Le profezie lo ribadivano continuamente: allo scoccare dell’anno Mille dalla nascita del figlio di Dio ci sarebbe stata la fine del mondo. La descrizione di questo tragico evento costituiva il tema centrale del libro biblico dell’Apocalisse, che la tradizione attribuiva all’apostolo san Giovanni. Nel XX capitolo di questo testo sono rivelati gli avvenimenti che avrebbero caratterizzato la fine del mondo, dall’apparizione di Satana, all’arrivo degli eserciti infernali delle leggendarie popolazioni di Gog e Magog, fino alla risurrezione dei morti e al giudizio universale. Nel X secolo le immagini di questa visione profetica si diffusero in Europa, anche grazie alla forza visionaria dei Commentari dell’Apocalisse, l’opera del monaco spagnolo Beato di Liébana (VIII secolo). Il libro, e le sue vibranti miniature, offrivano immagini spaventose sul destino dei dannati nel giudizio universale. La sensazione che l’apocalisse fosse sempre più vicina si estese a macchia d’olio, raggiungendo tutti gli strati della popolazione, dai principi con scarsa preparazione religiosa ai colti chierici, dagli impavidi guerrieri fino agli umili contadini.
Il secondo angelo suona la tromba. Beato dell'Escorial, X secolo
Foto: E. Lessing / Album
Il timore collettivo per la fine del mondo si prestò anche a strumentalizzazioni politiche, come nel caso del monaco francese Adso da Montier-en-Der, autore del Libellus de Antichristi (954). Il trattato, scritto su richiesta della regina Gerberga, moglie di Luigi IV di Francia, suggeriva la coincidenza tra la decadenza della dinastia carolingia, di cui Adso era sostenitore, e l’arrivo del Millennio. Il libello provocò reazioni critiche, come quella dell’influente abate Abbon de Fleury, dalla parte dei Capetingi (successori dei Carolingi nel 987), che a distanza di alcuni decenni giudicò pure fantasie le tesi sulla fine del mondo.
Tuttavia, la sua fu una posizione minoritaria, perché con l’avvicinarsi dell’anno Mille si radicava sempre più il convincimento generale che la fine del mondo sarebbe giunta, a causa della malvagità diffusa tra il genere umano. Negli ambienti cristiani, la psicologia del terrore diede luogo a un sentimento duplice e contraddittorio: se da un lato si temeva l’arrivo di Satana, dall’altro si guardava con preoccupazione alla venuta del figlio di Dio, che sarebbe coincisa con il giudizio universale.
Segnali della fine del mondo
Qualsiasi indizio sembrava deporre a favore della prossima apocalisse: da un’epidemia o una carestia fino all’arrivo dei magiari, i cavalieri nomadi di origine russa che nel IX secolo saccheggiarono a più riprese l’Italia e l’Europa centrale, e che vari cronisti identificarono con i cavalieri dell’apocalisse. Gli autori insistevano sui rivolgimenti interni alla Chiesa, sulle rivoluzioni cosmiche, ma anche sulla struttura sociale non più regolata dalle leggi. Il cronista francese Rodolfo il Glabro (XI secolo) si fece interprete di tutte le istanze dell’ansia millenarista, dalla brutalità degli uomini al disordine del cosmo. In Palestina, il saccheggio delle chiese cristiane e gli attacchi ai pellegrini erano attribuiti al maligno e non ai problemi politici della regione.
“La bestia che sorge dall’abisso”, miniatura dal Beato di Girona, terminato nel 975 nel monastero di Tabara. Cattedrale di S. Maria di Girona
Foto: Oronoz / Album
Queste convinzioni erano alimentate anche da alcuni esponenti del ceto nobiliare, che non esitavano ad attribuire alla prossima apocalisse la responsabilità dei cattivi raccolti delle proprie terre e delle carestie tra i contadini. Così, a partire dalla metà del X secolo, tra strumentalizzazioni di varia natura, timori autentici e avventate conclusioni, la convinzione che il mondo stesse ormai giungendo alla sua fine saliva come una marea tanto più inarrestabile quanto più si avvicinava l’anno Mille.
Un’aurora brillante
In realtà, accanto ai timori crescenti si faceva strada, seppur in modo meno evidente, un cambiamento decisivo nella storia dell’Europa. Il cronista tedesco Thietmar di Merseburg, vissuto tra X e XI secolo, annunciava che nell’anno Mille «sul mondo risplenderà un’aurora brillante». Così dicendo, lo storico si riferiva agli effetti di una rivoluzione politica che avrebbe fatto vacillare il sogno di un impero territoriale, dando spazio a una serie di principati i cui conti sarebbero diventati re.
Chiesa e nobiltà feudale furono le protagoniste del cambiamento dell’Europa nell’anno Mille
Così accadde, per esempio, con Ugo Capeto, conte di Parigi, che diventò re di Francia nel 987, grazie anche all’appoggio del vescovo francese Adalberone di Laon. In altri territori si consolidarono le dinastie che poterono contare sulla fedeltà di nobili e cavalieri armati, ai quali furono assegnate terre chiamate “feudi”. Perciò, da lì a poco, questo tipo di società si sarebbe conosciuta con il nome di “feudale”. Questa rivoluzione fu criticata dalla Chiesa, che mise in guardia sul rischio che la società fosse retta dal sistema di valori dei nobili, per i quali la guerra era uno stile di vita. Non a caso proprio tra il X e l’XI secolo si affermarono le “paci di Dio” e le “tregue di Dio”, assemblee in cui era stabilito il divieto, perenne o temporaneo, da parte dei milites (signori locali e loro uomini d’arme) di usare violenza nei confronti dei chierici e degli indifesi, nonché di sottrarre beni alla Chiesa. Il conflitto tra i vescovi e i nobili si tinse di millenarismo, quando i primi non esitarono a considerare agenti della malitia, quindi del maligno, i guerrieri a cavallo sostenuti dai nobili, vale a dire i rappresentanti della militia.
Cerimonia di purificazione di un cavaliere. Rilievo del XIII secolo. Museo civico d'arte, Modena
Foto: Degli Orti / Art Archive
Con questo gioco di parole si condannavano la condotta sociale e l’ordine politico feudale, esaltando per contrasto quelli scaturiti dalla pace e la tregua di Dio. La tensione politica portava a strumentalizzare le immagini dell’apocalisse, instillando il dubbio che quegli stessi uomini, signori locali e milites, che erigevano torri in pietra per controllare l’arrivo dei popoli nomadi, ma anche il lavoro nei campi, fossero in realtà inviati dall’Anticristo. In questo complesso dibattito politico s'inserirono anche gli imperatori del Sacro Romano Impero, indeboliti nonostante l’altisonante titolo, che finirono per scontrarsi con l’autorità papale nella lotta per le investiture tra l’XI e il XII secolo.
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I timori si allontanano
Passarono l’anno Mille e le altre date che avrebbero potuto giustificare il millenarismo, vale a dire l’arrivo del figlio di Dio per giudicare i vivi e i morti. La società europea si ritrovò in una situazione paradossale: dopo decenni di paura per la fine del mondo e per il giudizio universale si passò ad anni in cui i timori di questi eventi erano smentiti dalla realtà di una vita economica in forte crescita.
Gli indizi di una prossima apocalisse non avevano più facile presa sulla sensibilità collettiva. Persino i toni drammatici ancora usati da alcuni studiosi nell’osservare i fenomeni naturali contrastavano con la sensazione che la storia non stesse per finire, ma che stessero invece nascendo nuove opportunità. Nella decade del 1030, quando non c’erano più motivi per credere alla fine del mondo, si cercò di giungere a un accordo tra le varie parti in conflitto. Ci vollero molti anni per riuscirci, ma intanto la popolazione crebbe, migliorarono i sistemi di coltivazione dei cereali e si diradarono le carestie: la primavera della storia cancellò l’inverno del millenarismo.
Satana divora i dannati, che sono tormentati dai demoni. Rappresentazione del giudizio universale nel mosaico della cupola del battistero di San Giovanni, a Firenze. Opera di vari artisti e maestranze, circa 1220-1320
Foto: AKG / Album
Esisteva una nuova opportunità e bisognava sfruttarla. L’anno Mille, alla fine, lungi dal dare concretezza ai timori ispirati dalla convinzione della fine del mondo, divenne il punto di partenza di un’aurora gloriosa, come aveva profetizzato Thietmar di Merseburg. Con l’XI secolo ebbe inizio una solida crescita economica, sociale e culturale, che costituì il punto di partenza verso la prima modernità. Fu proprio all’ombra di questo paradosso profondo che vennero scritte alcune delle pagine decisive della storia d’Europa.
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Per saperne di più
L’anno Mille. Storia religiosa e psicologia collettiva. Georges Duby, Jouvence, Milano, 2022.
L’anno Mille. Henry Focillon, SE, Milano, 2010.