Ritrovate le spoglie di Khaled al-Asaad, il "martire" di Palmira

Ucciso dallo Stato Islamico nel 2015 tra le rovine di Palmira, l'archeologo aveva speso la sua vita nel tentativo di proteggere i resti dell'antica città. Grazie al suo lavoro Palmira entrò a far parte del Patrimonio mondiale dell'Unesco

La vita e la morte dell'archeologo siriano Khaled al Asaad possono riassumersi in una parola: Palmira. Nato a Tadmor, la città adiacente all'antico sito siriano, lavorò per tutta la vita tra le sue rovine. Lo Stato Islamico lo assassinò in quello stesso luogo il 18 agosto del 2015, all'età di 83 anni.

Nei giorni scorsi l'agenzia di stampa siriana Sana ha dato la notizia del ritrovamento di quelli che sarebbero i suoi resti, di cui si erano perse le tracce pochi giorni dopo l'esecuzione dello studioso. Le spoglie di Khaled al-Asaad sarebbero state rinvenute nella zona di Kahloul, dieci chilometri a est di Palmira. Sui resti verrà eseguito il test del DNA.

Mohammad al-Asaad, figlio di Khaled al-Asaad, vicino al ritratto di suo padre pochi giorni dopo la morte del famoso archeologo. 23 agosto 2015, Damasco

Mohammad al-Asaad, figlio di Khaled al-Asaad, vicino al ritratto di suo padre pochi giorni dopo la morte del famoso archeologo. 23 agosto 2015, Damasco

Foto: Imago / Xinhua / Cordon Press

Il "martire" di Palmira

L'archeologo e traduttore Khaled al-Asaad nacque a Tadmor, che in arabo significa "palma" e che in greco divenne Palmira, il primo gennaio 1932. Studiò presso l'università di Damasco, dove si laureò in storia, e nel 1963 fu scelto come direttore del Museo e del sito archeologico di Palmira. Avrebbe ricoperto quella carica per i successivi quarant'anni, nell'arco dei quali lavorò instancabilmente per il riconoscimento del sito archeologico dell'antica città, per la sua tutela e la sua ricostruzione.

Nell'arco di quattro decenni collaborò con missioni archeologiche internazionali e portò avanti diversi scavi. Lavorò instancabilmente per il riconoscimento del valore storico di Palmira, anche a livello amministrativo e finanziario. In pochi anni, e grazie al suo instancabile contributo, Palmira divenne l'epicentro del panorama culturale siriano, mentre il mondo prendeva coscienza di quel gioiello celato tra le sabbie del deserto siriano. Dal 1980 Palmira è entrata a far parte del Patrimonio mondiale dell'Unesco, ed è diventata una pietra miliare del turismo nel Vicino Oriente. Fino al 2015.

Rovine dell'antica città di Palmira. Foto del maggio 2008

Rovine dell'antica città di Palmira. Foto del maggio 2008

Foto: Erik Sumption/ Sipa Press / Cordon Press

Khaled al-Asaad aveva ormai 83 anni. Nonostante non dirigesse più il sito archeologico dal 2003 - la carica venne ereditata da suo figlio - al-Asaad continuava instancabilmente a lavorare per la tutela di Palmira e dei suoi tesori. Non abbandonò la città nemmeno quando fu chiaro che questa era entrata nel mirino dello Stato islamico d'Iraq e Siria (ISIS), anzi, nascose in un luogo ancora sconosciuto decine di reperti tra i più preziosi della città. Nel maggio del 2015, quando Tadmur e l'adiacente sito di Palmira caddero sotto il controllo dell'Isis, l'archeologo si trovava ancora lì, nonostante tutti gli avessero consigliato di fuggire.

Fu subito arrestato dai militanti dell'Isis, che lo torturarono per mesi fino a quando, il 18 agosto del 2015, lo decapitarono e ne esposero i resti su una colonna dell'antica città. Qualche giorno dopo le spoglie del "martire" di Palmira scomparvero. Apparentemente fino ad oggi.

Le colonne del tetrapilo, un monumento cubico con una porta su ogni lato, di solito posto in corrispondenza dei crocevia, nelle rovine dell'antica città di Palmira, in Siria

Le colonne del tetrapilo, un monumento cubico con una porta su ogni lato, di solito posto in corrispondenza dei crocevia, nelle rovine dell'antica città di Palmira, in Siria

Foto: Annie Griffiths Belt / Corbis

Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!

La "sposa del deserto"

È facile immaginare perché Khaled al-Asaad dedicò la sua vita a proteggere la città di Palmira, pesantemente danneggiata dall'opera distruttrice dell'ISIS. La città, nota anche come "sposa del deserto", fu un centro carovaniero che collegava Oriente e Occidente e visse il suo periodo di massimo splendore tra il I e il III secolo d.C., ma ne troviamo tracce già in documenti assiri del II millennio a.C. Sappiamo che intorno al IV secolo a.C. cadde sotto il dominio dei seleucidi, e vi rimase fino al I secolo a.C.

Secondo lo storico Flavio Giuseppe, la città conservò la sua indipendenza anche quando la Siria divenne provincia romana, nel 64 a.C. e fu annessa all'impero solo nel 19 d.C. Vi rimase fino al 268, quando la regina Zenobia, dopo l'assassinio del marito Odenato, si autoproclamò "augusta". Il suo regno duro poco: nel 272 la città era di nuovo in mano ai romani, che nel 273 l'abbandonarono quasi totalmente. Sotto Diocleziano venne usata come un grande accampamento, ma a partire dal IV secolo le notizie si diradano. Sappiamo che venne conquistata dagli arabi nel 634 e che in seguito cadde definitivamente in rovina.

Due inglesi, Robert Wood e James Dakins, riportarono su Palmira l'attenzione del mondo nel 1753, quando pubblicarono il libro Les Ruines de Palmyra, autrement dite Tadmor au dèsert. Ma l'antica città avrebbe dovuto attendere il suo protettore più grande, Khaled al-Asaad, nato e morto tra le sue rovine.

Il teatro romano di Palmira. I secolo d.C.

Il teatro romano di Palmira. I secolo d.C.

Foto: Vivienne Sharp / Heritage Images

Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?