Lucía Sánchez Saornil: poeta, militante e pioniera dell'attivismo omosessuale

Nata a Madrid da un’umile famiglia, Lucía Sánchez Saornil è una delle più importanti figure anarco-femministe europee. Il suo continuo impegno a favore dell’emancipazione femminile e il suo appoggio alla causa omosessuale videro bruscamente la fine con la dittatura di Francisco Franco

«Che il passato sprofondi nel nulla / Cosa ci importa di ieri? / Vogliamo scrivere nuova / la parola donna. // Avanti, donne del mondo, / con il pugno alzato al cielo. / Per cammini ardenti / avanti, / il viso rivolto alla luce». Nel 1937, a un anno dallo scoppio della guerra civile spagnola (1936-1939), l’attivista e poeta Lucía Sánchez Saornil scrive quest’Inno delle donne libere, invito e omaggio alle compagne di lotta contro i ribelli franchisti. Negli anni della Seconda repubblica spagnola (1931-1939), e in quelli della guerra, la sorprendente figura di questa militante, pioniera nelle rivendicazioni femminili e lesbiche, è in piena attività e al culmine della fama, anche se già da anni frequenta le scene letterarie e politiche.

Incarna ora il prototipo di libertà femminile della sua epoca, destinato più tardi a cedere e a cadere sotto i colpi dell’immagine sottomessa e casalinga che s’instaurerà con l’ascesa al potere di Francisco Franco. Tuttavia le riflessioni e le critiche da lei sollevate sono ancora di sorprendente attualità.

Riscattata dall’oblio alla fine del franchismo, Lucía Sánchez Saornil è una donna di altissimo spessore, un’artista e attivista di prim’ordine, che ha pagato il suo coinvolgimento in molteplici lotte prima con l’esilio francese e poi con un terribile esilio interiore. Negli ultimi anni, anche nel nostro Paese nuovi lavori e una maggiore apertura hanno permesso di riscoprire biografie di donne coraggiose, ingiustamente censurate dai regimi dittatoriali europei. Tra di loro, spicca quella di Lucía Sánchez Saornil, poeta, anarchica, omosessuale.

Lucía Sánchez Saornil nel 1933

Lucía Sánchez Saornil nel 1933

Foto: Pubblico dominio

I primi anni

Lucía Sánchez Saornil nasce a Madrid, in una famiglia proletaria, il 13 dicembre del 1895, secondo alcune fonti, o del 1896, come compare nell’atto di morte. Rimasta ben presto orfana di madre, si dedica alla cura della famiglia e a ventun anni inizia a lavorare come telefonista, proseguendo al contempo gli studi di pittura nell’Accademia di Belle arti. Amante della poesia, entra a far parte del gruppo avanguardista dell’Ultraismo, fondato, tra gli altri, da un giovane Jorge Luis Borges. È l’unica donna a prendere parte alle tertulias, le conversazioni, nei caffè di Madrid e ad aderire al movimento, a cui più tardi non risparmierà critiche per le posizioni maschiliste, del resto tipiche del periodo.

Costretta a pubblicare con lo pseudonimo maschile di Luciano de San-Saor, Saornil inizia una fertile produzione poetica, in cui spesso critica la condizione d’inferiorità della donna o descrive con carnalità e desiderio il corpo femminile: «È alta e bionda, dal moderno profilo, / felina, oscilla leggera e affettuosa; / la sua carne profumata, di rosa e tuberosa, / è di una strana febbre segreto faro. [...] La sua bocca, di sangue, morde quando bacia, / e poi, con disprezzo da superba principessa, / vi scaglia i dardi folli del suo riso». Con incredibile audacia indugia sulla sensualità, sull’ambiguità, ricorrendo a uno stile che non risponde a concetti o stilemi predefiniti. La sua è una voce fuori dal coro, e tale rimarrà anche anni dopo, quando sostituisce l’attività poetica con quella militante.

La militanza

Le critiche già presenti in forma embrionale nelle sue poesie si evolvono in un pensiero originale e anticonformista, che man mano cresce all’interno dell’importante movimento anarchico della CNT (Confederazione nazionale del lavoro). In Spagna sono gli anni di una prima dittatura, quella di Miguel Primo de Rivera (1923-1930): la costituzione è sospesa, la legge marziale istituita, i partiti politici banditi. I lavoratori scendono in strada, gli operai rivendicano condizioni migliori, i sindacati ricevono adesioni in massa. Lucía Sánchez Saornil abbandona temporaneamente la poesia, e del tutto i caffè letterari, per impegnarsi anima e corpo nella lotta operaia. Assume posizioni sempre più nette riguardo al ruolo dei lavoratori e delle donne. Nel 1931, dopo aver istigato alcuni scioperi, viene licenziata e inizia a collaborare come giornalista a numerose riviste.

Da sinistra a destra: Lucía Sánchez Saornil, l’anarchica statunitense Emma Goldman e Christine Kon-Rabe il 20 ottobre 1938

Da sinistra a destra: Lucía Sánchez Saornil, l’anarchica statunitense Emma Goldman e Christine Kon-Rabe il 20 ottobre 1938

Foto: Pubblico dominio

La Spagna, nel frattempo, sta per cominciare una nuova avventura: il 14 aprile 1931, dopo libere elezioni, diventa una repubblica. Il re Alfonso XIII, rimasto al potere anche durante la dittatura precedente, lascia il Paese. È la vittoria della democrazia, e per molti sembra finalmente avverarsi il sogno di una nazione più giusta. Gli entusiasmi si raffredderanno spesso a causa di governi non troppo coraggiosi, per poi essere bruscamente interrotti dalla dittatura di Franco (1939-1975) dopo i tre cruenti e divisivi anni della guerra civile.

Prima che ciò avvenga, comunque, gli anni trenta sono, per Lucía Sánchez Saornil, d’incredibile vivacità: prende parte a manifestazioni, scrive articoli, polemizza anche con gli stessi anarchici perché ritiene che, pure in seno ai movimenti di sinistra e libertari, la donna continui a essere tenuta in posizione marginale. Si scaglia contro i suoi stessi sodali: «Ci sono molti compagni che desiderano sinceramente la partecipazione della donna alla lotta; ma questo desiderio non risponde a una trasformazione del loro concetto di donna; ne desiderano la partecipazione perché ciò faciliterebbe la vittoria [...], ma nemmeno per un istante pensano all’autonomia femminile». Saornil ci pensa, eccome, e oltre a rivendicare una donna libera, non necessariamente madre, e autodeterminatasi, nel febbraio del 1936 fonda il gruppo Mujeres Libres (Donne libere). Tale gruppo, che raggiungerà la cifra di ben 20mila militanti, ha una propria rivista e si pone l’obiettivo di emancipare la donna, darle visibilità, fornirle gli strumenti per esigere migliori condizioni di lavoro e la parità con gli uomini. Non solo: Saornil esibisce pubblicamente la propria unione con América Barroso, Mery, e sui giornali critica le teorie scientifiche allora in voga sulla differenza sessuale dettata dalla biologia, riconducendo piuttosto il formarsi della psiche femminile al contesto ambientale e educativo. Perché, malgrado i governi democratici e la militanza, le donne, ancor più se omosessuali, hanno ancora molto cammino da fare, e Sánchez Saornil si prodiga a tempo pieno per la loro liberazione, assumendo una posizione di prestigio e di autorevolezza.

Primo numero della rivista ‘Mujeres Libres’, fondato, tra le altre, da Lucía Sánchez Saornil

Primo numero della rivista ‘Mujeres Libres’, fondato, tra le altre, da Lucía Sánchez Saornil

Foto: Pubblico dominio

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L’esilio e un ricordo

Purtroppo, però, nel gennaio del 1939 si chiude l’epoca delle grandi illusioni. Saornil e Barroso fuggono in Francia, al pari di molti altri militanti della sinistra spagnola. Saornil continua a mantenere rapporti con gli antifascisti, ma quando la Francia è occupata dalla Germania di Hitler torna in Spagna, prima a Madrid e poi a Valencia, dove vive in clandestinità. Al suo fianco rimarrà sempre Mery, compagna di una vita, ma le due sono obbligate a nascondere la propria unione, proibita dalla dittatura franchista.

La militante lavora nell’ambito della fotografia, dipinge ventagli per sbarcare il lunario. Usa un falso nome perché, se riconosciuta, verrebbe incarcerata e molto probabilmente fucilata dal nuovo regime, che si libera di migliaia di oppositori e impone un nuovo modello di donna, completamente sottoposta all’uomo. Certamente non omosessuale. Colpisce che pure i parenti di América Barroso, più tardi, sottolineeranno il legame soltanto amichevole, e non amoroso, tra le due donne.

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Quelle scarse aperture vissute durante la Seconda repubblica spagnola sembrano essersi richiuse, e solo negli anni ottanta la Spagna potrà vivere un momento di liberazione, anche omosessuale. Né Mery né Lucía potranno assistere alla rinascita del Paese, giacché entrambe si spengono negli ultimi anni del franchismo. Alla fine degli anni sessanta, tornata alla poesia, Saornil scrive: «Hai giocato e hai perso: è la vita». Il periodo cupo della dittatura, fatto di umiliazioni e di silenzio, ha fine per lei a seguito di un cancro al polmone, che la porta via nel 1970. Rimangono gli articoli, il pensiero vivace e libero, e una serie di testimonianze del suo carattere impegnato, a volte duro, sempre dedito alle donne, di qualsiasi orientamento ed estrazione. Ricorda un’ex militante: «Una volta si decise di finire prima una riunione di Donne libere perché era tardi, e alcune dissero: “Certo, andiamo, che direbbero i nostri compagni senza cena?”. Commento di Lucía: “E per fortuna che sono libertari”».

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Foto: Pubblico dominio

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