Ötzi, l'uomo dei ghiacci

Il 19 settembre 1991 una coppia di escursionisti tedeschi scoprì sulle Alpi il corpo mummificato di un uomo vissuto cinquemila anni fa. Da allora lo studio dei suoi resti ha gettato luce sulla vita nell’Europa dell’Età del rame

Un uomo solo, di circa 45 anni, prova a valicare le Alpi in pieno inverno. Si ferma per riposare e mangiare parte di quanto ha cacciato; si sente al sicuro. Giorni prima è rimasto coinvolto in una rissa e si è ferito alla mano destra, eppure ora è convinto di essersi lasciato alle spalle i nemici; non può certo immaginare che lo hanno inseguito a ben 3.210 metri di altitudine, nel ghiacciaio dove adesso si trova. Infatti non è solo. La neve attutisce i passi di qualcuno che, alle sue spalle, da circa 30 metri di distanza, scocca una freccia che gli perfora la spalla sinistra e lo ferisce a morte. L’uomo cade sbattendo la testa contro una pietra, o forse gli assestano un colpo, e muore dissanguato dopo una lunga agonia.

L’omicidio di Ötzi è avvenuto circa 5.300 anni fa, in piena Età del rame, ma ancora oggi è oggetto d’indagini. Il suo assassino non si è preso il disturbo di rubargli i preziosi beni che portava con sé: non era certo il furto l’obiettivo del crimine. Almeno questo è quanto credono i detective e gli scienziati come Frances Pryor e Albert Zink, che millenni dopo hanno analizzato il cadavere di Ötzi, scoperto quando lo scioglimento dei ghiacci nei quali era sepolto lo ha portato alla luce e ha consentito ad alcuni alpinisti di trovarlo sul massiccio di Ötztal – da qui il suo nome –, a 90 metri dalla frontiera austro-italiana. 

Dettaglio del volto di Ötzi. Proviene da una ricostruzione realizzata nel 2011 dagli esperti olandesi Alfons e Adrie Kennis, oggi conservata nel Museo archeologico dell’Alto Adige, a Bolzano

Dettaglio del volto di Ötzi. Proviene da una ricostruzione realizzata nel 2011 dagli esperti olandesi Alfons e Adrie Kennis, oggi conservata nel Museo archeologico dell’Alto Adige, a Bolzano

Ricostruzione: Robert Clark / Getty Images

Da quel giorno di settembre del 1991 fino a oggi, quello di Ötzi è diventato uno dei corpi più studiati della storia. Ogni suo effetto personale, ogni suo abito e ogni tratto fisico e genetico è stato analizzato minuziosamente grazie all’eccezionale stato di conservazione del corpo e dell’equipaggiamento. «In genere di quel periodo, ovvero dell’Età del bronzo o del Mesolitico, si trovano tombe senza alcun corredo, ma gli oggetti di questa mummia hanno permesso di scoprire molto sulla vita di cinque millenni fa, un periodo di grandi mutamenti», afferma l’archeologa Maria Àngels Petit, dell’Università di Barcellona, che da anni segue le indagini su Ötzi. «Si fa fatica a immaginare che una persona in fuga potesse essere così ben attrezzata, ma si sa pure che a quell’epoca non mancavano gli scontri tra le diverse comunità». Proprio per questo Ötzi potrebbe essere stato costretto a scappare. 

Nel tempo si sono succedute le analisi, e grazie al progresso della tecnologia si sono fatti passi da gigante sul mistero dell’“uomo dei ghiacci”. Grazie allo studio del suo DNA realizzato nel 2008 sappiamo che Ötzi ha ancora discendenti vivi dal ramo paterno in Corsica, in Sardegna e in Tirolo; il ramo materno, di origine alpina, è invece estinto. Il suo lignaggio, frutto della grande migrazione neolitica che dal Vicino Oriente si spostò in Europa circa ottomila anni fa, era molto comune all’epoca. Come afferma Carles Lalueza-Fox, esperto di DNA antico, il genoma di Ötzi rivela che gli attuali sardi discendono da una popolazione alquanto diffusa in quelle migrazioni. Il DNA di Ötzi fornisce anche molti indizi sul suo aspetto – aveva gli occhi marroni e i capelli castani – e sulla sua salute: era intollerante al lattosio e predisposto ad alcune malattie cardiache.

Panorama di una delle valli che formano la regione delle Alpi di Ötztal, o Alpi Venoste, la zona in cui visse Ötzi e dove fu misteriosamente assassinato

Panorama di una delle valli che formano la regione delle Alpi di Ötztal, o Alpi Venoste, la zona in cui visse Ötzi e dove fu misteriosamente assassinato

Foto: Riedmiller / Caro Photo / Cordon Press

   

Cosa racconta la mummia di Ötzi

Non sappiamo perché l’abbiano ucciso, però conosciamo diversi dettagli sulla sua condizione fisica. Quest’individuo maturo, con il volto solcato dalle rughe e dalla corporatura abbastanza minuta – pesava 50 chili ed era alto 1,60 metri – aveva la malattia di Lyme, che si contrae in seguito al morso di una zecca. La scoperta della patologia si deve alla presenza del batterio borrelia burgdorferi nel sangue. Era affetto pure da parodontite, l’infiammazione delle gengive, da calcoli biliari e da un’artrite che cercava quasi sicuramente di combattere con tatuaggi terapeutici. Eppure, nonostante tutto, era riuscito a sopravvivere in un ambiente molto ostile. 

Il suo equipaggiamento dimostra che era pronto per un lungo viaggio. Gli indumenti erano composti da cinque tipi di pelle: portava un berretto in pelle d’orso, una sopravveste di capra e pecora, gambali fino al ginocchio in cuoio di capra, dei calzoni e una cintura in pelle di vitello. Le scarpe avevano la suola in pelle d’orso e di cervo, una rete di corteccia di albero e un’imbottitura interna in paglia. Tutte le pelli avevano ricevuto un’accurata lavorazione che includeva la raschiatura, l’affumicatura e un trattamento con grasso per renderle impermeabili. Sul corpo portava un parapioggia, o una stuoia, di fibre vegetali intrecciate. Poiché i suoi strumenti e le armi erano logori o incompleti, si crede che fosse fuggito al volo dal suo luogo d’origine, proprio come se stesse scappando da qualcuno. 

Ötzi è la più antica mummia umana mai trovata in Europa, testimone di un passato in cui un po’ per volta si evolvevano la tecnica e la cultura, ma nel quale la violenza era fin troppo presente. Forse un giorno la scienza riuscirà a comprendere il movente di questo crimine, che rimane ancor oggi un mistero.  

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Ötzi riemerge dai ghiacci

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Ötzi riemerge dai ghiacci

Era il 19 settembre 1991. Una coppia tedesca in vacanza sulle Alpi, i Simon, scendeva dalla punta di Finale, una vetta a più di 3.500 metri di altitudine nelle Alpi di Ötzal o Venoste. Durante l’escursione s’imbatterono in un cadavere tra le nevi del ghiacciaio di Hauslabjoch. In un primo momento pensarono che si trattasse dei resti di un escursionista rimasto sepolto sotto la neve, forse per decenni. Il luogo del ritrovamento dista appena 90 metri dalla frontiera tra Italia e Austria, e i Simon decisero di avvisare le autorità austriache. La loro scelta causò un conflitto tra i due Paesi, che reclamarono per sé i resti. La contesa si risolse solamente quando venne stabilito il punto esatto del ritrovamento, in territorio italiano. In ogni caso, il corpo di Ötzi venne in un primo momento esaminato dalle autorità austriache che, come i Simon, propendevano per l’ipotesi del cadavere di un escursionista scomparso e nei giorni seguenti estrassero il corpo dal ghiaccio e lo portarono in elicottero a Innsbruck per sottoporlo all’autopsia. Ma appena iniziarono ad analizzarlo apparve chiaro che quello di Ötzi era un ritrovamento straordinario. La pelle, l’ascia di rame e altri utensili rinvenuti vicino al cadavere indicavano che era molto più antico, e a Ötzi s’interessarono vari archeologi, tra cui Konrad Spindler, allora capo dell’Istituto di Preistoria dell’Università di Innsbruck, che sarebbe diventato uno dei più grandi esperti in materia.  

Dopo il ritrovamento di Ötzi nella zona accorsero curiosi e alpinisti come il sudtirolese Reinhold Messner (a destra nell’immagine). A partire dall’osservazione di elementi come l’ascia rustica e l’arco in legno di tasso, Messner capì subito la portata dell’evento. «Non appena lo vidi mi resi conto che si trattava di un’importante scoperta archeologica», disse.

 

Foto: Paul Hanny / Gamma-Rapho / Getty Images

Cinquemila anni tra i ghiacci

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Cinquemila anni tra i ghiacci

Quando il cadavere di Ötzi venne trovato da Helmut ed Erika Simon era in posizione prona, con il braccio sinistro allungato e incrociato davanti al petto. Quello destro invece era steso lungo il fianco. Tale posizione fu spiegata solo dieci anni dopo il suo ritrovamento, nel 2001, quando il radiologo Paul Gostner, dell’ospedale di Bolzano, scoprì che Ötzi era stato assassinato: la mummia aveva una punta di freccia conficcata nella spalla sinistra, una ferita mortale che gli aveva paralizzato il braccio e aveva sezionato l’arteria, causando la morte per dissanguamento. Alcuni scienziati suggerirono poi che la posizione del cadavere potesse essere dovuta al fatto che, dopo la morte, qualcuno avrebbe girato Ötzi per provare a estrarre la freccia. Costui avrebbe strappato l’asta senza però riuscire a rimuovere la punta che rimase conficcata nel cadavere. 

Due giorni dopo il ritrovamento di Ötzi, quando si cercò d’introdurre il corpo in una cassa di legno per trasportarlo all’Istituto di medicina forense di Innsbruck, gli addetti allo spostamento del corpo gli torsero il braccio disteso, rompendogli accidentalmente l’omero sinistro, che dovette essere ricomposto. Oggi Ötzi è esposto nella stessa posizione in cui venne trovato, anche se supino, all’interno del Museo archeologico dell’Alto Adige, a Bolzano.  

Questo disegno ricostruisce gli ultimi attimi di vita di Ötzi. L’uomo del ghiaccio giace moribondo nel luogo che sarebbe divenuto la sua tomba, ricoperto dal suo mantello di paglia e con il braccio sinistro piegato sotto il corpo, come venne scoperto cinquemila anni più tardi.

 

Illustrazione: Gregory Harin / NGS

L'equipaggiamento di un uomo del Neolitico

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L'equipaggiamento di un uomo del Neolitico

L'attrezzatura che Ötzi portava con sé sorprese gli scienziati. Indicava che era pronto per un lungo viaggio, perché vicino al suo cadavere c’era un vero e proprio kit di sopravvivenza. Legato alla cintura portava un marsupio di pelle che conteneva un set di piccoli strumenti: un raschiatoio, un perforatore, una lamella di selce affilata e pezzi di fungo d’esca (utile “miccia” per accendere il fuoco). C’era pure un ritoccatore fatto di corna di selvaggina e legno, che dovette utilizzare per affilare gli utensili in selce. Ötzi possedeva anche un pugnale corto fatto di una pietra chiamata chert, con una guaina in fibre vegetali, due punte di freccia sparse e, nella faretra, 12 frecce senza punta in legno di viburno. Viaggiava armato di un’ascia di rame e un grande arco non finito di legno, che si ruppe durante l’estrazione dal ghiaccio, e portava con sé pure due recipienti in corteccia di betulla. Uno conteneva foglie di acero riccio appena raccolte e frammenti di carbone di legna: usava forse il recipiente per mantenere accese le braci. In tutto possedeva oggetti di 18 legni diversi, il che dà un’idea della conoscenza che si aveva all’epoca circa le specie vegetali. Accanto al corpo furono ritrovate corde e una rete che doveva forse servire per cacciare uccelli o trasportare oggetti. I suoi indumenti, assemblati con cinque pelli diverse, erano completi e adatti al freddo, e includevano un’efficiente calzatura impermeabile. 

Pezzi: 1. Resti di calzoni. 2. Utensili e corda. 3. Recipiente in corteccia di betulla. 4. Berretto in pelle. 5. Rete in corteccia di albero per contenere la paglia che riempiva la scarpa. O forse era parte di una racchetta da neve. 6. Faretra di pelle e frecce senza punta. 7. Ascia di rame. 8. Punta di selce.

 

1. 2. e 3: W. Neeb / Bridgeman / ACI. 4 e 5: Robert Clark / Getty Images. 6: Kenneth Garrett / Getty Images. 7 e 8: Robert Clark / Getty Images

Gli ultimi istanti di Ötzi

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Gli ultimi istanti di Ötzi

La fine di Ötzi rimase avvolta nel mistero per anni. All’inizio si pensò che fosse morto in un incidente mentre cercava di attraversare le Alpi, ma le indagini sulle sue vesti condotte dallo scienziato Tom Loy rivelarono tracce di sangue appartenenti a quattro individui. Fu allora che prese piede l’ipotesi della morte dovuta alle azioni di altre persone. Oggi sappiamo che Ötzi si ferì alla mano destra con un oggetto appuntito diversi giorni prima della sua morte: il taglio si stava infatti cicatrizzando. Dalle indagini l’ipotesi più verosimile sembra quella dell’omicidio a tradimento: Ötzi riposava quando l’assassino, che voleva evitare lo scontro aperto, gli si avvicinò alle spalle e gli scagliò contro una freccia da una trentina di metri. 

Il caso di Ötzi fu studiato nel 2014 dalla Sezione di indagini criminali di Monaco con gli ultimi metodi forensi. Poiché tutti gli oggetti di valore di Ötzi, tra cui la sua preziosa ascia di rame, erano rimasti sul luogo del misfatto, si è scartata l’ipotesi del furto. Si crede oggi che il movente dell’omicidio fosse un qualche conflitto personale, forse legato al precedente scontro che causò la ferita alla mano. Quel che è certo è che gli ultimi istanti di vita di Ötzi furono una lenta agonia. Qualche minuto prima di morire l’uomo stava riposando dopo un sontuoso banchetto a base di carne e felci.  

Il disegno ricostruisce il momento in cui Ötzi fu colto alle spalle da una freccia. Non sapremo mai cosa accadde, ma gli scienziati hanno suggerito un’ipotesi: Ötzi era stato ferito in uno scontro con uno o più uomini ed era fuggito precipitosamente cercando di depistare i nemici. Una volta sulle Alpi, credendosi in salvo aveva ingerito il suo ultimo pasto e provato a curare le sue ferite. Ma alla fine venne stanato e aggredito. Dopo esser stato colpito dalla freccia che gli recise un’arteria, cadde a terra e batté la testa contro una roccia – o forse lo colpirono –, perse conoscenza e morì dissanguato.

 

Foto: SPL / Age Fotostock

Medicine e tatuaggi terapeutici

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Medicine e tatuaggi terapeutici

L’uso di piante medicinali era già comune tra i neanderthaliani, quindi non è strano che in due tasche della cintura di Ötzi vi fossero due pezzi di Piptoporus betulinus, un fungo di betulla noto per le sue proprietà antibatteriche. Per curare la ferita procuratosi nei giorni precedenti Ötzi aveva applicato sulla mano un muschio con proprietà curative. Ma il dettaglio più straordinario è la presenza di numerosi tatuaggi sul corpo dell’uomo, che potrebbero aver avuto fini terapeutici perché posti in corrispondenza delle articolazioni. Del resto, Ötzi soffriva di artrite. La mummia ha 61 tatuaggi suddivisi in vari gruppi, alcuni posti in strati profondi dell’epidermide. Tutti presentano forme geometriche riunite in due gruppi: per lo più si tratta di linee parallele, ma in alcuni casi ci sono anche delle croci. I tratti che compongono i disegni misurano tra gli 0,7 e i 4 centimentri.

I due tatuaggi che compaiono sul petto coincidono con il punto in cui sappiamo che Ötzi patì forti dolori perché predisposto a problemi cardiaci (aterosclerosi). Per realizzare i tatuaggi s’incideva la pelle e si strofinavano le ferite con polvere di carbone. Non sappiamo se avessero fini estetici o terapeutici, ma non si può scartare l’ipotesi di un qualche misterioso significato religioso o simbolico.  

Nell’immagine, un tatuaggio a forma di croce vicino al ginocchio di Ötzi.

 

Foto: Robert Clark / Getty Images

Le origini dell'uomo dei ghiacci

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Le origini dell'uomo dei ghiacci

Il ritrovamento del cadavere di Ötzi ha permesso d’imparare molte cose sugli usi e costumi dei nostri antenati vissuti cinquemila anni fa, ma le origini geografiche di quest’uomo sono ancora incerte. Secondo alcuni, Ötzi proverrebbe forse dalla zona dell’attuale Toscana e non dall’est o dal nord del Tirolo, come creduto in un primo momento. Nel 2016, un quarto di secolo dopo la sua scoperta, uno studio esaustivo dell’ascia di rame rinvenuta vicino al cadavere ha rivelato che la proporzione di isotopi del piombo coincide con quella dei filoni di rame presenti in alcune zone del territorio toscano. Bisogna tenere presente che Ötzi visse nell’Età del rame, un periodo tra il Neolitico e l’Età del bronzo in cui gli uomini divennero sempre più sedentari, organizzandosi in comunità complesse che vivevano di allevamento, agricoltura e commercio. È stato suggerito che Ötzi non debba essere necessariamente vissuto in Toscana, ma che piuttosto l’ascia di rame potrebbe essere giunta nelle sue mani in seguito ad alcuni baratti.  

Nell'immagine, ascia di rame di Ötzi. L'oggetto indica che l'uomo dei ghiacci aveva un certo status nella sua comunità.

 

Foto: Kenneth Garrett

Ötzi, l'uomo dei ghiacci

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