Rita Levi-Montalcini, la signora della scienza

Unica donna italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la medicina, Rita Levi-Montalcini dedicò la sua vita alla Ricerca in ambito neurologico, lavorando clandestinamente anche durante il fascismo

"Per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale". Con queste parole, il primo agosto 2001 Rita Levi-Montalcini fu nominata senatrice a vita. In questa frase è racchiusa l'essenza dell'unica donna italiana ad aver vinto un Premio Nobel scientifico e ad essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze.

Figlia dell'ingegnere elettrotecnico e matematico Adamo Levi e della pittrice Adele Montalcini, Rita nacque a Torino nel 1909 insieme alla sorella gemella Paola e dopo il fratello Gino (1902) e la sorella Anna (1905). Sebbene la famiglia Levi-Montalcini si dichiarasse ebrea sefardita, in realtà Adamo e Adele instillarono nei figli e nelle figlie il valore della cultura, del pensiero critico e della laicità. Fu la stessa Rita a descrivere, con una punta di amarezza, le situazioni incresciose che si creavano ogni qual volta la sua famiglia e quella della sorella della madre si riunivano per celebrare le festività religiose: Rita e i suoi fratelli, colpevoli «liberi pensatori», dovevano aspettare che i più virtuosi e religiosi cugini finissero di saziare la loro fame prima di poter assaggiare i dolci cerimoniali.

La famiglia Levi-Montalcini: da sinistra Anna, Gino, Rita, Adele, Paola, Adamo

La famiglia Levi-Montalcini: da sinistra Anna, Gino, Rita, Adele, Paola, Adamo

Foto: Rba Italia - Collezione Grandi Donne

Questa fase della vita di Rita è ben riassunta nelle sue stesse parole: «eravamo diventati [lei e i suoi fratelli], prima ancora di imparare a leggere, scrivere, e tanto meno a pensare, “liberi pensatori”». E avrebbe seguito questo cammino per tutta la vita. L'autorità di suo padre, insieme agli insegnamenti critici di entrambi i genitori, furono determinanti nella vita di Rita. Fin da giovanissima decise di non sposarsi, insofferente alle dimostrazioni di amore romantico e all'immagine che la società dell'epoca aveva della donna.

L’esperienza del ruolo subalterno che spettava alla donna in una società interamente gestita dagli uomini mi aveva convinto di non essere tagliata per fare la moglie.

Fortemente convinta dell'uguaglianza intellettuale tra uomo e donna – causa che avrebbe rivendicato e sostenuto per tutta la vita –, nonostante il parere contrario del padre decise di iscriversi alla facoltà di Medicina presso l'Università di Torino, dove si laureò con 110 e lode nel 1936.

Fin dal primo anno di università lavorò come internista, nell’istituto di Giuseppe Levi, dove iniziò gli studi sul sistema nervoso. Fu proprio in quell'istituto che conobbe Salvatore Luria e Renato Dulbecco, i suoi compagni di studi che presto divennero anche suoi amici. Brillanti e rigorosi, tutti e tre avrebbero vinto, in momenti diversi, un Premio Nobel.

Rita nel suo laboratorio nel 1968, al suo rientro in Italia

Rita nel suo laboratorio nel 1968, al suo rientro in Italia

Foto: Rba Italia - Collezione Grandi Donne

La specializzazione e le leggi razziali

Dopo la laurea Rita decise di intraprendere la specializzazione in Psichiatria e Neurologia e in seguito, nel 1938, la ricerca assorbì tutte le sue energie. Collaborava con lei il neurofisiologo Fabio Visintini e insieme conducevano uno studio sui neuroni embrionali dei polli, dai primi stadi di formazione fino a quando non uscivano dall’uovo. Rita otteneva risultati interessanti che aiutavano a comprendere meglio il funzionamento del cervello e cercava di ignorare il contesto esterno.

Ma le leggi razziali del 1938, promulgate dal regime fascista, obbligarono la studiosa, ebrea sefardita, a emigrare in Belgio, dove si era già trasferita sua sorella Anna e il suo mentore, Giuseppe Levi. Dopo pochi mesi, a causa dell'invasione del Belgio da parte della Germania nazista, Rita dovette ripiegare a Bruxelles e in seguito fece ritorno a Torino, dove continuò imperterrita a fare ricerca in un piccolo laboratorio allestito nella sua camera da letto. In quel periodo iniziò a studiare il sistema nervoso degli embrioni di pollo insieme a Giuseppe Levi, che aveva fatto ritorno a Torino ed era diventato l'assistente della sua allieva. In quegli anni Rita e Giuseppe scoprirono l'apoptosi, il "processo di morte cellulare controllato geneticamente", che venne spiegato scientificamente solo trent'anni dopo, nel 1972.

Purtroppo però, fuori da quella stanza, infuriava la Seconda guerra mondiale. Torino venne pesantemente bombardata dalle forze aeree nel 1941 e la famiglia Levi-Montalcini abbandonò la città per rifugiarsi nelle campagne circostanti e, successivamente, a Firenze. Furono anni convulsi in cui non ci fu tempo per la ricerca: Rita, d'altro canto, prese contatto con le forze partigiane e, dopo la liberazione di Firenze nell'agosto del 1944, la donna lavorò come medico al servizio degli Alleati.

Rita Levi-Montalcini e altri vincitori del premio Nobel europei durante la cerimonia commemorativa del 50° anniversario dei Trattati di Roma celebrata nel 2007 a Bruxelles

Rita Levi-Montalcini e altri vincitori del premio Nobel europei durante la cerimonia commemorativa del 50° anniversario dei Trattati di Roma celebrata nel 2007 a Bruxelles

Foto: Rba Italia - Collezione Grandi Donne

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Una carriera oltreoceano

Una volta finito il conflitto, nel 1947, Rita venne invitata dal neuroembriologo Viktor Hamburger a proseguire le sue ricerche negli Stati Uniti, presso la Washington University di Saint Louis. Il progetto iniziale era rimanere solo pochi mesi, ma la donna trascorse trent'anni negli USA, insegnando per più di 20 presso la prestigiosa università. Nel 1954 scoprì la NGF, una molecola proteica tumorale attiva nel sistema nervoso. Gli studi in merito, condotti insieme al collega Stanley Cohen, valsero a entrambi il Premio Nobel per la medicina nel 1986, e risultarono fondamentali per la comprensione di alcuni tipi di tumore, così come di malattie come l'Alzheimer e il Parkinson.

Ma la studiosa non dimenticò mail l'Italia, dove diresse un Centro di Ricerche di Neurobiologia e un Laboratorio di Biologia Cellulare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Rita Levi Montalcini ricoprì diversi incarichi nazionali e internazionali, divenne membro delle più prestigiose associazioni scientifiche mondiali, fu nominata senatrice a vita. In occasione dei suoi cento anni dichiarò: «il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente». Morì tre anni dopo, il 30 dicembre 2012.

Paola e Rita rimasero unite per tutta la vita, nonostante la distanza

Paola e Rita rimasero unite per tutta la vita, nonostante la distanza

Foto: Rba Italia - Collezione Grandi Donne

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Dal 18 agosto in edicola la nuova uscita della collezione Grandi Donne. Questo numero sarà dedicato a Rita Levi-Montalcini

Dal 18 agosto in edicola la nuova uscita della collezione Grandi Donne. Questo numero sarà dedicato a Rita Levi-Montalcini

Foto: Rba Italia - Collezione Grandi Donne

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