C’è spesso un momento nella storia in cui cicli economici e demografici, sogni di gloria, progetti commerciali, tensioni ideali e religiose trovano un punto di congiunzione. Tra il 1415 e il 1460 tutto si collega nella figura di Enrico di Aviz detto il Navigatore, nato a Oporto nel 1394, terzo nella linea degli eredi al trono del Portogallo, figlio del re Giovanni I e di Filippa di Lancaster. “Talento di ben fare”, il motto sul suo stemma, darà l’impronta a tutta la storia delle esplorazioni.
L'epopea di Enrico il Navigatore
Secondo lo storico francese Pierre Chaunu «non ha scoperto nulla, non ha innovato nulla nel campo della scienza e della tecnica, ma ha riunito i mezzi e le conoscenze del suo tempo per i fini di conquista che perseguiva». Ed Enrico li ha ben chiari. Cerca oro e spezie, nuove ricchezze, ed è impregnato ancora dallo spirito della crociata, di lotta agli infedeli. E’ anche spinto da una divorante curiosità di scoprire nuove terre e nuove rotte e dall’ansia di verificare l’esistenza di regni leggendari come quello del Prete Gianni, un ipotetico sovrano cristiano nestoriano il cui dominio dal XII secolo era stato di volta in volta collocato tra l’Asia estrema e l’Etiopia e che avrebbe potuto essere un alleato prezioso della cristianità, attaccando alle spalle l’islam. Un mito infondato che durò a lungo.
Enrico il Navigatore. Particolare del Polittico di São Vicente de Fora. Nuno Gonçalves, 1450 circa. Museo nazionale d'arte antica, Lisbona.
Foto: © 2000 Topham Picturepoint / Cordon Press
L’epopea di Enrico il Navigatore ha una data d’inizio: 1415, la conquista portoghese di Ceuta, in Marocco. Quasi di fronte a Gibilterra, la roccaforte musulmana è il punto d’arrivo delle rotte trans-sahariane dell’oro del Sudan, come era nota allora l'Africa occidentale. L’economia della cristianità è in fase di ripresa dopo l'epidemia di peste nera che tra il 1347 e il 1353 sconvolge l'Europa: il grande commercio si sviluppa e richiede l’oro, scarso in Occidente e che arriva soprattutto dal Maghreb viaggiando in piccole quantità a dorso di dromedario.
Un'accademia per scoprire il mondo
Il 22 agosto 1415 il re Giovanni I e i suoi figli Edoardo, Pietro ed Enrico conquistano Ceuta e spezzano così il flusso delle carovane musulmane. Enrico inizia subito a coltivare il grande progetto della discesa navale lungo la costa africana per stabilire un canale di rifornimento diretto dell’oro e cercare la rotta per arrivare alle spezie delle Indie. Già nel 1416 nell’Algarve, tra Sagres e il poco distante porto di Lagos, comincia a sviluppare una "accademia", che probabilmente non era tale ma di sicuro costituiva un polo tecnologico all'avanguardia. Riunisce matematici (lui stesso lo era), astronomi, geografi, cartografi, tecnici navali ed esperti marinai. Qui si perfeziona l’uso dell’astrolabio per calcolare l’altezza degli astri sull’orizzonte e stabilire la posizione in mare, si calcolano le distanze, si progettano navi veloci come le caravelle. E si realizzano portolani, le prime vere carte nautiche in cui, mediante linee rette, erano segnate le rotte tra i vari porti con l’indicazione dei venti e i precisi contorni della costa.
Nel 1419 il re nomina Enrico governatore dell’Algarve e soprattutto Gran maestro dell’Ordine del Cristo, che in Portogallo aveva incamerato i beni dei ricchissimi Templari, mandati al rogo su ordine di Papa Clemente V nel 1312. Enrico ha 25 anni e con l’Ordine crea una sorta di stato nello stato: lì troverà le risorse per avviare tutti i suoi progetti. Di un Paese periferico con poco meno di un milione di abitanti farà una grande potenza, a lungo padrona del commercio e di un impero mondiale.
Portolano di Diego Homem che rappresenta l'Europa e l'Africa settentrionale. XVI secolo
Foto: Pubblico dominio
Lungo il continente africano
In quello stesso 1419, dal molo di Lagos, Enrico vede partire la sua prima spedizione verso l’ignoto: l’approdo è Madera, l’arcipelago atlantico a circa 500 chilometri dalla costa del Marocco. La scoperta o riscoperta delle Azzorre è del 1427. Il Navigatore non prenderà mai il mare con i suoi capitani, ma fino al 1433 invierà ben 15 spedizioni lungo la costa africana nel tentativo di superare il punto estremo mai violato: capo Bojador, nell’attuale Sahara Occidentale a sud del Marocco, a 27 gradi di latitudine. Tutte falliscono. Ma il nuovo re, il fratello Edoardo I, lo sostiene e gli riconosce la quota di un quinto di tutti i ricavi commerciali ottenuti dalle sue scoperte con l’esclusiva dei diritti di esplorazione. Finalmente, nel 1434, Gil Eanes abbatte la barriera restando molto al largo di capo Bojador e superando così le insidie delle secche e dei venti contrari. E scopre anche la via del ritorno, puntando sulle Azzorre per intercettare l’aliseo verso il Portogallo. Dietro l’impresa di Eanes c’è una prima comprensione del meccanismo dei venti dell’Atlantico con la Volta do mar, il giro largo necessario per scendere lungo l’Africa.
Dopo soli 3 anni, nel 1437, il sultano del Marocco la sfortunata impresa di Tangeri impone una battuta d’arresto. Il sultano del Marocco, dopo avere perso Ceuta, ha dirottato su Tangeri tutte le carovane sahariane. E’ soprattutto Enrico a spingere per l’attacco, che si concluderà con un disastro: per salvare l’esercito sarà costretto a lasciare in ostaggio il fratello minore Fernando, che morirà in prigionia a Fez. Enrico verrà incolpato della sua tragica fine, ma non cede e riprende a pianificare nuove imprese. Nel 1441 a Capo Branco (nell’attuale Mauritania) ecco approdare la prima caravella con Nuno Tristao: è lo strumento ideale per l’esplorazione, con vele triangolari su due o tre alberi che la rendono molto manovrabile, in grado anche di risalire il vento contrario.
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Oro e schiavi
Le scoperte di Enrico, intanto, vanno di pari passo con lo sfruttamento. Arguim (sulla costa mauritana) sarà il primo centro di raccolta degli schiavi e dell’oro del Sudan (un territorio che indicava gli attuali Mali, Niger, Nigeria, Ghana, Alto Volta, fino al Darfur). Nel 1444 Dinis Dias a Capo Verde effettua il primo grande carico di schiavi neri destinati a Lisbona e all’Algarve. Dopo il crollo demografico della seconda metà del XIV secolo Spagna e Portogallo hanno un bisogno crescente di forza lavoro e nel 1452, ecco il sollecito intervento del papa Nicola V che, con una bolla, dà al re del Portogallo il diritto di ridurre in schiavitù qualsiasi “saraceno, pagano o senza fede”.
Nel frattempo, le caravelle di Enrico nel 1446 si erano spinte fino alla foce del Gambia e nel 1460 avevano raggiunto la costa della Sierra Leone. In quel periodo l'organizzazione dello sfruttamento economico è cruciale, così come la necessità di difendere le rotte scoperte combattendo la concorrenza straniera. In una lettera alla corte portoghese inviata il 10 aprile 1454 dal re Giovanni II di Castiglia si legge: «Il Portogallo confisca i beni, imprigiona i marinai stranieri che arrivano dalle sue rotte e ad alcuni mercanti genovesi che risiedono a Siviglia vengono mozzate le mani». Infine, superato Capo Verde la navigazione richiede una nuova tecnica. L’estate favorisce l’andata verso sud, l’inverno il ritorno con venti che da est sospingono verso l’alto mare. Alla Volta do mar semplice delle Azzorre, usata per oltrepassare e fare poi ritorno da capo Bojador, bisogna ora sostituire la Volta complessa o alternata.
Azulejo di Jorge Colaço che rappresenta Enrico il Navigatore al promontorio di Sagres. 1922. Lisbona, padiglione Carlos Lopes.
Foto: Alvesgaspar, CC BY 2.5, shorturl.at/aeiF3
Il Capo di Buona Speranza?
Sono anche gli anni in cui si passa dal monopolio de facto a quello de jure. L’8 gennaio del 1455 un’altra bolla di Nicola V riconosce al Portogallo il possesso perpetuo di tutto ciò che si trova oltre Capo Bojador. E quelle coste ormai sono descritte nelle carte nautiche che Enrico fa disegnare e aggiornare dai suoi cartografi a Sagres. Carte preziose, su cui mantenere il segreto. Anche se nel 1447 re Alfonso V, su impulso dello stesso Enrico, commissiona a un frate camaldolese di Venezia, Fra Mauro, un grande planisfero del mondo. Fra Mauro è forse la punta più avanzata delle conoscenze geografiche dell’epoca. E’ stato anche soldato e mercante, e dal suo convento di San Michele in Isola raccoglie per anni notizie e indicazioni da navigatori e commercianti. Gli ci vorranno più di 10 anni, ma alla fine il planisfero è consegnato a Lisbona nel 1459. Ed è un planisfero sorprendente, perché per la prima volta appare anche la punta estrema dell’Africa come circumnavigabile, con il collegamento tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano. Eppure la scoperta del Capo di Buona Speranza e quindi del passaggio avverrà soltanto nel 1488… Fra Mauro, Enrico e i Portoghesi sembra che già conoscano il grande segreto.
Enrico morirà a Sagres il 13 novembre 1460 , lo stesso anno in cui Pero da Sintra porterà il limite delle esplorazioni fino alla Sierra Leone, ma sarà sempre la sua bandiera, la grande croce dell’Ordine del Cristo, che campeggerà sulle vele delle caravelle con cui Bartolomeu Dias, appunto nel 1488, doppierà il Capo delle Tempeste, ribattezzato poi Capo di Buona Speranza. Un’impresa che apre finalmente la tanto desiderata rotta delle spezie e delle Indie.
Monumento per commemorare i 500 anni dalla morte di Enrico, in primo piano sulla sponda del fiume Tago. 1960
Foto: Basilio - Opera propria, CC BY-SA 3.0, shorturl.at/stzD5
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Per saperne di più
- L'espansione europea dal XIII al XV secolo. Pierre Chaunu. Mursia, Milano, 1979.
- Il Portogallo nel Medioevo. Edgar Prestage in Storia del mondo medievale, vol. VII, Cambridge University Press, Garzanti Milano, 1978-1981.
- Prince Henry the Navigator: a Life. Peter Russell. Yale University Press. New York, 2001.