Gli inizi della primavera del 2013 a.C. furono segnati nel Paese di Sumer da forti piogge che trasformarono le strade in veri e propri pantani. Oltre a questo inconveniente, il tempo provocò un danno più grave a Lu-Nanna, un commerciante all’ingrosso di bestiame nella città sumera di Puzrish-Dagan: le acque avevano danneggiato il muro di mattoni crudi che serviva da confine tra il suo terreno e quello del vicino. La pioggia aveva aperto una profonda breccia che bisognava riparare immediatamente, prima che la parete subisse danni maggiori. Lu-Nanna fece chiamare il costruttore Ur-lugal-edinna per valutare i danni e il costo della riparazione. Si trattava di un calcolo che non presentava particolari difficoltà per un professionista abituato a realizzare di frequente operazioni aritmetiche; un’abilità comune nella Mesopotamia di quattromila anni fa.

Tavoletta babilonese su cui sono incisi, in caratteri cuneiformi, problemi relativi al calcolo di superfici accompagnati da figure. II millennio a.C., British Museum
Foto: British Museum / Scala, Firenze
Di fatto, uno dei tipici problemi di aritmetica che è stato conservato nei testi scolastici e che gli alunni sumerici dovevano abitualmente risolvere consisteva nel calcolare quanti mattoni di una data misura fossero necessari per costruire un muro di uno spessore, un’altezza e una lunghezza determinati. A partire dalla quantità di mattoni di cui si aveva bisogno, si calcolava anche quanti lavoratori si dovessero assumere, per quanti giorni avrebbero dovuto lavorare e quante razioni di cibo occorresse suddividere tra loro.
Matematica per la società
Per fare calcoli come quelli descritti, le persone istruite dovevano aver imparato il sistema numerico e le principali operazioni: la somma, la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione, che presupponevano la capacità di usare il corrispettivo dei nostri decimali. Queste stesse abilità permettevano loro di risolvere equazioni oppure di estrarre le radici quadrate. Lo sviluppo dell’aritmetica, dell’algebra e, in grado minore, della geometria era strettamente legato allo sviluppo dell’economia all’interno di società che divenivano sempre più complesse; nelle quali, per esempio, era necessario misurare con precisione una superficie agricola e prevederne la resa economica.
La necessità di gestire dati numerici risale a un passato remoto: le testimonianze più antiche al riguardo si datano al IX millennio a.C. Si tratta di ciò che gli studiosi chiamano “gettoni” (dall’inglese token), piccoli pezzi di argilla di diverse forme e misure che rappresentavano cibi, tessuti oppure bestiame e quantità.

La tavoletta riporta il calcolo dell’area di un terreno della città di Umma. 2100 a.C.
Foto: Lessing / Album
I gettoni venivano conservati all’interno di contenitori di argilla che i ricercatori chiamano “bolle” e che, una volta sigillate con i gettoni all’interno, servivano da prova per certificare ogni tipo di transazione. Con le prime tavolette cuneiformi, scritte intorno al 3200 a.C., comparvero anche i primi numeri. Mentre la forma dei segni numerici cuneiformi cambiò lungo i due millenni successivi, il sistema matematico si mantenne invariato.
Il numero sessanta
Dai sumeri abbiamo ereditato la notazione posizionale delle cifre dei numeri: assegniamo un valore a una cifra a seconda del posto che occupa nel numero. Quando vediamo “327”, per esempio, sappiamo che il 3 corrisponde alle centinaia, il 2 alle decine e il 7 alle unità, il che ci permette di leggere il numero come “trecentoventisette”. Tuttavia, i mesopotamici non “leggevano” le cifre come lo facciamo noi, in quanto utilizzavano un sistema di numerazione diverso dal nostro.
Come gli egizi e i greci dell’antichità, noi utilizziamo il sistema decimale, o a base 10. In questo sistema, il valore di un simbolo si moltiplica per dieci, per cento o per mille in base alla sua posizione. In Mesopotamia, invece, si utilizzava il sistema sessagesimale, o a base 60: a seconda della sua posizione, il valore di un simbolo si moltiplicava per 60, per 60² (60 x 60) o per 60³ (60 x 60 x 60). Dobbiamo al sistema sessagesimale dei sumeri il nostro modo di misurare il tempo in ore di sessanta minuti e la divisione della circonferenza in 360 gradi.

Tavola dei numeri reciproci trovata a Uruk, con la divisione dell’unità in numeri compresi tra 1 e 3. IV-I secolo a.C. Museo del Louvre, Parigi
Foto: Franck Raux / RMN
I mesopotamici utilizzavano unicamente due segni per scrivere tutti i numeri: il cuneo orizzontale , che rappresentava il numero 10, e il cuneo verticale . Quest’ultimo poteva indicare sia 1 (l’unità), sia 60, oppure 60² (3600) o 60³ (216.000). Quindi, la lettura corretta di un numero richiedeva di interpretarlo secondo il contesto all’interno del quale era utilizzato.
Il primo compito degli alunni sumerici era memorizzare e scrivere le tabelline, un lavoro che consisteva nel moltiplicare i numeri tra 1 e 60 per i numeri da 1 a 10. Poi bisognava imparare a memoria la tabellina al contrario e imparare a sommare.
I sumeri utilizzavano diverse espressioni per descrivere le operazioni di calcolo. La somma si esprimeva mediante la parola dah, che significa “aggiungere” o “ampliare”; si usava anche il termine gar, “unire”. Per definire la sottrazione si utilizzava la parola zi, “togliere”. “Dividere” si indicava con gaz, letteralmente “rompere”. La moltiplicazione si chiamava de, “portare”, e per calcolare il quadrato di un numero si utilizzava l’espressione “lasciare mangiare insieme”, una forma verbale di gu, “mangiare”.

Modello di abitazione in terracotta. Periodo accadico, II millennio a.C.
Foto: Erich Lessing / Album
Immaginiamo di trovarci tra gli alunni di una scuola sumerica di quattromila anni fa e che il nostro maestro ci chieda di prepararci a svolgere vari esercizi sulle nostre tavolette di argilla. Prendiamo il calamo (il bastoncino tagliato con il quale si scrive sull’argilla) e cominciamo a lavorare. Prima dobbiamo “lasciare mangiare insieme” 4 con 4:
4² (4 x 4) = 16.
Poi dobbiamo “portare” il risultato a 5:
16 x 5 = 80.
Per concludere, alla quantità ottenuta dobbiamo “togliere” 20:
80-20=60.
Una conoscenza avanzata
Nell’epoca protodinastica, intorno al XXV secolo a.C., fu osservato che i numeri 7, 11, 17 e 19 erano particolari: essendo numeri primi, non si potevano dividere per 2, per 3 e nemmeno per 5. Il passo successivo fu costituito da problemi matematici più complessi, come il conteggio della quantità di mattoni necessari per costruire un muro. Si rese particolarmente necessario il calcolo della lunghezza della diagonale di un triangolo rettangolo a partire dalla lunghezza dei suoi lati. Questo problema di aritmetica si risolve con la formula di Erone (dal matematico greco Erone di Alessandria, che visse nel I secolo d.C.), che si basa sul calcolo delle radici quadrate, un metodo strettamente associato al teorema di Pitagora.
Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!
Matematica per la vita quotidiana
Dominare le scienze matematiche era indispensabile per molti aspetti della vita quotidiana: per progettare costruzioni, per ripartire i campi quando bisognava suddividere un appezzamento ereditato da vari fratelli o per il commercio di animali. Ai tempi della III dinastia di Ur, i governanti sumerici, soprattutto il re Shulgi (2094-2047 a.C.), stabilirono un’economia di pianificazione centralizzata. Questo monarca fondò la città di Puzrish-Dagan, dove fece costruire un grande recinto per il bestiame. La maggiore o minore quantità di bestiame che vi si consegnava veniva inviata ai grandi templi del Paese, alla corte e alle autorità statali. Ogni commerciante doveva indicare la quantità che aveva consegnato in un anno e calcolare quella che avrebbe potuto consegnare l’anno successivo.

Peso di cinque mine a forma di anatra, in diorite. IV-III millennio a.C.
Foto: Erich Lessing / Album
Qui troviamo di nuovo Lu-Nanna, il grossista del quale parlavamo all’inizio: doveva calcolare quante pecore e capre gli avrebbero dato i suoi fornitori al dettaglio negli anni a seguire. Per farlo, i commercianti di bestiame procedevano secondo tale stima: ogni anno un gregge di 100 pecore si amplierà circa del 66 e 2/3 per cento grazie alla nascita di agnelli, mentre in media ogni capra partorirà un capretto. Ma occorreva poi sottrarre circa il 10 per cento di animali che morivano per cause naturali.
La centralizzazione dell’economia obbligò a uniformare le misure, e in questo senso il sistema sessagesimale risultava straordinariamente utile, in quanto una grandezza di 60 unità può essere facilmente divisa in maniera esatta in 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15, 20 o 30 parti uguali, permettendo 10 tipi possibili di suddivisioni esatte. I mesopotamici disponevano di diversi sistemi per misurare peso, lunghezza e capacità, ognuno con le proprie unità corrispondenti; insomma, gli alunni sumerici non dovevano solo imparare “semplici” numeri.
Conoscere la matematica e il sistema di pesi e misure distingueva un buon alunno da uno mediocre. In una delle dispute letterarie tra apprendisti scribi, gli alunni Girni-isag e Enki-mansum facevano sfoggio delle loro conoscenze; il secondo, vantandosi di saper fare i calcoli, ci dà un’idea dell’importanza sociale della matematica: «Quando divido un appezzamento so come farlo. Quando devo suddividere un campo, so come calcolarlo. Così posso difendere un uomo offeso che reclama la propria parte davanti alla giustizia e far fare la pace a fratelli che litigano per l’eredità».
Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!
Per saperne di più
Domare l’infinito. Storia della matematica dagli inizi alla teoria del caos. Ian Stewart, Bollati Boringhieri, Torino, 2011.