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Ultimi anni del XIX secolo. L’Inghilterra è la nazione più potente della terra e Londra, la sua capitale, è la città più grande del mondo. Ogni viaggiatore può intuirlo con un solo sguardo: le torri del Parlamento di Westminster si innalzano orgogliose per affermare e sottolineare il dominio politico britannico, così come le banche della City controllano il commercio internazionale, mentre il Times dà conto degli svaghi dell’aristocrazia, dal music hall alle battute di caccia alla volpe. Per assicurare la pace, l’esercito controlla i mari e l’ammirata polizia britannica «rivela, solo a guardarla, lo splendore dell’Impero». Da Buckingham Palace, la regina Vittoria regna sull’epoca di maggior gloria e potere della storia d’Inghilterra.
Il 13 febbraio 1891, due anni e mezzo dopo gli omicidi, il settimanale francese 'Le Journal Illustré' pubblicava questo «ritrovamento di una vittima di Jack lo Squartatore»
Foto: Rue des archives / Album
Tuttavia, non ci sono solo luci in quell’Inghilterra. E per averne la prova non serve andare nelle miniere di carbone o a Manchester, con i suoi «diabolici telai». A brevissima distanza dall’eleganza del West End, esiste ancora a Londra una zona «inesplorata come Timbuctù». È l’East End e, dentro l’East End, Whitechapel è il luogo in cui la miseria tocca il fondo. Si tratta di un dedalo di viuzze inondate dalle esalazioni maleodoranti del Tamigi; di bassifondi in cui malattie, alcolismo e prostituzione fanno strage tra le loro ottantamila anime; di un quartiere le cui case, ammassate, paiono inclinarsi minacciosamente su chi trova il coraggio per passeggiare alla loro ombra. Whitechapel è la Londra che il resto di Londra non vuole vedere. Nell’autunno del 1888, però, tutta l’Inghilterra finirà per volgere gli occhi verso quel quartiere malfamato. Perché Whitechapel sarà il sinistro scenario dei delitti di Jack the Ripper, lo Squartatore.
L’enigma
Probabilmente Jack lo Squartatore non fu il più letale degli assassini, ma può benissimo essere considerato il più crudele e indubbiamente è il più famoso. Sarà perché il suo nome evoca ancora in noi la paura che possono scatenare soltanto dei passi nell’oscurità, il bagliore della lama di un coltello che compare all’improvviso in una via deserta. Sarà perché, anche se alcuni criminali non furono mai catturati, a lui dovette essere affibbiato un soprannome perché non si seppe mai neppure la sua identità. Sarà, infine, perché «i crimini di Whitechapel» scossero le fondamenta benestanti della società vittoriana e rivelarono l’esistenza di una Gran Bretagna diversa, umiliata e povera. Tuttavia, queste spiegazioni non bastano a chiarire perché, più di centoventicinque anni dopo, la figura dello Squartatore sia diventata leggenda; perché continuino a uscire libri sui suoi delitti; perché vi siano riviste specializzate nello studio del suo profilo o perché le investigazioni abbiano addirittura dato il nome a una materia, la “ripperologia”, a metà tra la scienza e la mera speculazione.
La risposta è semplice: se fosse stato arrestato, Jack lo Squartatore avrebbe smesso di interessarci già da un pezzo. Il fatto è, però, che dopo tanto tempo ciò che sappiamo di lui è, in sostanza, quello che si sapeva all’epoca: nulla. Nulla di certo, nulla di sicuro, assolutamente nulla. Per questo non deve sorprendere che, con tutti i misteri che avvolgono lo Squartatore, ogni momento appaiano puntualmente nuove ipotesi sulla sua identità. Ce ne sono state di tutti i tipi, più o meno stravaganti: basti dire che se per alcuni fu addirittura un eminente membro della Casa Reale, per altri l’assassino era un gorilla fuggito dallo zoo. Tra i due estremi, l’elenco dei sospettati comprende di tutto, da persone di prestigio come Lewis Carroll (autore di Alice nel paese delle meraviglie) a poveretti come un calzolaio londinese, il cui unico crimine fu quello di girare per le strade portando gli strumenti del suo lavoro.
L'East End in una mappa del sociologo Charles Booth del 1889
Foto: Museum of London / Bridgeman / Aci
Il nero indica povertà estrema (senzatetto, delinquenti); il blu scuro, situazioni al di sotto del livello di povertà (lavoratori occasionali, disabili); il blu chiaro, lavoratori con salari regolari ma molto bassi; il rosa, situazioni al di sopra del livello di povertà grazie a entrate regolari, e il rosso, la classe media.
Che cosa sappiamo
In senso stretto, tutto quello che sappiamo di Jack lo Squartatore, per quanto possa sembrare ovvio, è che uccise. Però neppure sul numero delle sue vittime c’è accordo, e non per niente i suoi delitti sono solamente una parte degli undici “crimini di Whitechapel” che ebbero luogo all’epoca. E anche se le fonti tentennano al momento di dar conto della sua attività criminale, gli investigatori più famosi limitano al numero di cinque le sue vittime. Si tratta di Mary Ann Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly, tutte prostitute, tutte dedite all’alcol e tutte, infine, destinate a essere molto meno ricordate del loro assassino.
È stata data anche una delimitazione temporale all’azione del mostro: dalla fine di agosto alla metà di novembre, lo Squartatore agì nell’arco di soli settanta giorni. Come avrebbe scritto il detective Reid, uno dei più sagaci tra quelli che seguirono il caso, «questi sono gli unici fatti accertati. Tutti i delitti sono stati commessi dopo l’orario di chiusura dei bar; tutte le vittime appartenevano alla stessa classe sociale – la più bassa tra le basse – e vivevano a non più di un quarto di miglio le une dalle altre. Inoltre, tutte sono state assassinate allo stesso modo».
Lanterna a occhio di bue risalente all’epoca degli omicidi. Faceva parte dell’equipaggiamento dei poliziotti che pattugliavano le strade di Londra di notte. Museum of London
Foto: Bridgeman / Aci
Il resto è ancora oggi avvolto nell’ombra, un mistero impenetrabile, ma quello che i criminologi chiamano modus necandi è il tratto più distintivo – e più raccapricciante – dello Squartatore. In effetti, la sua crudeltà senza precedenti fu in buona parte responsabile dell’ondata di panico che si sollevò dopo i suoi delitti: come disse uno degli esperti incaricati delle autopsie, non gli bastava uccidere, ma doveva anche arrecare un «danno gratuito al cadavere». Salvo poche eccezioni, il suo modus necandi era il seguente: cominciava tagliando la gola della vittima da un lato all’altro con una coltellata, dopo di che ne apriva, sempre a coltellate, la cavità addominale. Nella maggior parte dei casi procedeva allora a estrarre gli organi; talvolta arrivò anche a portarsi via, per esempio, un rene, come un macabro souvenir. Vere e proprie mattanze, insomma, e la descrizione che dei cadaveri fecero gli esperti forensi può turbare ancora ai giorni nostri anche la persona più temprata: «Le viscere sono state trovate in vari punti: l’utero, un seno e i reni sotto la testa; l’altro seno accanto al piede destro, il fegato vicino ai piedi, gli intestini accanto al fianco destro [...] Il pericardio era aperto e mancava il cuore».
Come sottolinea un ripperologo, «il nucleo della paura è che è incomprensibile [...] e l’ignoto è ciò che temiamo più di tutto». Nel caso dello Squartatore, il mistero non faceva che alimentare la paura. Nessuno udì mai un solo grido, una richiesta di aiuto, in un quartiere in cui le persone vivevano, letteralmente, ammassate le une sulle altre. Nessuno dei cadaveri presentava le ferite da difesa che indicano una resistenza all’aggressione. Anzi, l’unico presunto avvistamento del criminale servì solo a gettare ancor più terrore sul suo modo di uccidere. Vale la pena ricordarlo. Nella notte dell’8 settembre del 1888 una donna incontrò Annie Chapman accompagnata da uno sconosciuto dalla pelle bruna e di statura media, con indosso un mantello scuro e un berretto come quello di Sherlock Holmes. L’incontro era avvenuto poco dopo le cinque e mezzo del mattino; ebbene, alle sei e dieci– quando il medico G. B. Phillips andò a rimuovere il cadavere –, lo Squartatore aveva già ucciso la Chapman. Come le altre vittime, neppure lei poté «resistere né gridare».
Annuncio dell’arresto di un altro sospettato: William H. Bury, che aveva ucciso la moglie
Foto: Bridgeman / Aci
Un aspetto innocuo
In una Londra in preda a terrore e dicerie, persino la regina Vittoria aveva le sue teorie sull’assassino. Nel suo caso, come in quello di buona parte dell’aristocrazia, l’ipotesi poteva essere ben riassunta nel titolo di un quotidiano dell’epoca: era impossibile che un inglese avesse commesso crimini del genere. In ogni caso, la nobiltà non fu l’unica a mostrare preconcetti, perché i delitti dello Squartatore servirono a ogni strato della società britannica come sfogo delle proprie ossessioni. Poiché a Whitechapel abitavano numerosi ebrei, gli antisemiti ebbero il loro pretesto. E tra le classi più dimenticate prese forza la convinzione che crimini del genere potessero essere opera di qualche aristocratico perverso. Anche gli intellettuali dell’epoca presero partito: per il drammaturgo George Bernard Shaw i crimini cercavano, innanzitutto, di denunciare le penose condizioni dell’East End. E persino le sedute spiritiche, tanto in voga nella Londra di quel tempo, offrivano le loro dubbie congetture per la ricerca e la cattura dell’assassino.
Scotland Yard – la polizia metropolitana di Londra – interrogò centinaia di persone. Si alludeva alla vicinanza di Whitechapel al porto: poteva essere stato un marinaio di passaggio o forse uno stivatore. S'ipotizzò che l’assassino fosse un medico o – come minimo – un macellaio, cioè qualcuno che avesse conoscenze di anatomia o, almeno, di sezionamento. Ma anche le piste possibili aumentavano la confusione. Per esempio, la scritta col gesso accanto al grembiule insanguinato di Catherine Eddowes, che incolpava gli ebrei: «Il popolo ebraico non dovrà mai essere considerato colpevole di nulla»; la scritta fu poi fatta cancellare per evitare attacchi antisemiti. Oppure uno dei pezzi forti della ripperologia: la «lettera dall’inferno» che, accompagnata da metà di un rene, fu inviata alla polizia e che, per una volta, non sembrava un’invenzione della stampa.
Diverse sono le teorie sulla personalità dello Squartatore. Uno dei pionieri nell’elaborazione de profili criminali fu il dottor Thomas Bond, il cui rapporto è stato accolto dal plauso generale: «L’assassino è probabilmente un uomo fisicamente forte e di grande freddezza e audacia [...] È molto verosimile che l’assassino appaia esternamente innocuo e tranquillo, forse di mezza età e vestito in maniera ordinata e rispettabile». Vi è un altro tratto che Bond non segnalò: l’assassino aveva una conoscenza dettagliata di Whitechapel e dei suoi vicoli malfamati. Il profilo stilato dal dottor Bond ha ricevuto apprezzamenti e lodi sino ai giorni nostri, ma manca ancora la risposta alla domanda fondamentale: chi era Jack? A tal proposito, ripperologi in cerca di pubblicità sono arrivati persino a fare il nome di William Gladstone, quattro volte primo ministro della Gran Bretagna. Stratagemmi di comunicazione a parte, sia la polizia sia la stampa dell’epoca avevano i loro preferiti. E, dal XIX secolo a oggi, l’investigazione ha aggiunto via via altri nomi, sino ad arrivare a un catalogo di centinaia di sospettati.
Coltello a doppia lama che si presume Jack lo Squartatore abbia abbandonato accanto a una delle sue vittime, un fatto che però nessuna prova conferma. Collezione di Donald Rumbelow
Foto: Mary Evans / Cordon Press
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Un’infinità di possibili colpevoli
Una delle teorie sostiene che il colpevole si sia suicidato dopo aver commesso i delitti. Tra le persone indagate dalla polizia, Montague John Druitt sembrava l’uomo giusto: giovane adulto, di buona famiglia ma caduto in disgrazia, fu rinvenuto cadavere nel Tamigi ai primi di dicembre. Tuttavia, quanto alla colpevolezza, – come quasi tutti gli altri sospettati – aveva un alibi solido: il giorno del primo omicidio era a giocare a cricket nel Dorset. Anche Seweryn Klosowski fu scagionato: era noto per la sua tendenza ad avvelenare le donne, ma gli assassini seriali raramente cambiano modus necandi. Quanto ad Aaron Kosminski, un ebreo polacco, fu giudicato così mentalmente disturbato che se fosse stato l’autore dei crimini non sarebbe stato capace di tenerlo per sé. E Francis Tumblety? Anch’egli indagato, è uno dei personaggi eccentrici legati al caso: un medico strano, incline a frequentare delinquenti e a quanto pare possessore di una collezione di organi umani.
La stampa, dal canto suo, aveva tra i sospettati per così dire preferiti un certo dottor Cream, anch’egli avvelenatore di amanti, che a quanto pare in punto di morte avrebbe fatto la sua confessione, seppur incompleta: «Sono Jack lo…». La classe medica ha sempre avuto un ruolo rilevante nei sospetti sullo Squartatore, a maggior ragione se – come nel caso di sir William W. Gull – parliamo di colui che era il medico della regina Vittoria, il che aggiunge morbosità. Qualcosa di simile accadde a sir John Williams, ginecologo della principessa Beatrice e accusato di assassinare prostitute in un vano tentativo di studiare le cause dell’infertilità femminile.
Whitechapel si trova sulla riva nord del Tamigi, pochi minuti a piedi dal Tower Bridge. All’epoca in cui Jack lo Squartatore era attivo, il ponte era in costruzione: i lavori erano cominciati nel luglio del 1887
Foto: Chris Clor / Getty Images
La pista aristocratica arrivò a includere addirittura un principe, Alberto Vittorio, duca di Clarence, nipote della regina Vittoria, figlio del vizioso Edoardo VII e secondo nella linea di successione al trono. Negli anni sessanta del secolo scorso la stampa ipotizzò che Alberto Vittorio – solo, o con la complicità di un presunto amante – avrebbe come minimo cospirato per eliminare coloro che sapevano di un suo supposto figlio illegittimo. Se questa storia pare complicata, ancor di più lo è quella di Alexander Pedachenko, che (secondo un certo manoscritto perduto di Rasputin e in qualità di agente della polizia segreta zarista, l’Ochrana) avrebbe commesso i crimini per macchiare la reputazione di Scotland Yard. Non è inverosimile che addirittura Rasputin avesse a che fare con le morti di Whitechapel? Del resto, la plausibilità non è mai stata il punto forte della ripperologia.
Nessuno saprà nulla
Secondo gli studiosi più caritatevoli, i delitti avvenuti nel 1888 ebbero l’effetto di attirare l’attenzione sulle terribili condizioni di sobborghi come Whitechapel. L’insalubrità di quelle zone degradate, focolaio di malattie, finì in effetti per arrivare in Parlamento, ma quando accadde, tuttavia, la febbre assassina dello Squartatore era già diventata, come dice uno dei grandi storici della città, «un aspetto durevole del mito di Londra». Jack the Ripper fu il primo criminale di una grande metropoli. E l’atmosfera miserrima di quell’East End contribuì a far sì che «le vie e le case del quartiere si identificassero con i crimini stessi, quasi al punto da condividerne la colpa», «come se lo spirito o l’ atmosfera della città avesse avuto un ruolo» in quelle morti.
Alla fine, l’unica certezza del caso di Jack lo Squartatore è che tutti i crimini irrisolti finiscono per richiamare i suoi. Forse per far diminuire l’interesse morboso non molto tempo fa, in un sondaggio, Jack the Ripper fu eletto «il peggior britannico della storia». È una consolazione per accettare la triste verità che, all’epoca dei delitti, affermò uno dei capi di Scotland Yard: «Nessuno sa nulla, né saprà mai nulla neppure tra mille anni, sulla vera storia dello Squartatore».
«Lettera dall'inferno»
Foto: Steve Vidler / Alamy / ACI
Consegnato alla polizia nell’ottobre del 1888, il documento conosciuto come «lettera dall’inferno» – così indicava l’intestazione – era accompagnato da metà di un rene umano: l’altra metà, secondo quanto scritto nel testo, l’aveva mangiata l’autore della missiva. La polizia di Londra ricevette centinaia di lettere a proposito dei delitti, ma questa, senza firma, secondo gli studiosi è la meno sospetta di essere un falso. Il testo era diverso da quello delle altre, l’ortografia indica una persona colta ma disturbata, e il rene che l’accompagnava era –come quelli delle povere prostitute– di una persona alcolizzata. Il documento originale, purtroppo, non può più fornire indizi: da molto tempo, assieme ad altre prove, è scomparso dagli archivi di Scotland Yard. Ecco il testo: «Dall’inferno / Mr Lusk / Signore / Vi mando metà del rene che ho preso da una donna l’ho conservato per voi. L’altra metà l’ho fritta e l’ho mangiata era molto buona. / Potrei mandarvi il coltello insanguinato con cui l’ho tolto se solo aspettate ancora un po’ / Firmato / Prendetemi se ci riuscite / Signor Lusk». X
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