Le api, una benedizione per i romani

Miele e cera erano indispensabili nella vita quotidiana dei romani, che ammiravano l’organizzazione delle api negli alveari, simili a piccole "città"

Sin dai tempi preistorici gli uomini hanno sempre preferito le api agli altri insetti in virtù dei due elementi che le api producono e immagazzinano negli alveari: il miele e la cera. Già nell’arte mesopotomica, in quella egizia e nell’antica Grecia compaiono diverse scene di raccolta del miele. Nel 1843 a Oliena, in Sardegna, fu rinvenuta una statuetta di 16 cm in bronzo raffigurante un uomo nudo con il corpo coperto di api. La sua datazione non è certa, ma è probabilmente anteriore alla conquista dell’isola da parte dei romani (238 a.C.). Tuttavia è a Roma che il rapporto tra uomini e api si fa più stretto. La cera viene usata nella cosmetica e nelle tavolette per la scrittura; contemporaneamente assume grande importanza il consumo di miele. Non solo si usa come dolcificante, ma viene impiegato anche come ingrediente fondamentale di parecchi unguenti usati nella medicina popolare. Non a caso figura spesso nelle ricette attribuite al gastronomo Apicio.

Illustrazione del IV libro delle Georgiche di Virgilio dedicato al mondo delle api e dell'apicoltura. Edizione del XVIII secolo. ​

Illustrazione del IV libro delle Georgiche di Virgilio dedicato al mondo delle api e dell'apicoltura. Edizione del XVIII secolo. ​

Foto: UIG / Album. Color: José Luis Rodríguez

Non è perciò strano che Plinio il Vecchio affermi che fra tutti gli insetti il primato va alle api. Lo scrittore ne fornisce una lunga descrizione e ne riporta le abitudini nella sua Naturalis historiae, dove aggiunge che risvegliano una particolare ammirazione perché sono «le sole di questa specie generate a vantaggio degli uomini. Raccolgono il miele e il succo dolcissimo e delicatissimo e molto salutare, modellano i favi e le cere per i mille usi della vita, sopportano la fatica, compiono lavori, hanno uno stato, anche consigli in privato, ma capi nelle schiere e, cosa che è massimamente straordinaria, hanno abitudini al di là degli altri, non essendo né del genere domestico né selvatico». Plinio cita diversi trattati di apicoltura e descrive nel dettaglio le abitudini di questi insetti.

Malgrado si sapesse molto sul comportamento sociale di questi insetti, gli autori antichi pensavano che l’ape regina fosse un maschio, errore che sarebbe stato confutato solo nel XVII secolo. Erroneamente credevano anche che le celle dei favi avessero sei lati perché ogni ape vi lavorava con una delle sei zampe.

Incisione di un'ape proveniente da Cartagine. Musée d'archéologie nationale, Parigi

Incisione di un'ape proveniente da Cartagine. Musée d'archéologie nationale, Parigi

Foto: Franck Raux / RMN Grand-Palais

Incisione di un'ape proveniente da Cartagine. Musée d'archéologie nationale, Parigi

 

 

 

Pulite e laboriose

Nel suo testo, Plinio fornisce la chiave dell’importanza economica delle api, forse alla base della loro immagine lusinghiera comune a tutte le culture antiche. A esse si attribuivano virtù umane come la laboriosità, il coraggio o la pulizia, ed erano inoltre associate alla regalità. Ne è prova il fatto che, come narra la Historia Augusta, tra i vari presagi che annunciano l’ascesa al trono di Antonino Pio nel 138 d.C. figurano «sciami di api che coprirono le sue statue per tutta l’estensione del Paese».

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Inoltre simboleggiavano la fertilità. Per questo ricorrono quale elemento decorativo nelle raffigurazioni di Artemide all’interno del tempio di Efeso, una delle sette meraviglie dell’antichità. Nelle sculture della dea, la sua tunica è ricoperta di esseri mitologici, elementi floreali e animali tra i quali risaltano le api. Nella mitologia greco-latina le api sono inoltre gli uccelli delle muse, le divinità ispiratrici dell’arte. Testimoniano l’importanza dell’apicoltura autori come Varrone o Virgilio, i quali vi dedicano dei capitoli nelle proprie opere, equiparandola alla coltivazione della vite o dei cereali. Varrone afferma che le api vivono in «città simili a quelle degli uomini», perché «vi si trova un re, un governo e una società». Ed elogia anche la loro pulizia, giacché «non ricercano se non ciò che è puro» e non si fermano «in un luogo impuro, o di cattivo odore».

Miele in una pittura a muro nella casa dei Cervi a Ercolano. Museo archeologico nazionale, Napoli

Miele in una pittura a muro nella casa dei Cervi a Ercolano. Museo archeologico nazionale, Napoli

Foto: Bridgeman / Aci

Un libro tutto per loro

L’organizzazione sociale delle api viene lodata anche dal poeta latino Virgilio nelle Georgiche, il cui quarto libro è dedicato interamente a questi insetti. Lo scrittore fornisce consigli sul loro allevamento e ne descrive le abitudini. Virgilio ritiene che siano gli unici animali a vivere in società, a essere governati da leggi, ad avere una dimora fissa e a organizzare il lavoro in estate per prevenire il rigore dell’inverno. Tutte queste virtù, inoltre, secondo lui sono state concesse da Giove, padre di tutti gli dei. Le api lo avrebbero nutrito nella grotta Dittea dove Rea, la madre, lo aveva nascosto affinché non subisse la sorte dei fratelli: essere divorato dal padre Crono. Dei piccoli animali, quindi, degni perfino degli dei.

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