziò degli scavi nella zona di Vergina. Costretto a interrompere i lavori a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale, ottenne comunque successi importanti, come il rinvenimento della tomba che porta il suo nome, contenente un prezioso trono in marmo. Nel 1952 Manolis Andronikos ereditò dal suo maestro Rhomaios la direzione dei lavori, ma sarebbe trascorso ancora un quarto di secolo prima che le sue ricerche portassero alla scoperta della tomba di Filippo II.
Per alcuni anni i lavori di Andronikos e della sua squadra si concentrarono su un rilievo conosciuto come Grande tumulo, il più importante della regione. A giudicare dalle enormi dimensioni, 110 metri di diametro per dodici di altezza, l’archeologo supponeva che al suo interno dovesse celarsi una tomba importante. Quando, nel 1977, Andronikos iniziò gli scavi del tumulo, al suo interno scoprì due tombe: una era già stata saccheggiata, ma l’altra sembrava intatta. Finalmente, l’8 novembre di quell’anno, dopo molti lavori e ardui sforzi, gli archeologi riuscirono a levare la pietra centrale della volta della seconda tomba e scesero lungo una scala interna. Andronikos ebbe la certezza di trovarsi davanti alla tomba di un grande re macedone non soltanto per le notevoli dimensioni della sepoltura, ma anche per la straordinaria bellezza e qualità della costruzione.
Nella camera funeraria, Andronikos scoprì un larnax d’oro con la stella a 16 punte, simbolo della regalità macedone
Il luogo era magnificamente decorato con pitture murali e lo spazio interno era ripartito grazie alla presenza di due volte. Nella stanza interna, che probabilmente era stata costruita per prima, si trovava un sarcofago di marmo dentro il quale era stato deposto un larnax, un’urna funeraria d’oro recante una stella a sedici punte, simbolo della regalità macedone, contenente resti umani. Accompagnavano il defunto la sua panoplia di gala e un corredo di grande valore: armi preziose, oggetti quotidiani e numerosi pezzi in oro e argento. Analogamente, sotto la volta esterna, un’anticamera conteneva una tomba con ossa femminili custodite in un altro prezioso larnax d’oro. Cosa ancor più sorprendente, i resti erano accompagnati da diverse armi, oltre che da un diadema d’oro e da diversi oggetti di pregiata fattura.

La monumentale facciata della tomba reale scoperta da Manolis Andronikos nella necropoli reale di Vergina
Foto: Laurent Fabre Photography
Polemiche attorno alla scoperta
La notizia della scoperta si diffuse in un lampo, provocando reazioni in tutto il mondo e un rinnovato interesse per Alessandro, Filippo e l’antica Macedonia. La scoperta assumeva inoltre un grande valore politico, visto che la presenza di antichità macedoni nella regione dava alla repubblica greca validi argomenti per rivendicare il territorio che componeva l’antico regno di Macedonia, parte del quale si trovava allora sotto il dominio iugoslavo (solo nel 1991 nascerà la repubblica di Macedonia). Per questo, Manolis Andronikos divenne un eroe nazionale nel suo Paese, oltre che un portavoce della sua importanza storica.
La scoperta della tomba suscitò altre polemiche, di carattere più propriamente storico. Prendendo in considerazione tanto le dimensioni della sepultura quanto l’eccellente fattura del corredo funerario, Andronikos identificò rapidamente il defunto con il re Filippo II, una grande figura storica che, inoltre, poteva essere considerata un simbolo nazionale dai greci moderni.
Andronikos basò l’identificazione su diverse prove: sul fatto che le due volte fossero state costruite in momenti diversi e sulla mancanza di intagli sulla lastra di pietra del sarcofago, prove che l’archeologo attribuì all’urgenza con la quale si era dovuta realizzare la tomba a causa della repentina morte di Filippo.

L’incisione raffigura l’assassinio di Filippo per mano di Pausania, un suo guardaspalle, durante le nozze della figlia Cleopatra con il re dell’Epiro
Foto: Mary Evans / Age Fotostock
Sotto questa luce, la donna che lo accompagna potrebbe essere Cleopatra, l’ultima delle sue mogli, una giovane nobile macedone, morta pochi giorni dopo per mano di Olimpiade, madre di Alessandro. Inoltre, tra i resti umani attribuiti al monarca, il cranio riportava il segno di lesioni riferibili alle battaglie sostenute da Filippo durante le sue conquiste. Non tutti gli storici tuttavia accettarono le conclusioni di Andronikos.
L’altra ipotesi
Nel 1980 la famosa archeologa statunitense Phyllis Williams Lehmann pubblicò un articolo nel quale esprimeva i propri dubbi a riguardo. Secondo Lehmann, in Macedonia il tipo di volta presente nella tomba fu utilizzato più tardi del 336 a.C., anno della morte di Filippo. Mise inoltre in discussione l’attribuzione del diadema d’oro a Filippo, visto che, secondo i suoi studi, fu Alessandro a importare questa tradizione dalla Persia, dopo le sue campagne di conquista in Oriente.
Alcuni ritengono che la tomba sia quella di Arrideo, figlio di Filippo e successore di Alessandro
Considerando quindi che la tomba fosse posteriore ad Alessandro, Lehmann ipotizzava che accogliesse i resti di Filippo III Arrideo – figlio di Filippo II e fratello maggiore di Alessandro, che gli succedette alla sua morte – e di sua moglie Adea Euridice, sua sorellastra, nota per il suo spirito guerriero, dovuto alle sue origini: era nata in Illiria, il bellicoso regno vicino alla Macedonia. Entrambi erano deceduti nel 317 a.C. per opera di Olimpiade, madre di Alessandro, che aveva in questo modo cercato di favorire l’ascesa del giovanissimo Alessandro IV, suo nipote e unico discendente legittimo di Alessandro.

Manolis Andronikos supervisiona i lavori di scavo del Gran tumulo di Vergina, al cui interno è stata rinvenuta la tomba
Foto: Richard Dibon-Smith
Lehmann ricevette una sollecita risposta da parte di Ernst A. Fredricksmeyer, un autorevole esperto di Alessandro, convinto della validità dell’attribuzione della tomba a Filippo II; lo studioso respinse le osservazioni di Lehmann sia sulla datazione della volta sia in particolare sul diadema, visto che in alcune raffigurazioni Filippo II il re appare coronato esattamente in quel modo. Inoltre, la datazione della tomba, che gli archeologi collocano nel terzo quarto del IV secolo a.C., quadra perfettamente con la data di morte di Filippo II, ed è difficile immaginare che un re come Arrideo possa essere stato sepolto in un così magnifico sepolcro: s'ipotizza infatti che egli soffrisse di una malattia mentale e che durante il suo regno il potere sia stato nelle mani dei generali di Alessandro.
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Un lavoro da detective
La questione risulta ancor più controversa per quanto riguarda i resti femminili. La presenza di armi vicino ai resti della donna è stato un valido argomento a favore dell’attribuzione della tomba a Filippo III, giacché Adea appare spesso descritta nei testi degli antichi autori vestita come un guerriero.
In merito a questo argomento le ipotesi sono diverse, ma secondo la professoressa Elizabeth Carney della Clemson University statunitense, il fatto che siano state collocate delle armi in un sepolcro femminile non significa che queste avessero a che fare con la persona che vi giace: esse potrebbero infatti essere state aggiunte al corredo funerario per compensare una scarsità di oggetti femminili. Anche altri resti del corredo suscitano dubbi, visto che alcuni autori hanno datato le ceramiche a un periodo posteriore al regno di Alessandro, mentre altri hanno proposto datazioni anteriori.

La corazza rinvenuta nella tomba di Filippo II. Era formata da otto maglie, completata in cuoio e tela e decorata con piccole teste di leone in oro
Foto: Dea / Album
A questa diversità di opinioni si aggiunse anche quella di autorevoli periti medici. Grazie al lavoro del patologo forense britannico Jonathan Musgrave, dell’università di Bristol, i resti ossei sono stati sottoposti a una meticolosa analisi, che ha dedicato una particolare attenzione al cranio. È stato determinato così che il defunto aveva subito una ferita molto grave all’occhio destro prodotta da un oggetto contundente che gli lasciò serie conseguenze, osservazione che coincide con il fatto che Filippo II perse un occhio in seguito a una ferita causata da una freccia durante l’assedio di Metone, nel 354 a.C. A questo si aggiunge il rinvenimento di parastinchi di misure diverse, che dimostrano che la panoplia reale era stata pensata per una persona con difficoltà motorie, un ulteriore indizio a favore dell’identificazione di Filippo II: infatti il sovrano macedone, in seguito a ripetute ferite, aveva un’andatura claudicante. Dati e osservazioni che continuano a essere discussi animatamente dagli specialisti, ma che ancora non sembrano poter portare a una soluzione definitiva. Tuttavia, nulla di tutto ciò sminuisce l’importanza della scoperta della tomba di Vergina a opera di Manolis Andronikos, l’equivalente per la Grecia classica della scoperta della tomba di Tutankhamon da parte di Howard Carter o della localizzazione di Troia compiuta da Heinrich Schliemann.
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Per saperne di più
Filippo re dei Macedoni. Franca Landucci Gattinoni. ll Mulino, Bologna, 2012