Una delle caratteristiche della religione egizia che più ci colpisce e che la rende curiosa ai nostri occhi è la gran quantità di divinità in forma animale o mista: un corpo di uomo o di donna con una testa ferina, o, più di rado, un corpo bestiale con testa umana. Anche gli antichi furono colpiti da questa "stranezza" egizia, tanto che il poeta romano Giovenale in una sua famosa satira scrisse:
Chi non sa, o Volusio Bitinico, quali mostri veneri il pazzo Egitto? Alcuni adorano il coccodrillo, altri hanno paura dell’ibis che si ciba di serpenti: la statua dorata del sacro cercopiteco risplende, là dove suonano le magiche corde del dimezzato Memnone e giace sepolta l’antica Tebe dalle cento porte; vi sono città dove tutti venerano i gatti, altre dove venerano un pesce del fiume, oppure un cane; ma nessuna che veneri Diana.
Si tratta soltanto dell’inizio della satira, nella quale il poeta, con il suo tono sarcastico, si faceva beffe di una delle caratteristiche più originali e affascinanti della religione egizia.
Figuretta in bronzo del dio egizio Sobek con indosso una corona 'atef', 600 a.C. ca. British Museum
Foto: Cordon Press
Animali divini
Un animale poteva diventare sacro per la sua utilità – si pensi al gatto, fondamentale per cacciare i topi –, ma anche per la sua pericolosità: è questo il motivo della nascita del culto di Sobek, il dio coccodrillo.
In un inno del Medio regno (2010-1630 a.C.) il dio è così descritto:
grande di caccia, fallo degli dei,
il cui assalto è feroce, grande […]
sveglio di viso, rapido, dai denti aguzzi,
che afferra secondo il suo potere.
Il nome del dio significa letteralmente "coccodrillo". Poteva essere rappresentato in forma puramente animale oppure mista (un uomo con la testa di coccodrillo) e, tra le divinità in forma ferina, era certamente una delle più importanti, anche se il suo culto rimase relegato principalmente alla regione del Fayyum. Questa zona, chiamata dagli antichi ta-shet, "terra del lago", si trova a ovest del Cairo ed è caratterizzata da un grande lago, un tempo molto più esteso di oggi. Regione piena di paludi, acquitrini e canali, sebbene bonificata dai faraoni nel Medio regno era la dimora ideale per i coccodrilli.
Il rilievo illustra un faraone che fa un'offerta a Sobek dalla testa di coccodrillo e a Hathor
Foto: Cordon Press
Un'attrazione turistica
Il dio Sobek era venerato in tutto il Fayyum, ma nella città di Shedet (ora Medinet el Fayyum), capitale della regione, era il dio principale, tanto che i greci chiamarono l’insediamento krokodilon polis, "città dei coccodrilli". In questa città si trovava un grande tempio dedicato al dio, con annesso un piccolo lago in cui veniva custodito il coccodrillo sacro in cui il dio si incarnava. L’animale, servito e riverito in vita per poi essere mummificato alla sua morte, veniva mostrato ai pellegrini e ad altri visitatori: in epoca greco-romana il suo culto era quasi diventato una curiosità per turisti.
Strabone ce ne ha lasciato una interessante testimonianza:
In questo nomo il coccodrillo è tenuto in grandissima considerazione ed è sacro presso di loro quello che in un lago è nutrito per conto proprio ed è mansueto nei riguardi dei sacerdoti. Si chiama Souchos: si ciba del frumento e dei pezzi di carne e del vino che sempre gli stranieri, giunti colà per vederlo, gli porgono. Ad ogni buon conto il nostro ospite, uno degli ottimati, che ci faceva da guida in quel luogo, se ne andò assieme con noi al lago portando dal pranzo una focaccia e carne cotta e una brocca di idromele.
Trovammo l’animale che giaceva sulla riva: tra i sacerdoti che si erano accostati, alcuni gli spalancarono le fauci, un altro vi introdusse il dolce e poi la carne e quindi gli versò l’idromele. Il coccodrillo, balzato giù nel lago, raggiunse velocemente la parte opposta. Al sopraggiungere di un altro straniero con un’offerta simile, i sacerdoti presero le primizie, fecero di corsa il giro del lago e, tenendo fermo il coccodrillo, allo stesso modo gli porsero il cibo.
Sembra di vederlo, il povero coccodrillo: divenuto pigro e mansueto a causa della prigionia dorata in cui è tenuto, appena nutrito a forza dai sacerdoti tenta di sfuggirgli gettandosi in acqua per raggiungere l’altra sponda del laghetto, dove, ahimè, un altro turista lo sta già aspettando. Ed ecco i sacerdoti che subito lo raggiungono per ingozzarlo nuovamente davanti agli occhi stupefatti e curiosi del forestiero.
Mummia di coccodrillo, 305-30 a.C. Museo greco-romano, Alessandra
Foto: Cordon Press
"Colui che possiede una gola terrificante"
Animale tra i più terribili e selvaggi, il coccodrillo nilotico può raggiungere i sei metri di lunghezza ed era un pericolo costante per chiunque si avvicinasse all'acqua: per le donne che andavano ad attingerla, per i contadini che dovevano irrigare i campi o anche per i lavandai che, intenti nel loro lavoro, stavano immersi nel fiume per parecchie ore.
Come recita un antico testo, la cosiddetta Satira dei mestieri, questo lavoro era molto pericoloso:
Il lavandaio lava sulla riva: il suo vicino è il coccodrillo;
egli scende nell’acqua pericolosa
e non può allontanarsi dal suo posto.
Inoltre i boschetti di papiri, più estesi di oggi, dovevano far temere la comparsa di un coccodrillo in qualsiasi momento. Sobek, chiamato "colui che possiede una gola terrificante", era figlio della dea Neith, antica divinità guerriera che portava sul capo arco e frecce ed era identificata con l’Atena greca, mentre il padre era un dio coccodrillo di nome Senuy.
In un inno del Medio regno è messa in evidenza la pericolosità e imprevedibilità del dio:
Salute a te, che sorgi dalle acque primordiali,
signore delle terre pianeggianti,
signore del terreno fertile […]
che attraversi gli stagni, dio potente,
del quale non si conosce (come) prevedere quello
che egli afferra, che vivi di furto,
che discendi perfettamente la corrente e la risali.
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Sobek come divinità funeraria
Proprio per la paura che incuteva il coccodrillo divenne una divinità legata all’aldilà: nei Testi dei sarcofagi – testi funerari scritti sui sarcofagi in un periodo che va dal Primo periodo intermedio alla fine del Medio regno (2125-1630 a.C.) – il defunto si identificava con Sobek per diventare forte e potente come lui. In questo modo nulla e nessuno avrebbe potuto nuocergli nell’aldilà.
Nella formula 991 dei Testi dei sarcofagi, dal titolo Diventare Sobek, si legge:
Io sono il signore della forza, il potente cha ha assunto la forma di coccodrillo. Io sono il signore del male che si nutre di afflizione. Io sono Sobek.
Nel testo è messa in evidenza esclusivamente la pericolosità del coccodrillo, derivata dalla minaccia reale che l’animale rappresentava per l’uomo nella vita di tutti i giorni. Nel corso del tempo, tuttavia, la figura di Sobek si addolcì e perse in parte qualcosa della sua originaria ferocia.
Statua di Amenofi III accanto al dio Sobek. 1403-1365 a.C. Tempio di Sobek, Dakamsha
Foto: Cordon Press
Sobek e la fertilità
Il legame indissolubile tra l'acqua e il dio Sobek e l’eccezionale fertilità delle femmine di coccodrillo – che possono deporre fino a cento uova per volta – hanno fatto di lui anche un dio della fertilità e della rigenerazione. Gli anni in cui l’acqua era abbondante e i raccolti rigogliosi erano quindi dovuti alla benevolenza del dio Sobek.
Questo dio aveva dunque un aspetto bivalente: da una parte era visto come una belva terribile, che incuteva spavento e in cui i defunti sceglievano d'identificarsi nell’aldilà per divenire invincibili; dall’altra era una divinità benevola, poiché grazie al suo legame con l’acqua poteva portare raccolti rigogliosi.
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