Appena sbarcato a Papeete, la capitale amministrativa di Tahiti, Paul Gauguin attirò l’attenzione degli isolani a causa della lunga treccia castana, su cui era calato un cappello di feltro che ricordava quello di Buffalo Bill. Fu subito additato come un uomo eccentrico, esattamente come si diceva di lui dall’altra parte del mondo, la Francia, da cui proveniva. In effetti, Gauguin fu un personaggio fuori dal comune per il suo tempo, a causa del suo temperamento, della vita avventurosa condotta in giro per il mondo e del suo marcato anticonformismo.
Eugène Henri Paul Gauguin era nato il 7 giugno 1848 a Parigi da Clovis e da Aline Chazal. Il padre era un giornalista francese di idee repubblicane, mentre la madre, figlia di un incisore e dell’intellettuale femminista Flora Tristan, aveva origini ispano-peruviane. Quando Gauguin aveva solo un anno, preoccupato per la complicata situazione politica francese, Clovis decise di trasferirsi con la famiglia a Lima, da alcuni parenti della moglie. Morì però durante la traversata in mare e Aline fu costretta a proseguire da sola coi figli. Quello fu il primo di una lunga serie di viaggi che costellarono la vita del pittore.
In Perù rimase per circa quattro anni: il contatto con la natura e la frequentazione di un ambiente dove i pregiudizi sociali tipicamente europei non esistevano avrebbero condizionato per sempre il suo stile di vita e la sua arte. Quando la madre decise di fare ritorno in Francia, mise Paul in collegio. L’esperienza dovette essere traumatica per lui: non solo doveva riabituarsi al francese dopo anni di spagnolo (la lingua che aveva adoperato in Perù), ma si ritrovò in un ambiente rigido e formale, molto diverso da quello frequentato fino a quel momento. I risultati scolastici non furono affatto esaltanti. In seguito, molto incerto sulla direzione da dare al proprio futuro, quando aveva circa diciassette anni Paul Gauguin s'imbarcò su una nave mercantile (in seguito navigò anche come militare) e intraprese un lungo viaggio che lo portò a compiere praticamente il giro del mondo: Rio de Janeiro, India e nuovamente Perù. Raggiunse anche le coste del Nord Europa.
Paul Gauguin, Autoritratto (1885), Kimbell Art Museum, Fort Worth, Texas
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Una vita borghese
Forse anche perché colpito dalla prematura morte della madre, a un certo punto Gauguin decise di dare una svolta più “tranquilla” alla sua vita e accettò, anche grazie all’aiuto di Gustave Arosa, un fotografo qualche anno prima aveva sposato Aline, un incarico presso un’agenzia di cambio. Nella seconda metà degli anni settanta, dunque, sembrava che lo spirito inquieto dell’artista si fosse placato e che si fosse trasformato in un tipico medio-borghese: il lavoro gli assicurava ottimi guadagni, aveva messo su famiglia con una giovane danese di nome Mette-Sophie Gad e si era comprato una casa. I colori della natura e il sole accecante di Lima erano un ricordo.
La passione per l’arte scoppiò in quel periodo, anche grazie all’influenza del patrigno Gustave, che era particolarmente amante della pittura di Camille Pissarro, un pittore che avrebbe influenzato moltissimo lo stile di Gauguin. Il giovane iniziò così a collezionare opere d’arte e a dedicarsi da autodidatta alla pittura di domenica, quando era libero dal lavoro: nel 1871 realizzò il suo primo paesaggio. Da quel momento cambiò tutto e l’arte divenne qualcosa di imprescindibile per lui. Pare che un giorno disse: «D’ora in avanti dipingerò tutti i giorni». Iniziò a frequentare gli artisti impressionisti e a partecipare alle loro esposizioni.
In Provenza con Van Gogh
Nel 1883 perse il lavoro. Per lui l’evento non fu particolarmente grave, perché così avrebbe potuto dedicare più tempo alla pittura, ma la moglie, con la quale il rapporto si era oramai deteriorato, decise di andarsene a Copenaghen coi figli. Inizialmente Gauguin la seguì e trovò un modesto impiego come rappresentante, ma poco dopo volle tornare a Parigi. Iniziò un periodo di stenti: fu costretto a vendere gran parte della sua collezione e si dovette accontentare di fare l’attacchino per pochi franchi. Nel 1887, insieme all’amico pittore Charles Laval, s'imbarcò per Panama, dove fu ingaggiato per lavorare al canale in costruzione.
Vincent Van Gogh (il terzo da sinistra, con la pipa) e Paul Gauguin (all'estrema destra) in un caffè parigino nel 1887
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Dopo una sosta in Martinica rientrò nuovamente in Francia e, alla ricerca di nuova ispirazione artistica, si trasferì prima Bretagna e poi in Provenza. A questo periodo risale la tormentata convivenza con Vincent Van Gogh. Fu convinto da Theo, il fratello di Van Gogh, a trasferirsi con lui in una casa ad Arles, dove l’olandese sognava di creare una comunità di artisti. Gauguin accettò, non troppo convinto perché consapevole delle profonde differenze di temperamento tra i due. Abitarono insieme per circa nove settimane, in un crescendo di contrasti e incompatibilità caratteriali che culminarono nella celebre auto-mutilazione dell’orecchio da parte di Van Gogh.
Fuggito via da quello che riteneva un rapporto tossico, Paul Gauguin tornò nuovamente a Parigi, dove rimase per circa un biennio. Nel frattempo, il desiderio di quell’esotismo che tanto l’aveva affascinato da bambino e che evidentemente mai l’aveva abbandonato stava tornando sempre più prepotentemente in lui. Il bisogno di nuovi stimoli creativi e la costante ricerca di un luogo dove trovare qualche forma di ancestrale felicità furono infatti il trait d'union della sua vita, probabilmente anche quando faceva l’impiegato e il padre di famiglia.
Nel paradiso terrestre di Tahiti
A quarantatré anni, oramai diventato un pittore apprezzato, decise di cambiare completamente vita. Organizzò una mostra al prestigioso Hôtel Drouot in cui vendette una trentina di quadri e, con parte del ricavato, acquistò un biglietto per Tahiti. Dopo aver salutato i cari in Danimarca, aver abbandonato la giovane amante Juliette – all’epoca incinta di una bambina – e rinunciato alla fama che aveva in patria, s'imbarcò su un piroscafo diretto in Polinesia. Il primo approccio con l’isola fu però deludente. Era guardato con diffidenza sia dagli europei del posto, per i suoi tentativi d'integrarsi con gli indigeni, sia da questi. In più il denaro e l’attrezzatura per dipingere che aveva portato con sé si esaurirono molto rapidamente e, nonostante avesse saputo che in Francia erano state vendute alcune sue opere, nessuno gli mandava soldi. Dal punto di vista artistico, invece, forse aveva trovato quello che stava cercando: le opere di questo periodo sono caratterizzate da una dimensione di primitivismo che esprime libertà e purezza originaria avulse dai soffocanti condizionamenti sociali della società in cui era vissuto fino a quel momento.
Ritratto di Tehamana
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Tuttavia, Gauguin era afflitto dai debiti e dalla solitudine e meditava di fare rientro a Parigi. Durante un’escursione conobbe però Teha'amana (o Theura), un’indigena tredicenne che divenne la sua vahine (ovvero la sua amante) e modella preferita, e si trattenne ancora in Polinesia. Alla fine, però, decise comunque di partire, abbandonando la ragazza. «Che assurda, triste e brutta avventura il mio viaggio a Tahiti!», disse in un’occasione.
Il 4 giugno 1893 salpò per Marsiglia, poi si trasferì in un atelier a Montparnasse arredato in stile haitiano, dove iniziò una convivenza con Annah, una meticcia tredicenne giunta in Francia per fare la cameriera, e una scimmia di nome Taoa. Coinvolto in una rissa per difendere la ragazza e un giovane disabile, fu ricoverato a lungo in ospedale, rimanendo comunque azzoppato per sempre. Al suo rientro scoprì di essere rimasto di nuovo soldi, che Annah era sparita dopo averlo derubato, Taoa era morta e Mette si rifiutava di rispondere alle sue lettere. Il 9 settembre 1895 sbarcò a Papeete per la seconda volta, deciso a non fare più ritorno in Europa.
Iniziarono i problemi di salute: oltre ai dolori alla gamba, che cercava di lenire con dosi massicce di laudano, sorsero dei problemi cardiaci che spesso lo costringevano a lunghi periodi in ospedale. Intrecciò una relazione con un’altra giovanissima ragazza, di nome Pahura. Addolorato per le morti della bimba che aveva avuto con Pahura e della figlia prediletta Aline, nonché amareggiato per la pubblicazione in Francia di Noa Noa, una sorta di autobiografia del periodo tahitiano, in una veste che disconosceva, e oberato dai debiti, tentò inutilmente di avvelenarsi. Trovò parziale sollievo collaborando con una rivista satirica di Papeete (negli ultimi anni della sua vita la scrittura assunse un ruolo molto importante per lui), ma fu ulteriormente deluso dalle notizie che arrivavano dalla Francia sulla considerazione della sua arte. In patria, infatti, le opere polinesiane di Gauguin non erano molto apprezzate, perché considerate troppo “esotiche”, e la curiosità dei media era più concentrata sull’eccentricità del suo personaggio che sui suoi quadri.
Alla fine decise di tagliare totalmente i ponti con la “civiltà” e si trasferì a Hiva Oa, nelle isole Marchesi, senza la compagna, che si era rifiutata di seguirlo perché considerava quella zona troppo selvaggia. Qui trovò un popolo molto più accogliente nei suoi confronti, un sincero amico di nome Tioka e Vaeoho Marie-Rose, con cui intrecciò l’ennesima relazione. Visse finalmente un periodo di maggiore serenità, seppur non mancassero le difficoltà con le autorità civili e religiose a causa del suo temperamento provocatorio e trasgressivo. Purtroppo, però, i suoi problemi di salute si aggravarono notevolmente e alla fine si spense l’8 maggio 1903, assistito da Tioka, che ereditò con gioia il suo cappello.
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