La marchesa de Pompadour ritratta nel 1759 da Boucher, uno dei suoi protetti a corte. Museo del Louvre, Parigi
Foto: Photo Josse / Scala, Firenze
L’arrivo di Madame de Pompadour alla corte di Versailles come nuova amante del re Luigi XV, nel 1745, fu circondato da chiacchiere e dimostrazioni di incredulità. Si diceva che il re ne fosse rimasto incantato durante una partita di caccia in un bosco vicino. Poi si incontrarono durante un ballo organizzato dalla città di Parigi e poco dopo la giovane, ventiquattrenne, ricevette l’invito per un incontro privato a palazzo. Il re, che da tempo non frequentava le stanze della moglie, dopo l'improvvisa morte della sua precedente amante Madame de Châteauroux era interessato ai favori di una nuova dama.
In ogni caso, tutto sembrava presagire che si trattasse che di un capriccio passeggero del monarca. La presentazione ufficiale della dama a Versailles, per esempio, fece credere alla maggior parte dei cortigiani che la cosa non dovesse essere presa sul serio. Secondo la loro percezione, l’interesse del sovrano sarebbe potuto svanire in qualsiasi momento, e tutti credettero di vedere segnali che l’ultima arrivata non fosse in sintonia con l’ambiente di corte. Ma con il passare dei mesi la giovane non solo manteneva la sua posizione, ma la sua influenza non faceva altro che aumentare. Il re continuava a esserne incantato, e diversi ministri pagarono con la destituzione il loro disprezzo per la favorita.
All'inizio i nobili di Versailles non presero sul serio la presenza a corte di madame de Pompadour, pensando che si trattasse di un capriccio passeggero di Luigi XV
Qualche anno dopo, quando si venne a sapere che il monarca e la Pompadour avevano smesso di essere amanti, si credette che la favorita sarebbe caduta in disgrazia. Trasformata in “amica” e confidente del sovrano, la sua posizione ufficiale a corte si riaffermò con il trasferimento in un appartamento contiguo a quello del re e con un ruolo politico sempre più rilevante, fino al punto di essere corteggiata da sovrani e ambasciatori stranieri in qualità di virtuale regina. Non per questo diminuirono invidie e critiche, ma solo la sua improvvisa morte pose fine al ventennio in cui Madame de Pompadour regnò nella corte più potente e brillante d’Europa.
Ritratto di Luigi XV. M.Q. de la Tour. 1748, Museo del Louvre, Parigi
Foto: Bridgeman / Aci
Un difficile adattamento
Il trionfo di Madame de Pompadour nella sua carriera a corte, che smentì molti dei cattivi pronostici che l’avevano accompagnata sin dal principio, risulta un caso eccezionale. Non era certo la prima amante “ufficiale” di un re di Francia, ma vi era qualcosa che la rendeva unica: la sua origine plebea. Appena arrivata a corte il re le concesse il titolo di marchesa de Pompadour (in seguito l’avrebbe resa duchessa), ma nessuno dimenticò il suo vero nome, Jeanne-Antoinette Poisson.
Era nata a Parigi nel 1721, nipote di un umile tessitore della Borgogna. Suo padre invece si era dedicato a loschi affari finanziari che gli valsero una condanna per corruzione alla quale sfuggì scappando all’estero. Per gran parte della nobiltà, che vantava purezza di sangue e antenati illustri, vedere il re unito a una Poisson era un’offesa alla propria dignità di classe. Fu per questo motivo che, sin dai suoi primi passi a corte, tutti sottolinearono i difetti delle maniere della Pompadour, il linguaggio volgare, l’ignoranza del protocollo e le gaffe. La nuova marchesa vi pose presto rimedio.
La marchesa non era certo la prima amante “ufficiale” di un re di Francia, ma vi era qualcosa che la rendeva unica: la sua origine plebea
Consigliata dall’abate Bernis, fu presto consapevole di tutto. Il suo inequivocabile istinto nel muoversi a corte è dimostrato dalla relazione con la regina: ben lungi dal rifuggirla o dall’umiliarla, pose una particolare cura nel frequentare la sua compagnia fino a ottenere che la sovrana la trattasse con affabilità. Gli infanti, invece, a partire dall’erede, non perdevano occasione di mostrare tutto il loro disprezzo per la favorita, che chiamavano maman-putain.
François-Marie Arouet, più noto come Voltaire, fu uno degli illuministi che poterono contare sull’apprezzamento e la stima della favorita di Luigi XV
Foto: Josse / Scala, Firenze
Ma il rapido apprendimento degli usi di corte non fece sì che Madame de Pompadour dimenticasse le proprie origini. Al contrario, il segreto del suo successo consistette proprio nel fatto che, nonostante avrebbe passato il resto della sua vita fra duchi e marchesi, non smise mai di essere e sentirsi una borghese. Una borghese, questo sì, ma alla maniera dell’alta società di Parigi, dove si conduceva una vita sociale a parte rispetto alla corte, ma che in realtà non aveva niente da invidiarle in quanto a raffinatezza. Jeanne-Antoinette Poisson, divenuta Madame d’Étiolles dopo essersi sposata (nel 1741 aveva contratto matrimonio con un ricco finanziere di cui aveva preso il nome e dal quale aveva avuto una figlia), era stata educata nei salotti mondani della capitale, dove in seguito avrebbe brillato di luce propria grazie tanto alla sua bellezza quanto alle sue abilità artistiche, tra le quali il canto, la danza e la recitazione. La corte di Versailles, in altre parole, non rappresentava altro che un diverso livello per coloro che già avevano imparato come conquistare il «mondo».
Maestra di cerimonie
La sua bellezza e il suo portamento furono ciò che attrasse inizialmente l’attenzione del monarca, ma quello che lo conquistò fu l’insieme di virtù apprese nei saloni di Parigi. A corte, accompagnando il re nella sua condizione di amante “ufficiale”, aveva spesso occasione per sfoggiarle.
Busto della contessa du Barry, che succedette madame de Pompadour come amante di Luigi XV. A. Pajou. 1773. Museo del Louvre, Parigi
Foto: Josse / Scala, Firenze
Consumata ballerina, i suoi minuetti suscitavano l’ammirazione di tutti coloro che la vedevano, a partire dal suo reale amante. Brillava inoltre anche come cantante. Allo stesso modo, la favorita riuscì a portare a corte anche una delle grandi passioni parigine, il teatro, organizzando a palazzo delle rappresentazioni in cui recitava in prima persona assieme a presuntuosi aristocratici che formavano una curiosa compagnia teatrale per la quale aveva lei stessa scritto lo statuto. L’ambiente di Versailles, tuttavia, le risultava un po’ stretto e allo stesso tempo poco intimo, e per questo motivo, a ogni minima occasione, organizzava una gita in una residenza campestre, dove intratteneva il sovrano con feste e cene. In questo modo si trasformò, come affermò un contemporaneo, in «sovrintendente dei piaceri del re», una grande maestra di cerimonie che riuscì a distogliere il monarca dal tedio del cerimoniale di Luigi XIV e dall’ambiente viziato di una corte dominata da pettegolezzi e rancori.
Ma ancor più che queste abilità, ciò che il sovrano apprezzava maggiormente nella sua amante fu una capacità apparentemente più semplice, ma molto importante: la conversazione. Sin dal suo arrivo a palazzo, Madame de Pompadour organizzò nei suoi appartamenti delle cene quotidiane a cui invitava alcuni personaggi accuratamente selezionati e durante le quali il re trovava quell’ambiente rilassato e cordiale che la sua stessa famiglia non era in grado di offrirgli.
Un giovane Wolfgang Amadeus Mozart viene accolto nel salone letterario di madame de Pompadour, nel 1763. A. Parredesche. 1900 circa
Foto: Rue des Archives / Cordon Press
Uomo ombroso e senza preoccupazioni intellettuali, il re si lasciava contagiare dall’allegria (metà innata e metà appresa) della sua amante. I cortigiani poterono vedere allora come il sovrano diventava «ogni giorno sempre più affascinante, dolce, educato e di umore allegro, abile e loquace oratore che parlava sempre in modo appropriato e con spirito».
Con tutta la discrezione e l’autorità di una dama borghese, Madame de Pompadour dirigeva la conversazione verso temi leggeri e amabili, riuscendo così a mettere da parte le tensioni della vita di corte. Non era certo un compito facile: una testimone racconta di come, durante certe cene, quando gli invitati si gongolavano con maldicenze e ironie, la marchesa «non sapesse che cosa fare per innalzare il livello della conversazione».
L’ambiente viziato della corte la amareggiava sempre più e, nel contempo, andavano moltiplicandosi le critiche contro la sua persona e contro quella dello stesso monarca. La sua morte, avvenuta nel 1764, le evitò la vista del disfacimento di quel raffinato e oppressivo mondo cortigiano che sarebbe stato spazzato via dalla Rivoluzione nel 1789.