Se si volesse riassumere in una frase la brillante epopea di Senenmut, basterebbe dire che arrivò a essere il personaggio più influente dell’Egitto della sua epoca. Nato in un’umile famiglia di Ermonti, cittadina a sud di Tebe, risalì la scala gerarchica della corte egizia durante il regno di Thutmose II, fratellastro e marito di Hatshepsut, fino a diventare intendente e consigliere della regina e di sua figlia, la principessa Neferura.
Il legame tra la sovrana egizia e il suo ministro era così stretto che presto nacquero maldicenze su una loro possibile relazione. L’ascesa di un uomo di umili origini alle più alte cariche dello stato poteva essere spiegata solo con un’ambizione smisurata e con il subdolo tentativo di sedurre e manipolare una regina ben più giovane di lui. Quest’ipotesi si basa su un unico, labile indizio: un graffito umoristico trovato in una tomba incompiuta di Deir el-Bahari, dove un personaggio anonimo è intento a sodomizzare un re, o forse una regina, e in cui qualcuno ha voluto riconoscere i due protagonisti di questa storia.
In ogni caso, le testimonianze della prossimità politica tra Senenmut e Hatshepsut non mancano, come una statua in cui il ministro abbraccia il cartiglio con il nome della regina o altre sculture che lo rappresentano come tutore e custode della principessa Neferura.
Un saggio alla corte della regina
Forse proprio in virtù della loro reciproca intimità, quando Hatshepsut assunse il titolo di faraone, Senenmut divenne il principale consigliere della nuova sovrana. Tutti i titoli che riuscì ad accumulare nella sua scalata a corte sono elencati nelle iscrizioni incise sulle statue che lo rappresentano, così come sulle stele e sulle cappelle che lui stesso fece costruire. Sebbene sia ricordato soprattutto come direttore dei lavori reali, la carica più alta che ricoprì fu quella di responsabile della casa di Amon – cioè il grande tempio di Amon a Tebe, capitale egizia –, un titolo che gli permetteva di amministrare la ricchezza accumulata dall’influente clero di questa divinità.
Senenmut ricopriva una delle più alte cariche dell’amministrazione del santuario tebano. Fu lui a organizzare il trasferimento e la posa dei due grandi obelischi del tempio di Karnak
Foto: Jane Sweeney / Awl Images
Ciononostante, la vera figura di Senenmut si perde tra le ombre. Infatti non fu solo un uomo di stato e un fedele sacerdote. Non si limitò a svolgere l’attività di consigliere politico o a dimostrare la sua eccellenza in architettura. Incarnò anche un’antica figura non del tutto compresa dagli storici: quella del saggio universale.
Rientrano in questa categoria una serie di personaggi della cultura egizia – strateghi, diplomatici, filosofi, matematici, sacerdoti, amministratori, architetti o astronomi – che s’ispirarono alla figura di Imhotep (l’architetto del faraone Djoser, autore della piramide a gradoni di Saqqara, la prima in Egitto) e raggiunsero l’eccellenza in ambito politico, militare, tecnico e intellettuale.
Questi predecessori di Senenmut riuscirono a distinguersi in tutti i campi del sapere, come più tardi avrebbe fatto anche lui stesso. L’accesso alle più alte cariche e responsabilità statali avveniva in tre fasi. Per prima cosa gli aspiranti si mettevano in evidenza grazie alle loro capacità intellettuali; quindi davano prova di possedere grandi competenze di calcolo, organizzazione e leadership; infine, dimostravano le proprie abilità nella direzione di grandi opere.
Questa figura rappresenta Senenmut che regge uno degli strumenti della sua professione di architetto: una corda da agrimensore su cui appare una testa umana, forse un’immagine della principessa Neferura
Foto: Dea / Scala, Firenze
Dato che svolgevano questi compiti nella segretezza e nel mistero propri dei servitori degli dei, la loro devozione e il loro impegno finirono per mettere in ombra le rispettive esistenze personali: infatti non si conoscono i nomi delle mogli o dei discendenti di nessuno di loro. È così che nacque la figura del saggio enigmatico, che raggiunge la gloria partendo dal nulla: una specie di uomo del Rinascimento ante litteram dalla conoscenza enciclopedica, il cui lascito per i posteri rimaneva strettamente limitato alle opere da lui costruite.
Rispetto a questa lista di personaggi, ciò che mancò a Senenmut fu un riconoscimento pubblico. La ragione per cui non lo ricevette fu probabilmente la natura inappropriata della sovrana cui aveva prestato i suoi servizi. Infatti, dopo essere stata reggente di Thutmose III, Hatshepsut aveva usurpato il trono a lui riservato. Così l’operato di Senenmut fu considerato dai suoi successori contrario alla maat, la giustizia universale. Per questo motivo gli fu negato il diritto a essere ricordato con lodi quasi divine, com’era stato invece concesso a Imhotep e come sarebbe avvenuto in seguito con il grande architetto Amenofi, figlio di Hapu.
Nonostante il ruolo centrale svolto nell’Egitto del suo tempo, la biografia di Senenmut si riduce dunque ad alcuni titoli ed epiteti criptici incisi sulle pareti dei monumenti da lui stesso eretti. Alcuni di essi furono costruiti a maggior gloria di Hatshepsut e raggiunsero un tale livello di magnificenza da rendere eterna e immortale la figura della regina, nonostante le contestazioni di cui sarebbe stata oggetto. Altri edifici, invece, erano destinati al puro diletto spirituale di Senenmut, come le sue due enigmatiche tombe.
L'entrata della tomba TT353 si apre sulla montagna di Deir el-Bahari ed è allineata con il tempio funerario della regina Hatshepsut
Foto: Joana Kruse / Alamy / Aci
Un mistero che perdura
Le due tombe di Senenmut sono state catalogate rispettivamente come TT71 e TT353. La prima è a Gurna, una necropoli in cui furono sepolti nobili e cortigiani del Nuovo regno. La seconda tomba si trova in una depressione naturale vicino al tempio funerario di Hatshepsut a Deir el-Bahari, un edificio noto anche come Djeser-Djeseru (santo fra i santi) e progettato dallo stesso Senenmut.
A prima vista può sembrare sorprendente l’esistenza di due tombe, ma a quei tempi era normale che alcuni personaggi disponessero di un monumento funebre riservato al culto e un altro alla sepoltura. Quando l’egittologo del Metropolitan Museum di New York Herbert Winlock studiò i due siti, stabilì che la TT71 era una cappella di culto, mentre la TT353 era la tomba vera e propria. Ciononostante oggi quest’ipotesi non convince più gli archeologi.
Una tomba vuota
La TT71 ha una facciata esterna lunga quasi trenta metri che dà su una sala con otto colonne e da cui parte un corridoio di circa ventisei metri di lunghezza. Sebbene la decorazione sia molto deteriorata, è stato possibile leggere alcuni testi. Tra gli elementi più significativi c’è una stele a falsa porta sulla quale sono incisi alcuni titoli di Senenmut e la tipica scena del defunto in compagnia dei genitori davanti a una tavola per le offerte.
La stele, che permetteva all’anima del defunto di entrare e uscire dall’aldilà, fu trovata nella tomba TT71. Vi sono incisi i nomi di Senenmut, seduto a un tavolo di offerte con i suoi genitori. Neues Museum
Foto: Bridgeman / Aci
Il deplorevole stato di conservazione della TT71 non ha impedito che a partire dal XIX secolo venisse studiata e documentata. Fu visitata anche dal pioniere dell’egittologia Karl Richard Lepsius, che prelevò dalla tomba la stele della falsa porta, oggi esposta al Museo egizio di Berlino.
Più tardi Winlock individuò nelle vicinanze i resti del sarcofago di Senenmut, frammentato in centinaia di pezzi, e la tomba dei suoi genitori, Ramose e Hatnofer. Il sarcofago fu ricostruito e presentato al Metropolitan Museum di New York. Sia la forma ovale sia la quarzite di cui è composto erano elementi tradizionalmente riservati ai sovrani. Ma nella tomba non c’erano tracce della mummia del consigliere della regina.
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Un monumento funerario
L’altra sepoltura di Senenmut, la TT353, ha delle dimensioni e una struttura che fanno pensare alla tomba di un alto dignitario o di un personaggio vincolato alla nobiltà. Presenta però delle anomalie rispetto alla tipologia standard, perché si tratta di un complesso sotterraneo ed è privo della cappella di culto propria dei sepolcri egizi, cui accedevano i parenti del defunto per portare le offerte necessarie alla sopravvivenza nell’aldilà.
Ricostruzione facsimile del soffitto astronomico scoperto nella tomba TT353, a Deir el-Bahari
Foto: Metropolitan Museum / Scala, Firenze
La tomba inoltre non ha una camera funeraria vera e propria, ma solo un piccolo pozzo. Ciò spinse Herbert Winlock a ipotizzare che i due edifici fossero complementari, cioè che la TT71 svolgesse la funzione di cappella, mentre la TT353 rappresentasse la sepoltura vera e propria.
Quest’ultima è composta da tre camere, denominate A, B e C, disposte longitudinalmente e unite da alcune scale e una serie di corridoi, il primo dei quali conduce all’interno del monumento e termina nella camera A. Questa è l’unica a presentare incisioni e pitture; tra le altre vanta uno dei primi soffitti astronomici del quale si abbia notizia. Le altre due stanze sono incompiute. Quando la tomba fu scoperta, le camere A e B erano stipate di detriti provenienti dallo scavo della C. Se ne può dedurre che la costruzione dell’edificio si svolse in due fasi e che il piano originale prevedeva solo la camera A.
Ecco perché questa è l’unica a essere stata decorata. Alla fine del primo corridoio c’è un’immagine di Senenmut su cui compare il suo nome e il titolo di Responsabile della casa di Amon. Sono molti gli elementi sorprendenti di questo insolito edificio. Innanzitutto la profondità, che supera i novantasei metri. Se la costruzione si svolse in almeno due fasi e la prima prevedeva solo la camera A, il progetto originale non doveva superare i sessantadue metri.
Questo frammento di pietra, su cui è dipinta la testa di un toro, fu rinvenuto nella tomba TT71. Metropolitan Museum, New York
Foto: Metropolitan Museum / Scala, Firenze
Fu probabilmente la geologia a determinare un aumento della profondità: infatti la composizione del primo strato di terreno è molto friabile, per cui fu possibile iniziare la costruzione della camera solo una volta raggiunta una solida base di pietra calcarea. Ma ci sono anche delle specifiche ragioni architettoniche che permettono di collegare questo ipogeo con il tempio funerario di Hatshepsut a Deir el-Bahari. Infatti, la TT353 si espande nel sottosuolo in direzione di una parte importante del Djeser-Djeseru, una cappella scavata nella roccia e dedicata a Hathor, divinità con sembianze di vacca. Allo stesso tempo la TT353 è allineata con alcuni astri della costellazione del Toro.
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Per saperne di più
Le regine dell’antico Egitto. Rosanna Pirelli. White Star, Milano, 2008.
Hatshepsut. La figlia del sole. Laurie Elie, Alessandra Grimaldi, Forough Raihani. L’Asino d’oro, Roma, 2016.