Novembre 1914, Fiandre. Saliente di Ypres settore del fronte occidentale. La guerra mondiale scoppiata nella precedente estate sta inchiodando i soldati nelle trincee in questa regione del fronte belga. I combattimenti sono durissimi e costano cifre impronunciabili in termini di morti e feriti. Inglesi, francesi e belgi sfidano le mitragliatrici tedesche. All'ordine del giorno è la lotta corpo a corpo, Fritz contro Tommies e Poilus (epiteti rispettivamente per tedeschi, inglesi e francesi), masse di uomini lanciate contro fili spinati nemici per conquistare pochissimi metri di terreno che al successivo assalto sono spesso nuovamente perduti. In alcuni casi le trincee nemiche distano fra loro solo poche decine di metri. L'avversario lo si può vedere e sentire distintamente. La terra di nessuno frapposta tra le due prime linee è una distesa di crateri creati dalle esplosioni e di cadaveri insepolti. In pochi mesi di ostilità si passa da guerra breve a guerra di posizione e logoramento.
Nella regione di Ypres i primi mesi di conflitto sono particolarmente intensi. Le zone dei villaggi di Saint-Yvon, Comines e Ploegsteert sono letteralmente martellate, come il settore di Ploegsteert Wood. La devastazione è tale che suscita impressione anche fra i combattenti stessi: «Immagina un’ampia fascia larga una quindicina di chilometri – scrive un maggiore inglese in una lettera ad un amico – letteralmente cosparsa di cadaveri, in cui fattorie, villaggi e cascinali sono mucchi informi di macerie annerite. Sarà una lunga guerra, nonostante che dall’una e dall’altra parte ogni singolo uomo desideri che cessi all’istante». L’autore è Valentine Flemining, ufficiale e deputato conservatore; l’amico a cui scrive è Winston Churchill, suo collega parlamentare che combatterà nel 1916 in quei luoghi e nel 1940 diventerà primo ministro britannico. La lettera di Fleming suscita in Churchill una riflessione che pare quasi premonitrice di quello che accadrà di lì a un mese: «Che cosa succederebbe – confida in una lettera alla moglie – se gli eserciti improvvisamente e simultaneamente incrociassero le braccia e dicessero che occorre trovare qualche altro modo per dirimere la questione?». I fatti del dicembre 1914 non dirimeranno la "questione", ma mostreranno cosa accade se due eserciti spontaneamente e improvvisamente incrociano le braccia.
Copertina della rivista 'The illustrated London News'. L'illustrazione mostra un soldato tedesco che si avvicina alla trincea inglese con una lanterna a forma di albero di Natale. 1914
Foto: Mary Evans P.L. / Cordon Press
Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale
Nel dicembre 1914, mentre i combattimenti proseguono e la pace sembra essere un miraggio, l’approssimarsi del primo Natale di guerra è l’occasione per promuovere almeno una tregua nel periodo natalizio. È Papa Benedetto XV che avanza la proposta. Il 7 dicembre scrive ai governi delle potenze belligeranti: «I cannoni possano tacere almeno nella notte in cui gli angeli cantano». La richiesta è respinta, come accadrà anche nell’agosto del 1917, quando il pontefice chiederà di porre nuovamente fine alle ostilità definendo la guerra “un’inutile strage”. Ma dove non arrivano i governi e i comandi supremi arrivano i soldati inchiodati nel fango delle trincee. Così, la notte della vigilia di Natale, accade qualcosa di incredibile. Nella prima linea tedesca, proprio nelle zone circostanti Ypres, dove gli scontri sono stati particolarmente cruenti sino a pochi giorni prima, alcuni soldati espongono specie di decorazioni natalizie luminose. Le luci dei tedeschi attirano l’attenzione di una vedetta inglese, che annota nel suo diario: «Mentre osservavo il campo, i miei occhi hanno colto un bagliore nell’oscurità. A quell’ora della notte una luce nella trincea nemica è una cosa così rara che ho passato la voce. Non avevo ancora finito che lungo tutta la linea tedesca si è accesa una luce dopo l’altra». Il fante inglese sta per essere testimone di un qualcosa d’impensabile. Nei tratti dove le prime linee distano solo poche decine di metri fra loro ecco che riecheggiano con spiccato accento tedesco le parole: «Soldato inglese, soldato inglese, buon Natale! Buon Natale!».
È l’inizio di una tregua spontanea animata solo dalla voglia dei combattenti di cessare il fuoco almeno nel giorno di Natale, la cui importanza accomuna tutti i contendenti. Non è stato, infatti, stipulato nessun accordo fra i comandi e men che meno nessun dialogo diplomatico o missione esplorativa ha avuto luogo. Eppure comincia uno scambio di auguri gridati da una trincea all’altra. Così, prima con un pò di diffidenza, poi con una certa timidezza, alcuni soldati tedeschi escono senza armi dalle loro trincee e quasi come una reazione istintiva lo stesso fanno alcuni inglesi (in alcuni settori pure francesi e belgi). Attraversano la terra di nessuno, scavalcano buche, reticolati e i corpi insepolti dei rispettivi compagni e s'incontrano gli uni di fronte agli altri nel mezzo. È una sorta di miracolo. Nemici acerrimi che in questi mesi di guerra non si sono risparmiati violenza si guardano ora negli occhi. Ci sono timide strette di mano, poi il gesto è contagioso e sempre più soldati s’incontrano nella terra di nessuno, si stringono mani, si scambiano sorrisi, si prova a comunicare. Qualche ufficiale che parla tedesco prova a fare da interprete, ma il linguaggio della spontaneità supera ogni barriera.
Soldati inglesi e tedeschi celebrano insieme, in pace, il Natale del 1914 incontrandosi in terra di nessuno. 25 dicembre 1914
Foto: Mary Evans P.L. / Cordon Press
«Uno dei più straordinari spettacoli che chiunque abbia mai potuto vedere»
«Questo odio, tutto questo spararsi a vicenda che è andato crescendo dall’inizio della guerra – annota un soldato inglese – si è spento e si è fermato a causa del Natale». Fra i britannici combatte anche il capitano Bruce Bairnsfather, noto fumettista e caricaturista molto in voga in quegli anni. Esce dalla trincea e con un gruppo di uomini va incontro ai tedeschi. È la prima volta che li vede così da vicino. Si taglia un bottone dalla giacca e lo scambia con quello di un ufficiale tedesco, mentre gli uomini si scambiano cioccolato, tabacco, sigarette e cibo, alcuni addirittura il loro elmetto e cappello. Vi è persino un mitragliere che fa il barbiere nella vita civile e si presta a tagliare i capelli a un tedesco: «Questi se ne stava pazientemente inginocchiato per terra – scrive Bairnsfather – mentre la macchinetta gli rapava la nuca». Ma è la testimonianza del tenente inglese Alfred Dougan Chater che forse meglio descrive l’atmosfera di quei momenti. Come molti altri soldati di entrambi gli schieramenti, Chater racconta in una lettera a casa quello che è accaduto il giorno di Natale: «Penso di aver assistito ad uno dei più straordinari spettacoli che chiunque abbia mai potuto vedere. Verso le 10 di stamattina stavo sbirciando sul parapetto quando ho visto un tedesco agitare le braccia e due di loro sono usciti dalle loro trincee e sono venuti verso i nostri. Stavamo per sparargli quando abbiamo visto che non avevano i fucili quindi uno dei nostri uomini è uscito per incontrarli e in circa due minuti il terreno tra le due linee di trincee era brulicante di uomini e ufficiali di entrambi i lati, che si stringevano le mani e si auguravano un felice Natale».
Chater stesso scavalca il parapetto della sua posizione e va incontro al nemico per stringere la mano a diversi di loro. «Da quello che ho intuito – conclude – la maggior parte di loro sarebbe ben felice di tornare a casa, come noi del resto. Per tutta la giornata nessuno ha sparato un colpo». Questa tregua improvvisata è pure l’occasione per organizzare brevi cerimonie funebri congiunte che permettono ai due schieramenti di seppellire i propri compagni caduti negli ultimi assalti e che giacciono ancora insepolti nella terra di nessuno. Le lettere dal fronte che giungono nelle case inglesi e tedesche sono a centinaia. I soldati stessi che le raccontano quasi stentano a credere a quello a cui hanno assistito e vissuto. «Prova soltanto a pensare che mentre tu stavi mangiando il tacchino – racconta un fante britannico alla sua famiglia – io stavo parlando e stringendo le mani agli stessi uomini che solo qualche ora prima stavo tentando di uccidere». Un altro racconta la sua meraviglia consapevole però che questa tregua avrà una fine: «Davvero avresti stentato a credere che eravamo in guerra. Eravamo lì, parlando insieme ai nemici. Sono proprio come noi: hanno madri, fidanzate, mogli che aspettano il nostro ritorno a casa. E pensare che fra qualche ora ricominceremo a spararci addosso di nuovo».
Questa illustrazione mostra soldati inglesi e tedeschi durante la tregua di Natale del 1914. 9 gennaio 1915
Foto: Mary Evans P.L. / Cordon Press
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La stampa, la partita di calcio e i comandi supremi
Nei giorni successivi al Natale, alcuni familiari di soldati stupefatti nel leggere i racconti inviati dai loro cari al fronte, portano le lettere nelle redazioni dei giornali per chiedere di pubblicarle. Comincia così una diffusione su larga scala di quello che è accaduto il giorno di Natale 1914 sul fronte occidentale e che passerà alla storia come la tregua di Natale. La stampa inglese pubblica quasi tutto, la censura è praticamente pari a zero. Tra le firme giornalistiche che raccontano questi eventi c’è persino Arthur Conan Doyle, celebre creatore di Sherlock Holmes, che evidenzia come gli avvenimenti del Natale sono una storia incredibile e meravigliosa che rappresenta quel lato che sembra essersi disciolto negli orrori della guerra. Alcuni giornali dedicano a questi eventi le loro prime pagine pubblicando pure le foto spedite dai soldati al fronte che ritraggono gli incontri nella terra di nessuno. Famosa rimane quella del Daily Mirror dell’8 gennaio 1915 che esce con una grande fotografia titolata: "Un gruppo storico: soldati britannici e tedeschi fotografati assieme". E in effetti la storia sta proprio passando di fronte a questi uomini, che con i loro gesti stanno contribuendo a scriverla. Diverse testimonianze menzionano addirittura di una partita di calcio giocata spontaneamente fra inglesi e tedeschi. Difficile però immaginare una partita di pallone. Piuttosto, come ha ipotizzato lo storico Modris Eksteins nel suo libro Rites of Spring: The Great War and the Birth of the Modern Age, è più probabile che i soldati abbiano preso a calci qualche lattina vuota di carne in scatola invece del pallone, anche a causa del terreno totalmente devastato dai crateri delle esplosioni. Ancora secondo Eksteins, questo avvenimento potrebbe poi essere stato ‘riscritto’ dai giornalisti descrivendolo come una partita di calcio.
Se la stampa inglese diffonde la notizia della tregua attraverso le parole dei soldati, diverso è l’atteggiamento di quella francese e tedesca, che invece non fanno quasi menzione dei fatti. Solo in rari casi i giornali riportano la notizia di questa fraternizzazione col nemico. Ma i documenti d’archivio, come diari di reggimenti, lettere private e scritti di soldati riportano in buon numero quella fraternizzazione franco-tedesca che avviene in quei giorni nei diversi settori del fronte occidentale. Come il diario di un reggimento tedesco dislocato nei pressi della Somme, altro luogo dove si sono consumati inenarrabili sacrifici di uomini, che racconta: «È quasi preoccupante l’effetto della straordinaria quiete lungo l’intero fronte». Totalmente opposta la reazione dei comandi supremi di tutti gli schieramenti che condannano furiosamente questa tregua. Come quella del generale John French, comandante del corpo di spedizione britannico, che ordina di cessare immediatamente «qualsiasi altra manifestazione del genere», intimando agli ufficiali di far scrupolosamente rispettare la disciplina. Il giorno di Santo Stefano, French emana addirittura uno specifico ordine del giorno con cui ordina letteralmente di: «Cessare attività così poco belliche». Facile immaginare le reazioni dei soldati a tale comando. French sarà poi sostituito nel dicembre 1915 a causa dei suoi inutili assalti frontali, che causarono la perdita di tantissime vite. Eppure anche fra i soldati semplici c’è qualcuno in disaccordo con questa tregua spontanea. Così, mentre a Ploegsteert Wood va in scena la fraternizzazione anglo-tedesca, un caporale tedesco dislocato nei pressi di Ypres, quando apprende la notizia di questi fatti si chiede con sdegno sul suo diario: «Che fine ha fatto l’onore dei tedeschi?». Il suo nome è Adolf Hitler e i suoi scritti saranno pubblicati nel 1925 col titolo di Mein Kampf.
La tregua di Natale dura poco. A entrambi gli schieramenti giungono ordini perentori affinché gli uomini rientrino nelle rispettive trincee. La rassegnazione per il ritorno alla "normalità" della guerra emerge dai diari dei soldati. Il fante George Eade annota: «Un tedesco mi sussurrò: oggi abbiamo avuto la pace, tu combatterai per il tuo Paese e io per il mio. Buona fortuna». Più dettagliato il racconto del capitano medico inglese James Dunn: «Alle 8.30 sparai tre colpi in aria e issai una bandiera con la scritta "Buon Natale", mi sporsi dal parapetto per controllare la situazione. Un capitano tedesco apparve con un cartello con scritto "Grazie anche a voi". Ci salutammo con un inchino e tornammo giù ognuno nella propria trincea. L’ufficiale tedesco sparò due colpi in aria. La guerra era di nuovo cominciata».
La partita "di calcio" tra soldati inglesi e tedeschi il 25 dicembre 1914 divenne la copertina del settimanale 'The graphic'
Foto: Mary Evans P.L. / Cordon Press
Per saperne di più:
La tregua di Natale. Lettere dal fronte. Del Bono Alberto, Siciliano Thais, Lindau, 2019.
La piccola pace nella grande guerra. Fronte occidentale 1914: un Natale senza armi. Jürgs Michael, Il Saggiatore, 2005.
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