Nat Turner: lo schiavo che si ribellò nel nome di Dio

Nel 1831 uno schiavo della Virginia, dopo aver avuto una visione in cui Dio gli ordinava di lottare per la sua libertà, seminò il terrore nelle piantagioni dei suoi padroni

Lo schiavismo nel sud degli Stati Uniti è stato generalmente considerato un regime brutale e disumano. Ma, allo stesso tempo, un sistema apparentemente stabile, nel quale i proprietari delle piantagioni avevano la situazione sotto controllo. In realtà, gli schiavi neri non si rassegnarono mai completamente al proprio destino e furono protagonisti di azioni di resistenza di ogni tipo, anche violente.

Prima della guerra di secessione (1861-1865) si registrarono vari tentativi di ribellione da parte di schiavi, come quelli di Gabriel Prosser nel 1800 e di Denmark Vesey nel 1822. Ma la rivolta più grande fu senza dubbio quella avvenuta nel 1831 nella contea di Southampton, in Virginia, capeggiata da uno schiavo di 31 anni di nome Nathaniel “Nat” Turner. Su questo episodio esiste una fonte importante: un opuscolo di 24 pagine in cui l’avvocato Thomas R. Gray raccolse le “confessioni” di Nat Turner prima che questi fosse processato e condannato a morte per la sua ribellione. Gray non era un testimone imparziale, come si può evincere dall’introduzione dell’opuscolo: «Mentre apparentemente in quella società si respirava un’aria di calma e di pace, […] nelle oscure profondità della mente di un funesto fanatico [Nat Turner] ribollivano piani atroci e sanguinari per uccidere indiscriminatamente i bianchi». Una dichiarazione finale certificava che il detenuto riconosceva la veridicità di quanto esposto.

'Le confessioni di Nat Turner'. Copertina di un'edizione del 1832

'Le confessioni di Nat Turner'. Copertina di un'edizione del 1832

Foto: Everett Collection / Alamy / Aci

Nat Turner era nato nella piantagione di Benjamin Turner, nella contea di Southampton (Virginia), il 2 ottobre del 1800. La madre, Nancy, una schiava giunta dall’Africa, aveva inculcato al figlio, fin dall’infanzia, il desiderio di libertà. Stava quasi per uccidere il neonato subito dopo il parto, per evitargli la triste vita dello schiavo. Fu per bocca della madre che Nat ascoltò per la prima volta quello che ci si attendeva da lui: essere un profeta. Questa convinzione cominciò a prendere forma nel momento in cui, a tre o quattro anni, Nat iniziò a narrare avvenimenti del passato. «Dio mi aveva mostrato cose che erano accadute prima della mia nascita», avrebbe dichiarato. Turner imparò a leggere e a scrivere con facilità. Con gran stupore della sua famiglia, un giorno afferrò uno dei libri che gli porgevano perché smettesse di piangere e iniziò a sillabare i nomi degli oggetti che apparivano sulle pagine. Il piacere della lettura e i forti sentimenti religiosi dimostrati fin da giovane lo spinsero a diventare predicatore nella piantagione. A 21 anni, mentre leggeva ossessivamente la Bibbia e digiunava per rafforzare lo spirito, Turner cominciò ad avere visioni e a pensare che Dio si rivolgesse a lui con segni e voci, come aveva fatto con i profeti dell’Antico Testamento, annunciandogli la prossima liberazione. Durante la sua breve vita, Nat Turner ebbe vari padroni. Alla morte di Benjamin Turner, nel 1810, passò in mano a suo fratello, Samuel. Nel 1822, quando questi morì, Nat divenne proprietà della sua vedova, Elizabeth, e un anno più tardi del nuovo marito di questa, Thomas Moore. Al momento della rivolta Nat era schiavo di Joseph Travis, con cui si era risposata la seconda moglie di Moore dopo essere rimasta a sua volta vedova. C’è un’unica testimonianza sulle relazioni che aveva con i suoi proprietari, secondo la quale in un’occasione Nat venne bastonato «per aver detto che i negri dovevano essere liberi e che prima o poi lo sarebbero stati».

Segni dal cielo

Il carattere visionario di Turner continuò ad accentuarsi. Si sentiva guidato dallo Spirito Santo e fu testimone di vari miracoli, che si materializzavano in uno scintillio di luci nel firmamento. Dopo ferventi preghiere, mentre lavorava nei campi notò delle «gocce di sangue sul mais, come se fosse brina caduta dal cielo», e riconobbe nelle «foglie degli alberi del bosco dei caratteri geroglifici e dei numeri sotto forma di uomini in atteggiamenti differenti, ritratti con il sangue». Questi ultimi rappresentavano gli spiriti neri e bianchi che aveva visto lottare in una precedente apparizione. La rivelazione definitiva l’ebbe dopo l’eclissi di sole dell’11 febbraio del 1831, che interpretò come un invito divino, impossibile da ignorare, alla ribellione.

Alla mezzanotte del 22 agosto Turner e il suo gruppo scatenarono quella che sarebbe stata la rivolta più cruenta conosciuta dal sud schiavista, per quanto irrimediabilmente condannata al fallimento dalla mancanza di mezzi e di disciplina. Lui e i suoi quattro seguaci iniziarono a uccidere a colpi d’ascia i membri della famiglia Travis, mentre questi ultimi dormivano. Quindi intrapresero una scorribanda per la contea di Southampton che li portò a saccheggiare altre 16 case, uccidendo tutti i bianchi che trovavano sul loro cammino. Contemporaneamente, liberavano gli schiavi che si univano alla rivolta. Quando l’esercito pose fine alla sommossa gli insorti erano quasi cinquanta e le loro vittime una sessantina tra donne, uomini e bambini.

In un’incisione d’epoca intitolata 'Horrid Massacre in Virginia' una madre supplica che siano risparmiati i suoi figli, Turner uccide il suo padrone e un uomo bianco si batte per salvare sé stesso e la moglie

In un’incisione d’epoca intitolata 'Horrid Massacre in Virginia' una madre supplica che siano risparmiati i suoi figli, Turner uccide il suo padrone e un uomo bianco si batte per salvare sé stesso e la moglie

Foto: Fotosearch / Getty Images

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Controffensiva

Dopo due giorni di panico le rappresaglie da parte della popolazione bianca non si fecero attendere. Quasi duecento neri furono trucidati per vendetta. Nat Turner, che era fuggito nei boschi, venne catturato nove settimane più tardi, il 20 ottobre, dall’agricoltore Benjamin Phipps, che lo scoprì nascosto in un fosso.

Il fuggitivo venne accusato di incitazione alla ribellione e partecipazione alla rivolta. Dopo essere stato processato, il 5 novembre di quello stesso anno Turner venne condannato all’impiccagione. Prima di essere giustiziato gli fu chiesto se fosse pentito delle atrocità che aveva commesso. Mostrando nuovamente la sua convinzione di essere un messo del Padre Eterno, Turner rispose: «Non è forse stato crocifisso anche Nostro Signore?».

L’11 novembre il capo ribelle e altri 16 schiavi furono impiccati. Ma al cadavere del leader fu riservato un destino diverso da quello dei suoi compagni. Fu decapitato e la sua testa venne esposta a mo’ di cimelio. Il corpo fu scuoiato e la pelle utilizzata per fabbricare borse e portamonete. Le parti del tronco e degli arti non utilizzate per ricavarne grasso vennero fatte a pezzi e conservate come un macabro ricordo. Il poco che restò fu sepolto con la stessa solennità che si sarebbe potuta riservare ai resti di un animale pericoloso.

Con questo trattamento, il sud lasciava una testimonianza indelebile del castigo che aveva inflitto al nero ribelle.

La vendita di schiavi rappresentò una fiorente attività per tutto il XIX secolo. I proprietari vendevano gli schiavi in edifici come quello della foto, nella cittadina di Alexandria, il secondo mercato del Paese

La vendita di schiavi rappresentò una fiorente attività per tutto il XIX secolo. I proprietari vendevano gli schiavi in edifici come quello della foto, nella cittadina di Alexandria, il secondo mercato del Paese

Foto: Alamy / Aci. Color: Santi Pérez

La memoria dilaniata

La verità su Turner e sulle reali motivazioni della rivolta contro il regime schiavista venne smembrata fin da subito, come il suo corpo. Il racconto di Gray nelle Confessioni di Nat Turner rivela il profondo bagaglio ideologico dell’avvocato della Virginia.

Facendo di Turner "il Grande Bandito", a capo di una "banda feroce", che supplica di essere risparmiato dopo essere stato catturato senza aver opposto resistenza, Gray stava negando l’esistenza di una relazione tra la rivolta e altri movimenti e personaggi contemporanei impegnati nella lotta contro la schiavitù.

Analogamente, la storiografia ufficiale statunitense descrisse la ribellione come l’atto isolato ed eccezionale di un pazzo, una lotta melodrammatica in cui le azioni di un criminale erano private di qualsiasi significato politico. Gli afroamericani, invece, conservarono un ricordo positivo di Nat Turner, che ribattezzarono Ol’ Prophet Nat, “il Vecchio Profeta Nat”. Furono proprio gli storici afroamericani a restituire a Turner e agli altri ribelli la loro dignità.

Questo nuovo sguardo avrebbe permesso una riscrittura della storia degli Stati Uniti che implicava il recupero dei frammenti sparsi dell’identità di questi emuli neri di Spartaco.

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