Merit Ptah e Peseshet, prime donne nella scienza

Le loro storie s’intrecciano in Egitto durante l’Antico regno: entrambe "guaritrici", furono probabilmente la stessa persona, già 4000 anni fa testimone dell’emancipazione femminile

L’11 febbraio è la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Istituita dall’ONU nel 2015 per combattere stereotipi e pregiudizi di genere, riporta alla mente i volti di scienziate e studiose vissute tra XIX e XX secolo, da Marie Curie a a Rita Levi-Montalcini. Più si cerca di risalire i secoli, più i nomi femminili sembrano diradarsi, così come il numero di donne impegnate in ruoli e mansioni di prestigio. Per risalire alle pioniere della scienza occorre tornare indietro di quasi cinquemila anni.

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La prima donna medico riconosciuta nella storia si chiama Merit Ptah. Il suo nome significa “amata da Ptah”, il dio creatore di tutte le cose, patrono di artigiani e architetti. Visse probabilmente 2700 anni prima di Cristo: la sua identità e la sua esistenza sono tuttora oggetto di discussione, ma i pochi dettagli pervenutici aprono lo sguardo sulla condizione della donna nell’antico Egitto, che in molti casi godeva di un’emancipazione straordinaria per l’epoca.

Ptah, il creatore del mondo. Affresco proveniente dalla tomba di Nefertari. XIII secolo a.C. Valle delle Regine, Egitto

Ptah, il creatore del mondo. Affresco proveniente dalla tomba di Nefertari. XIII secolo a.C. Valle delle Regine, Egitto

Foto: Rue des Archives / Cordon Press

L'arte di guarire

Le discipline scientifiche – in particolare la fisica, la medicina e l’astronomia – riscuotevano interesse e prestigio nella terra del Nilo. Nel Periodo tardo, alcuni medici egizi prestarono servizio presso la corte degli imperatori persiani. I fisici egiziani (swnw, pronunciato "sōnō") erano considerati curatori professionali, la cui fama valicava i confini del regno. Le pratiche mediche erano strettamente legate alla tradizione e spesso sconfinavano nella magia: l’uso di unguenti e pozioni a base di piante officinali era accompagnato da litanie o riti propiziatori, necessari a guadagnare il favore degli dei.

La figura sulla destra del rilievo è Imhotep, un medico egizio rappresentato con i suoi strumenti chirurgici

La figura sulla destra del rilievo è Imhotep, un medico egizio rappresentato con i suoi strumenti chirurgici

Foto: Cordon Press

Nell’arco di 2500 anni – tra l’Antico regno e il Periodo tardo – si contano circa 150 curatori riconosciuti. Tra questi c’è Peseshet, vissuta durante la quarta dinastia dell’Antico regno (2620-2500 a.c.) e riconosciuta come “somma medica” e “responsabile delle guaritrici”. Ciò lascia intendere che non fosse l’unica, anche se è la prima di cui si ha una testimonianza tangibile: il suo nome compare nella tomba del figlio Akhet-Hetep, ufficiale del regno della IV dinastia sepolto a Saqqara nel 2400 a.C. Sulla stele dedicata alla madre si legge: «Ha raggiunto un’età molto avanzata conquistando onore di fronte al grande dio».

Una rappresentazione di Merit Ptah, considerata come la prima medica egizia, ma che sembra sia incorsa in uno scambio d'identità

Una rappresentazione di Merit Ptah, considerata come la prima medica egizia, ma che sembra sia incorsa in uno scambio d'identità

Foto: Pubblico dominio

Scambio di persona

In un articolo pubblicato sul Journal of the History of Medicine and Allied Sciences, lo storico della medicina Jakub M.K. Wiecinski suggerisce l’ipotesi di uno scambio di persona. Come sottolinea lo studioso, Merit Ptah non compare nelle liste dei guaritori né degli amministratori dell’antico Egitto. L’errore risalirebbe all’inizio del XX secolo, quando nel 1938 la ginecologa e attivista Kate Campbell Hurd-Mead pubblicò il trattato A History of Women in Medicine: From the Earliest of Times to the Beginning of the Nineteenth Century.

Kate Campbell Hurd-Mead (1867-1941), ginecologa, im una fotografia di fine ottocento

Kate Campbell Hurd-Mead (1867-1941), ginecologa, im una fotografia di fine ottocento

Foto: Pubblico dominio

Frutto di anni di ricerca tra Europa, Asia e Africa, lo studio mirava a riabilitare la figura femminile nella medicina, ripercorrendo le storie di donne che nei secoli avevano dato il proprio contributo in questo campo. Nel suo lavoro, Hurd-Mead indicò Merit Ptah come la prima dottoressa della storia, aggiungendo che fu madre di un personaggio di alto rango sepolto nella Valle dei Re. L'iscrizione trovata nella tomba cita effettivamente la madre chiamandola "Merit Ptah", ma probabilmente non si trattava di un nome proprio, bensì di un appellativo ("amata dal dio Ptah"). C'è comunque da considerare che Merit Ptah era un nome esistente e diffuso nell'antico Egitto (ad esempio, era il nome della moglie di Ramose, governatore di Tebe sotto il faraone Akhenaton).

Tuttavia, come sottolineato da Kwiecinski, di Merit Ptah non c'è traccia documentata: la citazione di Hurd-mead deriva probabilmente da un libro consultato dalla studiosa, che associa il suo nome alla figura di Peseshet (la quale visse duecento anni più tardi). Per questo lo studiosa ha ipotizzato che si sia trattato di uno scambio d’identità. Ciò non toglie importanza al messaggio incarnato da queste figure, che a distanza di secoli riportano l’attenzione su un modello di parità di genere paragonabile a quello sviluppato nell’epoca moderna.

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Emancipazione d'altri tempi

Nell’Antico regno la donna godeva di una condizione privilegiata per l’epoca, equiparabile a quella maschile sia dal punto di vista giuridico sia sociale. Ciò si verificava specialmente nelle classi medio-alte della società, e in particolare nei lunghi periodi di stabilità monarchica. La suddivisione delle mansioni professionali si basava in parte sul genere: la donna era dedita alla cura della casa e della persona (per esempio, i figli dei re erano esclusivamente accuditi da nutrici appartenenti alla nobiltà), ma ciò non escludeva occupazioni di altro tipo, in ambito artigianale e commerciale.

Lo stesso vale per il Medio regno, in cui si contano almeno quattro donne scriba (quindi istruite), mentre tra i dipinti che decorano il tempio di Karnak non è raro scorgere sacerdotesse impegnate in pratiche religiose, anche se le pratiche pubbliche ed amministrative rimanevano una prerogativa maschile. Come ricorda Bernadette Menu nel saggio La condition de la femme dans l'Egypte pharaonique, le donne appartenenti al ceto medio potevano lavorare in autonomia come artigiane, possedere beni, terreni e proprietà, che potevano vendere o comprare senza bisogno della mediazione di un uomo. Nonostante il ruolo ideale della donna fosse quello di sposa, i diritti della consorte perduravano anche dopo il matrimonio, cosi come la possibilità di disporre dei propri averi, che potevano riacquistare in caso di divorzio.

Rilievo in arenaria di una sacerdotessa egizia. Brooklyn Museum

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Foto: Pubblico dominio

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Non un passo indietro

La condizione della donna si riscontra anche nell’espressione artistica del popolo egizio, sublimata nella decorazione di palazzi e tombe giunte fino ai giorni nostri. Al di là dei caratteri somatici legati al sesso, le figure maschili e femminili hanno dimensioni pressoché identiche: si distinguono piuttosto per il colore della pelle (più chiara per le donne e più scura per gli uomini) che allude alle diverse mansioni quotidiane. Spesso raffigurati in coppia (la famiglia era più pilastro della società egizia) non è raro scorgere la donna proteggere e abbracciare l’uomo, quasi volesse accompagnarlo, ma senza stare un passo indietro.

Pittura murale di una tomba della XVIII dinastia in cui marito e moglie si abbracciano

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Foto: Cordon Press

L’autonomia femminile che caratterizza l’antico Egitto persiste fino alle prime conquiste persiane e macedoni. La successiva contaminazione culturale porterà la donna a ruoli di secondo piano, allontanandola dalla scienza e dalla possibilità di ritagliarsi spazio tra i nomi di chi tramanda la storia. Personaggi come Merit Ptah e Peseshet ricordano un passato diverso: al netto del qui pro quo che caratterizza la loro vicenda, ricordarle permette di non perdere il filo tra le donne che nella storia hanno servito la scienza e il progresso. Anche per questo l’Unione astronomica internazionale ha dedicato a Merit Ptah un cratere del pianeta Venere, per ricordare a tutte le donne l’importanza di puntare in alto.

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