La Bibbia racconta che Giuditta era una ricca e bella vedova di Betulia, una città ebrea preda d'assalto dagli assiri da 34 giorni. Ozia, il capo della città, stava pensando di arrendersi, e Giuditta, sicura che il Signore l'avrebbe protetta ed aiutata, decise di intervenire per salvare il suo popolo.
Indossò quindi suoi abiti migliori e, accompagnata dalla fedele ancella, si recò nell'accampamento nemico, dove venne catturata e condotta al cospetto del generale Oloferne. Giuditta gli raccontò di aver avuto una visione in cui Dio, offeso dal comportamento degli abitanti di Betulia, le chiedeva di aiutare il generale a conquistare la città.
Oloferne cadde nel tranello e fece organizzare un grande banchetto durante il quale volle che Giuditta sedesse al suo fianco. Dal canto suo la donna finse di essersi invaghita del generale, che mangiò e bevve fino ad ubriacarsi. Quando i festeggiamenti si conclusero, i due rimasero soli e Giuditta si rivolse a Dio perché guidasse la sua mano. Afferrò quindi la spada di Oloferne e gli tagliò la testa, che nascose in una bisaccia con l'aiuto dell'ancella. Poi, insieme, fecero ritorno a Betulia.
Il giorno dopo, mentre Giuditta veniva celebrata come un'eroina, la testa del generale assiro fu esposta sulle mura della città e l'esercito nemico si diede alla fuga.
Nel corso della storia le vicende di Giuditta e Oloferne sono state ampiamente rappresentate: dalle miniature medievali, passando per il Rinascimento fino a giungere all'età moderna. Ma è nell'età contemporanea che le opere pittoriche che ritraggono Giuditta – e in alcuni casi Oloferne – si moltiplicano in un trionfo di stili, tecniche e rappresentazioni diversissime.
Secondo alcune interpretazioni Giuditta ebbe così tanto successo nella storia dell'arte perché rappresenterebbe la difesa della patria: il suo coraggio e la sua fede la portarono a giocarsi il tutto per tutto pur di salvare il suo popolo. Altri propendono per il ritratto di una donna che finalmente reagisce ai continui attacchi e soprusi del genere maschile.