Il 22 gennaio del 1564 il principe Carlo, primogenito di Filippo II di Spagna, stava assistendo alla dissezione di un cadavere nella facoltà di Medicina dell’Università di Alcalá. Forse, com’era consuetudine, il principe Carlo confrontava quello che vedeva con le sbalorditive illustrazioni del famoso libro di anatomia di Andrea Vesalio: è noto, infatti, che ne possedeva un esemplare.
Ritratto dell’anatomista Andrea Vesalio, realizzato quando aveva 28 anni. Il cadavere accanto a lui è di una donna. Incisione contenuta nel De humani corporis fabrica. 1543
Foto: Bridgeman / Aci
Non deve sorprendere che l’erede del maggiore impero del mondo assistesse a una dimostrazione anatomica – né che sfogliasse un’opera di Vesalio –, perché allora, in pieno Rinascimento, l’anatomia andava di moda. Infatti, era diventata la branca più famosa della medicina e, come se questo non bastasse, era anche una delle discipline più importanti per la formazione degli artisti. Tutto ciò era frutto della nuova mentalità rinascimentale.
Il corpo, un libro divino
Cos’era l’uomo? Che posto occupava nel cosmo? Le risposte che gli umanisti del Rinascimento diedero a questi interrogativi erano più ottimistiche rispetto a quelle che avevano dato i pensatori medioevali. Nel corso del Rinascimento l’attenzione si era infatti spostata da Dio all’uomo, visto come immagine del Creatore.
Lezione medievale di anatomia. Illustrazione del Fasciculus medicinae, di J. de Ketham. 1491
Foto: Granger / Album
Da un lato, ciò aveva dato maggiore importanza al lavoro degli artisti, perché la bellezza nell’arte era riflesso della bellezza divina. Dall’altro, aveva promosso lo studio dell’uomo attraverso la medicina e l’anatomia: sezionare il corpo, infatti, sarebbe stato come sfogliare le pagine del libro che conduce a Dio.
Fu per questa ragione che anche pittori e scultori iniziarono a studiare l’anatomia umana, per poter mostrare più fedelmente possibile com’era fatto l’uomo. Non a caso maestri del calibro di Leonardo da Vinci o di Michelangelo Buonarroti assistevano alle dissezioni. Questo non significa che durante il Medioevo non si sezionassero cadaveri umani. E non significa nemmeno che la Chiesa cattolica, o più concretamente l’Inquisizione, proibisse questa pratica. Al contrario, nelle facoltà di medicina era pratica comune analizzare i corpi dei criminali che erano stati giustiziati.
Tuttavia, il nuovo, approfondito interesse per il corpo umano fece sì che quella delle dissezioni, pubbliche e private, diventasse una pratica ben più diffusa, nonché relativamente frequente. Vesalio fu capace di incarnare tutte le trasformazioni vissute dall’anatomia: da una parte la nuova vocazione pubblica di questa scienza; dall’altra, la sua fusione con l’arte.
Ispirandosi al frontespizio della Fabrica, Édouard Hamman rappresentò così Vesalio nel 1859. Musée des Beaux-Arts, Marsiglia
Foto: Bridgeman / Aci
All’ombra della forca
Andrea Vesalio era nato a Bruxelles l’ultimo giorno del 1514 da una famiglia proveniente dalla località renana di Wesel e il cui cognome originale era Wytinex. Probabilmente dal paese natale, com’era in uso all’epoca, prese il nome di Andreas de Wesel, che poi divenne Vesalius in latino e Vesalio nella traduzione italiana.
Il nonno, il bisnonno e il trisavolo erano stati medici presso la casa di Borgogna e così erano diventati nobili. Ciononostante, al padre, forse per l’origine bastarda, era stata preclusa la professione e si era dovuto accontentare di fare il farmacista al servizio di Carlo V (duca di Borgogna, re di Spagna e imperatore del Sacro Romano Impero).
Questo fatto dovette influire sul carattere di Vesalio, che probabilmente non voleva dimostrarsi da meno dei suoi antenati. Forse venivano da lì il suo desiderio di superamento e quell’individualismo che lo portò a essere, in un certo senso, un autodidatta dell’anatomia.
Tavola dell’Epitome, versione ridotta della Fabrica di Vesalio. Si può vedere uno scheletro praticamente privo di muscolatura e, a terra, un occhio e il cervelletto. 1543. Università di Cambridge
Foto: Cambridge University Library
Fin da bambino Vesalio si divertiva a sezionare piccoli animali e a creare collezioni di storia naturale. Su una collina dietro casa sua c’era un patibolo per i criminali. I cadaveri venivano lasciati appesi alla forca finché l’azione del tempo e gli uccelli rapaci non li trasformavano in scheletri. Questo probabilmente gli consentì di familiarizzare con le ossa umane.
A 16 anni, nel 1530, intraprese a Lovanio gli studi universitari, che gli consentirono di padroneggiare il greco e il latino: in quest’ultima lingua avrebbe scritto le sue opere di anatomia. Nel 1533 Vesalio si trasferì all’università di Parigi, la Sorbona, nella cui facoltà di medicina si studiava un’anatomia per lo più teorica, ma veniva incoraggiata anche la pratica delle dissezioni. Vesalio ne eseguì molte, sia di pubbliche che di private. Per questo motivo era un ospite assiduo del cimitero degli Innocenti e del patibolo di Montfaucon, dove si procurava i cadaveri. Nel 1536, attratto dalla fama dell’anatomia che si studiava a Padova, si trasferì nella locale facoltà di medicina, dove il 5 dicembre del 1537 divenne dottore. Il giorno seguente, dopo aver condotto una brillante dissezione, fu nominato professore di chirurgia.
Anfiteatro anatomico completato nel 1595 nell’Università di Padova. Prima, ai tempi di Vesalio, chi assisteva a una dissezione la osservava da tribune mobili
Foto: Aldo Pavan / Fototeca 9x12
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Toccate voi stessi
A Padova Vesalio visse i suoi anni di gloria. Divenne uno dei migliori sezionatori del mondo e diede una straordinaria svolta all’insegnamento dell’anatomia. In primo luogo, era lui stesso a praticare le dissezioni, mentre incoraggiava gli alunni stretti attorno a lui a fidarsi meno dei testi degli autori antichi, come Galeno, e più dei propri sensi: «Toccate voi stessi, con le vostre mani, e abbiate fiducia in loro» raccomandava. In secondo luogo, Vesalio lanciò un nuovo e spettacolare procedimento per insegnare anatomia: il disegno. Eseguì sei tavole anatomiche, accompagnate da didascalie sulle vene, l’aorta e lo scheletro, che furono pubblicate nel 1538. Queste tavole rappresentavano il germe del suo capolavoro: il De humani corporis fabrica (Sulla struttura del corpo umano), uscito nel 1543. I disegni di Vesalio coprono tutta l’anatomia umana: ossa e cartilagini, muscoli e legamenti, apparato circolatorio, nervi, organi addominali e genitali, torace, cervello e organi di senso.
Il libro ebbe un enorme successo perché non esisteva niente di simile: grazie all’uso della prospettiva, Vesalio riuscì a dotare le sue illustrazioni di movimento. Per la prima volta era possibile osservare i disegni anatomici in tre dimensioni, il che risultò particolarmente utile a medici e artisti. Vesalio era un grande anatomista, ma passò alla storia per aver fatto dell’anatomia la regina delle scienze e una delle belle arti. Il libro fu molto apprezzato per le sue incomparabili immagini – opera di pittori della scuola di Tiziano, come Johannes Stephan van Calcar –, ma non per i suoi testi, scritti in un latino farraginoso.
Un cervello in mostra. Tavola della Fabrica di Vesalio
Foto: Corbis / Getty Images
In ogni caso, va ricordato che, a differenza di ciò che si è più volte sostenuto, Vesalio non ruppe con l’anatomia di Galeno. Questo medico greco, che visse nel II secolo d.C. e fu al servizio di vari imperatori romani, era il maggior anatomista dell’antichità. In realtà i suoi contributi si basavano sulla dissezione di animali (soprattutto scimmie, per la loro somiglianza con l’uomo) e sulla vivisezione, da cui trasse osservazioni che poi applicò al corpo umano.
Quando Vesalio studiò Galeno, nonostante fosse consapevole del fatto che il medico greco non aveva mai effettuato una dissezione di un corpo umano, ne apprezzò comunque la grande esperienza e la straordinaria conoscenza acquisita grazie allo studio dell’anatomia animale. Vesalio stesso, inoltre, si dedicava anche allo studio di altre specie. In varie illustrazioni della Fabrica dedicate alla muscolatura umana, per esempio, appaiono muscoli di cane. E, come aveva fatto Galeno 1200 anni prima, anche Vesalio vivisezionò una scrofa per poterne studiare le funzioni vitali.
A partire dal 1543 è come se Vesalio avesse perso la sua ispirazione anatomica. Divenne medico di Carlo V e nel 1559 entrò al servizio di Filippo II, ma il suo lavoro si limitò al personale fiammingo della corte. Probabilmente non si trovava bene presso i reali spagnoli, perché nel 1564 lasciò l’incarico per recarsi in Terra Santa, per motivi non del tutto chiari. Si è parlato di una specie di depressione. In ogni caso, Vesalio arrivò a Gerusalemme, ma si ammalò durante il viaggio di ritorno.
Morì il 2 ottobre dello stesso anno, al suo arrivo sull’isola greca di Zante. Qui fu sepolto nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, che in seguito fu distrutta da un terremoto.
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