Tra il 1180 e il 1174 a.C. il faraone Ramses III insediò nel delta del Nilo un contingente di soldati di origine libica. Questi mercenari, chiamati mashuash nei testi, erano incaricati di proteggere l’area orientale del Paese da possibili invasioni asiatiche. A poco a poco, questi gruppi formarono veri e propri principati libici attorno ai dirigenti locali, i cosiddetti «capi dei mashuash». Due secoli dopo l’insediamento uno di questi capi approfittò di una crisi nella successione al trono per diventare faraone. Sheshonq I inaugurò una nuova dinastia egizia, la XXII, e si propose l’obiettivo di riportare l’Egitto al ruolo di potenza dominante nel Vicino Oriente.
Un libico, un nubiano e un siriano. Mattonelle del tempio di Medinet Habu
Foto: De Agostini
L’ascesa al trono di Sheshonq non avvenne casualmente. La sua famiglia, originaria di Bubasti, nella zona orientale del Delta, godeva di molta influenza e potere grazie, da un lato, alle relazioni che aveva intessuto con i sacerdoti di Ptah a Menfi e, dall’altro, all’accurata politica matrimoniale che la portò a imparentarsi con i faraoni.
Lo stesso Sheshonq era nipote (o forse figlio) del faraone Osorkon il Vecchio, e suo figlio, anch’egli di nome Osorkon, sposò la principessa Maatkara, figlia di Psusennes II. Questa vicinanza alla corte dei faraoni consentì a Sheshonq di diventare consigliere di fiducia di Psusennes II, l’ultimo faraone della XXI dinastia. Tutto ciò è testimoniato da una stele nella quale Psusennes lo menziona con il titolo di «il mio grande», che significava «il favorito».
Fu così che, quando Psusennes morì senza discendenti, Sheshonq si trovò nella posizione perfetta per inserirsi nella successione, e fu quel che accadde. Non siamo a conoscenza delle circostanze precise, ma pare che vi fossero dei dubbi sulla legittimità del nuovo faraone, almeno a giudicare dall’insistenza dello stesso Sheshonq nel proclamare la continuità del suo regno con quello della XXI dinastia, adottando, per esempio, parte dei titoli del suo fondatore, il faraone Smendes, che ostentò, tuttavia, solo dal secondo anno del suo regno. Per via delle sue origini straniere, invece, non era ben visto dai sommi sacerdoti del dio Amon a Tebe, che lo chiamavano «gran capo dei ma» (abbreviazione di mashuash), alludendo alla sua ascendenza libica.
Negli ultimi anni del suo regno il faraone Sheshonq I portò a termine un ambizioso programma di nuove costruzioni nel tempio di Karnak
Foto: P. Frilet / Corbis / Cordon Press
Da capo libico a faraone
Per porre fine a questa sotterranea resistenza del clero di Tebe, Sheshonq vi si recò immediatamente con l’esercito. Si fermò ad Abido per interrogare l’oracolo di quel luogo sacro, che lo confermò sul trono. Di questa visita si conserva parte di una stele nella quale Sheshonq è raffigurato come faraone secondo i tipici canoni estetici egizi. Solamente l’abitudine d'indossare un copricapo con piume e il titolo di «gran capo dei ma» rendono evidenti le sue origini non egizie.
Seguendo una politica che era piuttosto consueta nella XXI dinastia, Sheshonq nominò sommo sacerdote di Amon uno dei suoi figli, Iuput, con l’intenzione di controllare la regione di Tebe. Il principe si fregiava, inoltre, dei titoli di generale in capo degli eserciti e governatore dell’Alto Egitto, riunendo nella sua persona il potere politico, religioso e militare del sud del Paese. Con il proposito di controllare le posizioni religiose e politiche più importanti, Sheshonq nominò un altro dei suoi figli, Dyedptahiuefanj, terzo profeta di Amon, e il capo di una tribù alleata chiamato Nesy quarto profeta di Amon.
All’interno di questa politica che mirava a riaffermare il suo dominio su tutto l’Egitto, Sheshonq prestò particolare attenzione a una delle zone più conflittuali del Paese, il Medio Egitto. Per governare questo territorio, ordinò la costruzione di una fortezza a Taiu-djayet (el-Hiba) e nominò comandante militare di Eracleopoli il figlio Nimlot. Suddivise gran parte delle posizioni di rilievo fra altri membri della famiglia reale e suoi uomini di fiducia, con molti dei quali strinse alleanze tramite matrimoni con principesse di sangue reale.
Una delle poche vestigia del regno di Sheshonq I è questa sfinge ritrovata a Tanis
Foto: Christian Decamps / RMN-Grand Palais
Il faraone conquistatore
Anche la politica estera di Sheshonq I fu piuttosto energica. Il suo obiettivo era recuperare il prestigio internazionale e l’influenza politica ed economica che l’Egitto aveva avuto nel Vicino Oriente durante il Nuovo Regno, e a tale scopo si servì sia della diplomazia sia della forza. Esempio della prima è l’alleanza che strinse con il re Abibaal di Biblos, città in cui è stata ritrovata una statua di Sheshonq alla quale il re fenicio aggiunse il suo nome. Al contrario, in Nubia – stato indipendente dalla metà dell’XI secolo a.C. – il faraone intraprese una campagna militare, documentata dalle iscrizioni rinvenute nel tempio di Amon a Karnak, per assicurare il rifornimento di oro, mirra e altri prodotti esotici.
L’avvenimento che segnò il regno di Sheshonq, però, fu indubbiamente la spedizione condotta contro i regni di Israele e Giuda. Il fatto è narrato nella Bibbia ebraica, nei libri delle Cronache e dei Re, e su una stele conservata nel tempio di Amon a Karnak. Secondo quest’ultima fonte, l’assassinio di alcuni egizi per mano di stranieri scatenò la campagna di rappresaglia contro gli ebrei da parte del faraone. La Bibbia, invece, ci mostra le cause del conflitto dal punto di vista ebraico.
Il primo libro dei Re narra di come il profeta Achia avesse vaticinato che Geroboamo, un alto funzionario al servizio del re ebreo Salomone, avrebbe rovesciato il sovrano e regnato su Israele. Geroboamo, allora, organizzò una rivolta che fu soffocata. Per salvarsi la vita, si rifugiò in Egitto. «Salomone cercò di far uccidere Geroboamo – dice il libro –, ma egli fuggì in Egitto, dal re Sisach [Sheshonq]. Rimase là fino alla morte di Salomone» (I Re, 11:40). Dopo la scomparsa di Salomone Geroboamo fece ritorno nella sua terra pronto a salire al trono, ma riuscì soltanto a dividere il Paese: dieci delle dodici tribù di Israele lo accettarono come re e fondarono il regno di Israele, mentre le altre due riconobbero come re il figlio di Salomone, Roboamo, che governava nel regno di Giuda, con capitale a Gerusalemme.
Sul lato sud del II pilone del tempio di Karnak si trova il rilievo commemorativo della missione condotta da Sheshonq I contro gli ebrei
Foto: Per gentile concessione dell'Oriental Institute of the University of Chicago
Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!
L’attacco a Gerusalemme
Sheshonq decise d'intervenire nella zona con il pretesto di portare aiuto al suo vecchio alleato Geroboamo, ma in realtà con l’intento di indebolire definitivamente gli ebrei, che rappresentavano una forte concorrenza commerciale per l’Egitto. Attorno al 925 a.C. il faraone riunì un esercito che la Bibbia stima in circa 1.200 carri da guerra e seimila fanti libici e nubiani. Con questo spiegamento di forze riuscì a conquistare rapidamente le principali città del territorio ebraico.
In un’iscrizione del tempio di Karnak, realizzata per commemorare la campagna, si elencano in totale 150 città ebraiche conquistate da Sheshonq, un numero così elevato che alcuni ricercatori hanno pensato trattarsi di un’esagerazione funzionale alla propaganda politica. Tuttavia, la scoperta di nuove iscrizioni nel territorio di Israele, nelle quali è menzionata la conquista di Megiddo e di altre città, ha confermato i dati di Karnak e della Bibbia.
La stessa Gerusalemme fu posta sotto assedio, episodio del quale sappiamo solo quanto narra il secondo libro delle Cronache: «Sisach, re d’Egitto, venne a Gerusalemme e prese i tesori del tempio e i tesori della reggia, li vuotò. Prese anche gli scudi d’oro fatti da Salomone». In seguito il faraone Sheshonq si diresse verso la città di Megiddo, dove fece erigere una stele commemorativa e poi tornò attraverso il monte Carmelo verso sud.
Megiddo fu il luogo dove, di ritorno in Egitto dopo la campagna, Sheshonq e il suo esercito fecero tappa. Lì, Sheshonq eresse una stele commemorativa
Foto: Duby Tal / Albatross / Age Fotostock
Al ritorno dalla vittoriosa campagna di Gerusalemme Sheshonq poté dedicarsi interamente a un’altra attività che caratterizzò il suo regno: le costruzioni monumentali. Fece erigere edifici religiosi a Bubasti, sua città natale, e nel tempio di Ptah a Menfi, ma su tutte spiccano le sue costruzioni a Karnak, dirette dal figlio Iuput. Su un portale del tempio di Amon, il cosiddetto portico Bubastida, fece incidere i famosi rilievi della campagna di Gerusalemme, eresse una stele in prossimità del tempio costruito nel periodo del Medio Regno e allo stesso tempo fece edificare una “sala delle feste” simile a quella di Tutmosi III. Quest’ultimo, il faraone conquistatore per eccellenza, era stato probabilmente il modello che Sheshonq aveva tentato di eguagliare: le sue vittorie erano ancora vive nella memoria degli egizi, e proprio questo Sheshonq aveva cercato di ottenere con la sua sensazionale campagna di Gerusalemme.
Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!
Per saperne di più
Oltre la Bibbia: storia antica di Israele. Mario Liverani. Laterza, Bari, 2012
Storia dell’antico Egitto. Pierre Grimal. Laterza, Bari, 2007