Quando nacque l'imposta sul reddito?

Nel 1799 il governo britannico introdusse la prima tassazione progressiva sulle entrate per finanziare gli enormi costi della guerra contro la Francia

Oggi l’imposta sul reddito è per molti stati una delle principali fonti di finanziamento. A livello generale se ne riconosce la necessità per un corretto funzionamento dei servizi pubblici, ma questo non significa che non sia oggetto di discussione. La parola "imposta" veicola già un’idea di obbligo e sottomissione. Non sorprende quindi che i primi tentativi d’introdurre questo tributo suscitassero numerose critiche, come quella dello scrittore e politico Thomas Paine: «Quello che prima era un saccheggio, poi ha assunto l’elegante nome di tassazione».

Nella vignetta John Bull, incarnazione dell’inglese tipico, cerca di comprendere le intricate clausole della nuova tassa creata dal ministro Pitt, rappresentato come un cherubino innocente che chiede denaro

Nella vignetta John Bull, incarnazione dell’inglese tipico, cerca di comprendere le intricate clausole della nuova tassa creata dal ministro Pitt, rappresentato come un cherubino innocente che chiede denaro

Foto: Bridgeman / ACI

In origine nacque come risposta a una situazione di emergenza. All’inizio del 1798 il Regno Unito era l’unica potenza ancora in guerra contro la Francia rivoluzionaria. Per fare fronte alle enormi spese militari e riuscire a cambiare il corso del conflitto il primo ministro britannico William Pitt, il più giovane ad avere mai ricoperto quella carica, cercò un modo di aumentare le entrate. Nel novembre del 1797 Pitt espresse l’intenzione di triplicare i tributi degli anni precedenti tassando i beni di lusso: proprietà come cavalli, carrozze, orologi o servitori. Pitt era consapevole delle polemiche che una tale misura avrebbe suscitato: «Il piano dovrebbe essere diffuso il più ampiamente possibile; dovrebbe essere regolato nel modo più giusto ed equo, senza che sia necessario indagare sulle proprietà perché i costumi, i modi e le aspirazioni del popolo troverebbero questa pratica odiosa e vessatoria».

Il primo ministro era convinto che la necessità di difendersi dal nemico sarebbe stata una ragione sufficiente a giustificare la tassa, ma trovò una forte opposizione in parlamento. La sua proposta fu considerata addirittura «mostruosa». Tuttavia l’appello al patriottismo e il rischio di bancarotta dello stato portarono all’approvazione della cosiddetta “tassa tripla” il 12 gennaio 1798.

Secondo lo scrittore e politico Thomas Paine «quello che prima era un saccheggio, poi ha assunto l’elegante nome di tassazione»

Verso un’imposta progressiva

L’influente vescovo di Llandaff Richard Watson, tra i più ardenti sostenitori della misura, dichiarò: «I palliativi sono inutili e le mezze misure non possono salvarci». Ma le opinioni contrarie erano molto più numerose. Alla fine la tassa non produsse l’effetto sperato e ottenne solo due dei quattro milioni e mezzo di sterline previsti. Sebbene compensato dai contributi volontari alla guerra, quel fallimento spinse il primo ministro ad abbandonare la sua idea iniziale e spianò la strada alla tassazione diretta del reddito.

Battaglia di Trafalgar, 1805. La guerra contro Napoleone erose le risorse del fisco inglese

Battaglia di Trafalgar, 1805. La guerra contro Napoleone erose le risorse del fisco inglese

Foto: Bridgeman / ACI

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Di fronte al malcontento popolare Pitt cercò delle alternative fiscali più in linea con la capacità economica dei contribuenti e decise di tassare tutti i proventi indipendentemente dalla loro fonte. Il risultato fu che il 9 gennaio 1799 il parlamento britannico approvò l’imposta sul reddito. Si trattava di una tassa progressiva che poteva arrivare al dieci per cento sui redditi superiori a 200 sterline e da cui però erano esentati quelli inferiori a 60 sterline. Erano previste anche delle riduzioni per i contribuenti, per esempio in base al numero di bambini minori di sei anni che le famiglie avevano a carico.

L’imposta restò in vigore solo fino alla firma del trattato di Amiens, che nel 1802 pose fine alla guerra con la Francia. Le ostilità però ripresero appena un anno dopo e il successore di Pitt, Henry Addington, vi fece nuovamente ricorso evitando comunque in tutti i modi di chiamarla “imposta sul reddito”. Le condizioni di salute del tesoro britannico migliorarono notevolmente – non senza difficoltà – e poco a poco il sistema fiscale inglese iniziò a essere studiato nel resto d’Europa. Ma alla fine delle guerre napoleoniche riemersero con forza le voci contrarie al tributo che venne abolito nel 1816.

Ghinea d'oro coniata nel 1798 con l'effigie di re Giorgio III

Ghinea d'oro coniata nel 1798 con l'effigie di re Giorgio III

Foto: Quintlox / Album

La tassazione sul reddito non tornò a concretizzarsi fino al 1842 con l’Income Tax Act di Robert Peel, che voleva provare a risanare un crescente deficit di bilancio, e da quel momento cominciò a diffondersi. Nel 1862 Lincoln la introdusse negli Stati Uniti per sostenere i costi della guerra civile e nel 1864 arrivò nell’Italia da poco unificata. Dopo diversi dibattiti, in Francia nel 1872 fu approvata l’imposta sui valori immobiliari, ma quella sul reddito venne introdotta solo nel 1914, all’inizio della Prima guerra mondiale.

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