La mitica isola di Tortuga è entrata nell’immaginario collettivo come inespugnabile covo di pirati, filibustieri e bucanieri. Il cinema e la letteratura hanno perpetuato questa leggenda tramite romanzi come Il Corsaro Nero di Emilio Salgari o film come quelli della saga Pirati dei Caraibi. Eppure chi oggi visitasse l’Île de la Tortue, a nord-ovest di Haiti, non troverebbe altro che abitazioni fatiscenti e umili capanne di pescatori, un ambiente ormai lontano dal suo antico splendore. Andando a scavare nel passato è però possibile scoprire una serie di episodi in apparenza fantasiosi ma realmente accaduti, che sono all’origine del concetto romantico di pirateria.

'I bucanieri', opera del pittore statunitense Frederick Judd Waugh
Foto: Superstock / Album
Il rifugio dei bucanieri
Quando Cristoforo Colombo vi sbarcò per la prima volta nel 1492, durante il suo primo viaggio nelle Indie, l’orografia dell’isola gli ricordò il carapace di una tartaruga. Non era altro che un piccolo scoglio montagnoso, di appena trentasette chilometri di lunghezza per sette di larghezza, che un canale di otto chilometri separava dalla costa nord-occidentale dell’isola di Hispaniola, dove la Spagna aveva incentivato l’allevamento di bovini e il commercio del cuoio tramite il governatore Nicolás de Ovando. Ben presto le autorità si disinteressarono di Tortuga, e in quella piccola enclave si stabilirono dei gruppi di coloni francesi e inglesi provenienti da San Cristoforo (oggi Saint Kitts) e alcuni rinnegati spagnoli, dando vita al nucleo originario dei cosiddetti bucanieri. Questi si dedicavano alla coltivazione del tabacco e andavano a caccia nella parte settentrionale di Hispaniola, chiamata Tierra Grande, su cui ormai la Spagna non esercitava più alcun controllo. I bucanieri vendevano carne affumicata, cuoio e tabacco agli olandesi, che in cambio gli offrivano protezione dalle autorità spagnole.
Tortuga divenne così un centro di libero scambio, un fatto intollerabile per la monarchia iberica che aveva il monopolio del traffico commerciale con le Americhe. Gli spagnoli attaccarono Tortuga in diverse occasioni, ma non vi s’insediarono mai in modo permanente, permettendo così ai bucanieri di tornare rapidamente a occuparla. Nel 1635 Ruy Fernández de Montemayor assaltò l’isola con 250 uomini, massacrando 195 coloni, riducendone una trentina in schiavitù e imprigionandone trentanove. La vicinanza a Hispaniola e la posizione strategica nei Caraibi rendevano Tortuga una preda ambita. Gli inglesi tentarono di occuparla nel 1636 uccidendo cinquanta coloni francesi. Altri morirono per mano di una flotta spagnola agli ordini di Carlos de Ibarra nel 1638. I sopravvissuti si rifugiarono a Tierra Grande.

Mappa che mostra la posizione dell'isola di Tortuga
Foto: Storica National Geographic
Levasseur, l’uomo decisivo
Questo braccio di ferro proseguì fino al 1640, quando un ufficiale della marina francese, François Levasseur, prese d’assalto Tortuga per ordine del tenente generale Philippe de Poincy e sotto l’egida della Compagnia francese delle isole americane. Nominato governatore e riconosciuto come tale anche dai coloni inglesi, Levasseur stabilì delle imposte commerciali a favore del re di Francia e della Compagnia. Le sue conoscenze militari e la consapevolezza delle potenzialità di Tortuga lo spinsero ben presto a disobbedire a Poincy.
Si alleò con i coltivatori di tabacco e con i filibustieri, cioè quei gruppi di bucanieri che avevano lasciato il commercio della carne per razziare le navi mercantili e le tenute spagnole. Questi pirati diedero vita ai Fratelli della costa, un’associazione che aveva l’obiettivo d’instaurare sull’isola una sorta di repubblica libertaria, e di cui Levasseur ottenne l’appoggio.

Questa incisione che illustrava il libro di Exquemelin presenta un ritratto realistica dei primi bucanieri
Foto: Giancarlo Costa / Bridgeman / Aci
Gran parte della storia di Tortuga e degli avvenimenti seguiti ai primi tentativi di conquista da parte degli spagnoli è nota grazie al francese Alexandre Olivier Exquemelin. Questi era giunto sull’isola nel 1666 con un contratto di lavoro per la Compagnia francese delle isole americane, che nella pratica comportava un regime di semischiavitù. Una volta adempiuto il contratto, Exquemelin si unì ai filibustieri, di cui avrebbe narrato le gesta. Exquemelin racconta che Levasseur fece costruire sull’isola una struttura difensiva, Fort de Rocher, che serviva a proteggere i porti e la costa meridionale. Sul versante settentrionale la cosiddetta Costa di ferro era considerata inespugnabile per la sua natura montagnosa. Esisteva un solo modo per raggiungere la fortezza: «Inerpicarsi per un angusto sentiero che non permetteva il transito a più di due persone alla volta, e con gran difficoltà». Il governatore fece installare all’interno delle mura diversi pezzi di artiglieria; «poi ordinò di distruggere il sentiero, lasciando come unica via di accesso una semplice rampa». Fort de Rocher sorgeva su una falesia con una cavità naturale che fungeva da magazzino e da cui sgorgava una fonte di acqua cristallina, «sufficiente a dissetare un migliaio di persone».

Vecchia mappa ridisegnata di Fort de Rocher, la roccaforte fatta erigere da Levasseur nella parte meridionale dell’isola, con la sua stretta rampa di accesso
Foto: Dea / Getty Images
Levasseur prese ogni tipo di precauzione per difendersi da un eventuale assedio. Sull’isola per esempio era vietato cacciare capre, cinghiali e altri animali che avrebbero potuto servire come scorte alimentari. A Tortuga non mancavano legname, frutta, piante medicinali e palme, dalla cui polpa spremuta gli abitanti ricavavano del vino, e c’erano delle colonie di colombi migratori. Era un luogo impervio e difficile da conquistare. Ciò divenne chiaro nel 1643, quando mille soldati spagnoli, arrivati su dieci navi, furono costretti a ritirarsi dopo aver perso un centinaio di uomini.
Nel 1643 mille spagnoli attaccarono Tortuga ma furono costretti a desistere
I successi iniziali spinsero Levasseur a consolidare l’isola come emporio di libero scambio in grado di fornire uno sbocco commerciale ai prodotti delle attività dei Fratelli della costa. I filibustieri organizzavano spedizioni di una ventina di uomini su piccole imbarcazioni a remi. Con il favore delle tenebre i pirati si avvicinavano furtivamente alle navi spagnole, ne mettevano fuori uso i timoni, quindi salivano a bordo e massacravano gli equipaggi. Queste azioni si estesero ben presto anche a obiettivi terrestri. Dice Exquemelin: «Dall’isola di Tortuga i pirati andavano a razziare le coste delle Indie, da Cartagena fino alla terraferma messicana, saccheggiando così tante proprietà di mercanti che è impossibile tenerne il conto».

Jean Antoine Théodore Gudin ricostruì in quest’olio l’abbordaggio di un galeone. XIX secolo. Reggia di Versailles
Foto: Hervé Lewandowski / Rmn-Grand Palais
Padrone e signore di quella repubblica indipendente, Levasseur instaurò un regime dispotico: all’interno del forte fece costruire una prigione, il Purgatorio, dove collocò una macchina di sua invenzione, ribattezzata Inferno, con la quale torturava i nemici fino alla morte. Ruppe i suoi fragili accordi con la Francia e iniziò a entrare in conflitto con i Fratelli della costa quando impose delle tasse abusive sulle transazioni avvenute sull’isola. Una mattina fu attaccato da alcuni uomini armati di moschetti che, per errore, spararono al suo riflesso in uno specchio, ma subito dopo fu pugnalato dal suo stesso figlioccio, Thivault. Dopo l’assassinio di Levasseur, fu Henri de Fontenay, uomo di fiducia della Compagnia, ad assumere il controllo dell’isola su mandato della Francia e a ristabilirvi l’ordine. Il suo governo però non durò a lungo: il 10 gennaio 1654 un giovane e coraggioso ufficiale spagnolo, Juan Francisco Montemayor, attaccò Tortuga guidato da un filibustiere irlandese che gli indicò i punti deboli delle strutture difensive, permettendogli di conquistare l’isola in otto giorni.
Il governatore Levasseur torturava i nemici con una macchina di sua invenzione
L’età dell’oro di Tortuga
Nel 1655 il governatore spagnolo Bernardino de Meneses, volendo rafforzare la difesa di Hispaniola di fronte alla minaccia inglese, ritirò la guarnigione da Tortuga e fece seppellire i settanta cannoni che ne proteggevano le coste. Sei mesi dopo i filibustieri inglesi e francesi fecero ritorno sull’isolotto, riprendendo il commercio e le attività di pirateria. Sotto la giurisdizione francese, inglese e dei Fratelli della costa, Tortuga visse una nuova fioritura. Qualche anno più tardi, nel 1664, sotto Luigi XIV venne fondata la Compagnia francese delle Indie occidentali; nel 1665 Parigi riuscì a far sì che i Fratelli della costa riconoscessero governatore dell’isola Bertrand d’Ogeron, ex membro dell’associazione. Questi attuò una politica volta a favorire l’insediamento dei filibustieri sul territorio. Quasi nello stesso periodo la Spagna decise di sterminare il bestiame nel nord di Hispaniola per colpire i bucanieri, ma finì per dare una mano a D’Ogeron, che ebbe l’occasione di radunare a Tortuga tutti i pirati della regione.

Spada del XVII secolo riccamente decorata
Foto: Met / Album
Abbandonando la politica dei suoi predecessori, D’Ogeron pianificò di porre fine gradualmente alle idee libertarie dei Fratelli della costa, orientandoli a compiere imprese di maggior rilievo. Nel frattempo continuava a minacciare i possedimenti e le navi spagnole e apriva le porte agli immigrati francesi, che giungevano sull’isola come manodopera semischiavile. Dopo aver adempiuto al loro contratto nelle piantagioni di tabacco, molti di loro s’insediavano stabilmente o si univano alle ciurme dei filibustieri. Grazie a queste misure Tortuga divenne una colonia francese modello, temuta dal resto delle nazioni e difesa dai suoi temibili pirati. Per la corona spagnola quella nuova realtà rappresentava una minaccia ancora più grave della precedente repubblica libertaria.
D’Ogeron mise anche fine a una delle vecchie regole sacre dei Fratelli della costa: il divieto per le donne bianche di vivere sull’isola, inizialmente pensato perché i filibustieri non creassero famiglie. Fino ad allora a Tortuga erano ammesse solo donne nere o mulatte, sia schiave sia libere. Nel 1666 il governatore fece trasportare dalla Francia un centinaio di prostitute. Chi voleva prenderne una come moglie o concubina doveva attenersi ad alcune regole: pagare il viaggio della donna, trattarla come una compagna e non come una schiava, e autorizzarla a cercarsi un altro partner nel caso il compagno partisse per una spedizione e non tornasse per mesi. Si racconta che quando le signore scesero dalle barche sollevando da terra i lembi dei vestiti trovarono ad accoglierle sulla spiaggia degli uomini in semicerchio, quasi tutti ben rasati per l’occasione.

Polena raffigurante un pirata
Foto: Dea / Album
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Comincia la leggenda
Una volta addomesticati i filibustieri, le idee comunitarie e libertarie finirono nel dimenticatoio e s’impose la legge del più forte. I comandanti delle navi ormai non venivano eletti per votazione, ma erano i più agguerriti ad assumere il controllo delle navi su cui lavoravano. Iniziò così una nuova epoca della pirateria, che divenne più individualista e sanguinaria. La fama di pochi alimentava i sogni di molti. Le taverne di Tortuga cominciarono a riempirsi di marinai e capitani sbarcati con le tasche piene d’oro che raccontavano storie straordinarie. Si trattava di avventure come quella di Pierre François, che facendo passare i ventisette uomini del suo equipaggio per dei semplici pescatori abbordò la nave scorta di una flottiglia spagnola – che estraeva perle di fronte alla costa di Riohacha, nell’attuale Colombia – e s’impossessò di un bottino di 100mila dobloni da otto scudi. In seguito fu arrestato e condannato a due anni di lavori forzati a Cartagena de Indias, ma ciò non gli impedì di trovare numerosi imitatori tra i suoi compagni.
A mano a mano che la leggenda dell’isola cresceva, le scorribande sulle coste si facevano più feroci, come quelle compiute dal crudele Jean-David Nau, detto l’Olonese. Tuttavia il pirata più celebre fu Henry Morgan, che aveva lasciato la sua terra natale, il Galles, per diventare un filibustiere. Da Tortuga assaltava le tenute dei mercanti spagnoli sulla costa cubana. Aveva stretto un sodalizio con un altro celebre pirata, l’olandese Edward Mansvelt, con cui compì epiche incursioni sulle isole di Curaçao e Santa Catalina. Grazie all’appoggio dello zio, il viceammiraglio Edward Morgan, ottenne il favore del governatore britannico della Giamaica, che era interessato a mantenere il dominio inglese sui Caraibi anche a costo di ricorrere all’aiuto dei filibustieri.

Ritratto di Henry Morgan. Incisione. 1660 circa
Foto: AKG / ALBUM
Con una flotta di dodici navi e settecento uomini Morgan si diresse verso Cuba e sbarcò a Puerto Príncipe (odierna Camagüey), dove razziò un bottino considerevole con cui fece ritorno in Giamaica. Nel 1669 fu la volta di Portobelo, Maracaibo e Gibraltar. Ma l’impresa più audace fu l’attacco alla città di Panamá del 1671. In questa occasione razziò un’ingente quantità di oro, gioielli e argento, che trasportò da una costa all’altra dell’istmo su 150 muli.
In seguito a questi successi, il re Carlo II d’Inghilterra lo nominò governatore della Giamaica. Morgan aspirava a farne il nuovo centro dei Caraibi, ma sapeva che prima doveva sconfiggere Tortuga. Fu così che tradì i suoi ex confratelli iniziando una spietata persecuzione dei filibustieri. Nel frattempo l’intensificarsi delle ostilità tra Francia, Olanda e Inghilterra per il controllo della regione costrinse molti pirati di nazionalità diverse a scontarsi tra di loro. Le idee libertarie dei Fratelli della costa si erano ormai dissolte come una zolletta di zucchero in una pinta di rum. Nel 1689 l’isola di Tortuga e la repubblica dei filibustieri non erano che il pallido riflesso di ciò che un tempo era stato un sogno.

La battaglia tra Morgan e gli spagnoli a Panamá, che fu rasa al suolo da un incendio. Incisione del libro di Exquemelin
Foto: British library / Album
Una volta diventato governatore, Morgan diede la caccia ai suoi ex compagni
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Per saperne di più
Storia della pirateria. D. Cordingly. Mondadori, Milano, 2017.
Tra l’inferno e il mare: breve storia economica e sociale della pirateria. A. Spinelli. Fernandel, Ravenna, 2003.
Bucanieri nei Caraibi. A.O. Exquemelin. Effemme Edizioni, Milano, 2005.