La Rivoluzione francese fu uno di quegli eventi che cambiano la storia. Si sviluppò come un avvenimento corale, a cui parteciparono uomini e donne di diverse classi sociali e con visioni del futuro spesso divergenti, che in questa trasformazione epocale diventarono protagonisti, esercitando quella che oggi viene definita “cittadinanza attiva”. Fra di loro ci fu madame de Roland, instancabile paladina della fazione dei girondini.
Madame de Rolande con indosso la cuffia girondina
Foto: Pubblico dominio
Intellettuale precoce
Marie-Jeanne Philipon, detta Manon, nacque il 17 marzo 1754 da una famiglia della borghesia parigina. Il padre si chiamava Pierre-Gatien Philipon ed era incisore, mentre il nome della madre era Marie-Marguerite Bimont. La coppia ebbe sette figli, ma Manon fu l'unica a superare l'infanzia. Secondo il costume dell'epoca, la piccola venne affidata a una balia per i primi due anni, prima di rientrare in famiglia. Cominciò così la sua vita a Parigi, in quai de l'Horloge, vicino a Pont-Neuf. Qui respirò l'aria della bottega artistica del padre, che ne stimolò e assecondò l'insaziabile curiosità. Se dalla madre imparò a cucire e cucinare, il padre ne incoraggiò l'amore per la lettura («Ho bisogno di studiare così come ho bisogno del cibo» affermò una volta adulta).
Crescendo, Manon leggeva di tutto: libri storici, filosofici, religiosi, testi matematici, classici greci e latini e raccolte di poesie. Forse in seguito ad un tentativo di adescamento da parte di un lavorante del padre, attorno agli undici anni manifestò la volontà di diventare suora e venne mandata nella congrega di Notre-Dame a Faubourg Saint-Marcel per prepararsi alla prima comunione. Qui strinse amicizia con le sorelle Henriette e Sophie Cannet di Amiens, con cui resterà in contatto anche negli anni a seguire.
Compreso che il monastero non era la sua strada, nel 1776 soggiornò per un anno a casa della nonna paterna, nell'isola di Saint Louis, sulla Senna. In quel periodo, in occasione di una delle rare uscite in società, conobbe l'aristocratica madame de Boismorel, che diventò nella sua mente l'emblema di tutti i difetti, l'arroganza e l'immeritato privilegio dei nobili dell'ancien régime. Questo incontro accentuò la sua avversione nei confronti delle ingiustizie perpetrate dall'aristocrazia nei confronti delle altre classi sociali.
Jules-Adolphe Goupil (1839–1883), 'Madame de Roland in prigione', 1880
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Rientrata nella casa paterna, Manon continuò a studiare alacremente e verso i quattordici anni aderì con entusiasmo agli ideali dei circoli della borghesia illuminista. I philosohes che animavano tali circoli auspicavano una rigenerazione della società grazie ai moderni studi scientifici, che avrebbero sconfitto, al lume della ragione, la superstizione che dominava l'Europa. Pur continuando a formarsi sui testi dei philosohes, a partire dall'Enciclopedia di Diderot e d'Alembert, rimase sempre cattolica. Temendo i rischi dell'ateismo, continuò per tutta la vita a frequentare la Chiesa, considerandola un valido mezzo per mantenere la moralità e l'umanità. Parallelamente, diventò una delle anime dei salotti culturali parigini, che si tenevano nella case private delle classi abbienti e che davano alle donne colte la possibilità di formarsi e di brillare in società.
Madame de Roland
All'improvvisa morte della madre, avvenuta nel 1775, cominciò per la famiglia Philipon un periodo durissimo. Oltre al dolore per la perdita, Manon dovette affrontare le difficoltà finanziarie dovute agli investimenti sbagliati del padre, che si era avvicinato al mondo delle lotterie. Inoltre aveva raggiunto l'”età da marito”, ma nessuno dei pretendenti rispondeva alle sue aspettative intellettuali. Finalmente, grazie alle amiche di sempre, Henriette e Sophie, conobbe Jean-Marie Roland de la Platière, scapolo quarantenne proveniente da una famiglia borghese e ispettore delle manifatture della Piccardia, nonché economista affermato. Nonostante la grande differenza d'età e la ritrosia dell'uomo, i due si sposarono ad Amiens nel gennaio del 1780. Qui nacque Marie Thérèse-Eudora, la loro prima e unica figlia.
Dopo tre anni, grazie anche all'interessamento della moglie, Roland ottenne il trasferimento a Lione. Qui la colta e intraprendete madame de Roland cominciò a scrivere articoli politici per il Corriere di Lione, ma la sua irrequietezza intellettuale non era ancora appagata. Dopo aver affiancato il marito nella revisione del Dictionnaire del Manufactures, Arts et Métiers per conto dell' Encylopédie Méthodique, nel 1784 la troviamo a Parigi con l'intento di ottenere un titolo nobiliare per il consorte: una scelta particolare per una donna che rivendicava con convinzione il proprio ruolo borghese.
Jean-Marie Roland de la Platière, marito di Manon
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La Musa dei girondini
Quando il 14 luglio del 1789 il popolo di Parigi insorse mettendo a ferro e fuoco la Bastiglia, Madame de Roland si trovava a Lione. Da subito si schierò attivamente assieme al marito con la borghesia del Terzo stato che stava lavorando alla stesura della costituzione per porre fine alla monarchia assoluta. Nel novembre dello stesso anno, Jean-Marie Roland venne eletto ufficiale municipale e successivamente presidente del comitato delle finanze della città, quindi inviato nella capitale come deputato straordinario.
La coppia si stanziò definitivamente a Parigi a partire dal febbraio del 1791. Madame de Roland inaugurò quindi il suo salotto nell'abitazione di rue Guénégaud, che in breve tempo divenne il punto di raccolta degli esponenti dell'ala sinistra rivoluzionaria, fra cui anche Robespierre in persona. In questo ambiente si discuteva alacremente e venne a definirsi l'orientamento girondino della rivoluzione. I girondini erano un gruppo politico formatosi nel 1791 in seno all'assemblea legislativa. I promotori, fra cui lo stesso Jean-Marie Roland de la Platière, erano originariamente i deputati del dipartimento della Gironda, da cui il nome, e si distinguevano per un atteggiamento decisamente antimonarchico. Anima delle riunioni, la padrona di casa si guadagnò presto l'appellativo di “Musa dei girondini”.
Nella notte fra il 20 e il 21 giugno 1791 il re Luigi XVI tentò la fuga assieme alla famiglia e a pochi fidati collaboratori per raggiungere la piazzaforte monarchica di Montmédy, nell'attuale dipartimento della Mosa. L'intento era quello di riunirsi ai suoi sostenitori per organizzare una controrivoluzione e riprendersi il potere assoluto, ma venne scoperto a Varennes, in Borgogna, e arrestato. In quell'occasione madame de Roland invocò un giusto processo per il re fuggiasco.
Esecuzione di Luigi XVI con la ghigliottina installata in Place de la Concorde. Gennaio 1793. XVIII secolo. Museo Carnavalet, Parigi
Foto: Bulloz / RMN-Grand Palais
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Una fine dignitosa
Grazie alle relazioni sociali intessute dalla moglie, nel marzo 1792 Jean-Marie Roland de la Platière venne nominato ministro degli interni. Dopo l'esecuzione del re, avvenuta il 10 agosto 1792, la coppia entrò nel mirino dei montagnardi, fazione rivoluzionaria intransigente contraria ad ogni mediazione, e acerrima nemica dei più concilianti girondini. Nel gennaio 1793 la coppia si ritirò a vita privata, continuando a seguire le vicende politiche da lontano. La rivoluzione aveva preso una piega drammatica e violenta, nella quale gli ideali di libertà dei Roland erano naufragati. «Voi conoscete il mio entusiasmo per la Rivoluzione, ebbene, ne ho vergogna! Essa è infangata da scellerati, è divenuta mostruosa» scriveva la donna dopo la sanguinosa repressione di settembre, in cui i prigionieri politici erano stati giustiziati in maniera sommaria dai rivoluzionari. Anche la loro unità familiare entrò in crisi, dal momento che madame de Roland aveva confessato al marito d'intrattenere una relazione platonica con François Léonard Buzot, uno dei leader girondini.
Alla caduta della Gironda, il 31 maggio 1793, molti esponenti vennero arrestati dai montagnardi schierati coi giacobini di Robespierre. Fra questi c'era anche Manon, liberata il 24 giugno per essere nuovamente arrestata lo stesso giorno e portata alla Conciergèrie, palazzo reale convertito in prigione, dove rimase per cinque mesi. Qui si adoperò a scrivere le Mémoires, una testimonianza sulla storia della Gironda.
Processata l'8 novembre 1793 con l'accusa di partecipazione alla cospirazione contro la repubblica, decise all'ultimo momento di rinunciare all'assistenza del suo avvocato, Claude- François Chauveau-Lagarde, per non coinvolgerlo: la sua presenza, infatti, l'avrebbe classificato come sostenitore dei girondini, portandolo all'arresto. Madame de Roland si difese dunque da sola, con un discorso tanto appassionato che le fu tolta la parola. Venne condannata a morte per impiccagione la sera stessa. Le vengono attribuite le seguenti parole (probabilmente false): «Oh, Libertà! Quanti crimini si commettono nel tuo nome!».
Madame de Roland condotta al patibolo. Laslett John Pott, 1874. Musée de la Révolution française
Foto: Pubblico dominio
Alla notizia della sua morte, gli uomini della sua vita, che erano riusciti a fuggire, si suicidarono: prima il marito, forse per la disperazione, e qualche mese più tardi Buzot, per scampare all'arresto.
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