«Senza essere propriamente bella, piaceva per il suo aspetto, la sua gaiezza e la sua bontà. Tesa a procurarsi i piaceri a cui le davano diritto la sua età e le sue attrattive, sfidava apertamente l'opinione più o meno lusinghiera che la gente aveva di lei». È il 1788, e a bordo di un brigantino che viaggia dalla Martinica verso la Francia una donna attira l'attenzione del comandante in seconda, che la descrive con queste lusinghiere parole. Ha venticinque anni ed è sposata con un nobile francese, ma ancora non sa ciò che il destino ha in serbo per lei.
Secondo un aneddoto, un'indovina martinicana predisse alla giovane che avrebbe contratto due matrimoni: il primo, infelice, l'avrebbe portata in Europa. Il secondo sarebbe stato con «un uomo bruno che avrebbe coperto il mondo con la propria gloria». Lei sarebbe diventata «più che regina», ma sarebbe stata destinata a una triste fine, «rimpiangendo la vita semplice e dolce della Martinica». Verità o leggenda, la storia le darà ragione: il mondo conoscerà quella donna come Giuseppina Bonaparte, imperatrice dei francesi.
“La bella creola”
Marie Josèphe Rose Tascher de la Pagerie nasce il 23 giugno 1763 a Les Trois-Îlets, in Martinica. Quarant'anni prima la famiglia si era stabilita nella colonia francese, dove possedeva diverse piantagioni di canna da zucchero. L'infanzia trascorre nella “perla delle Antille”, dove Yéyette (vezzeggiativo di Rose, il nome con cui era chiamata) riceve un’educazione abbastanza sommaria rispetto alle coetanee francesi di alto rango, ma la sua eleganza e il suo spirito la distingueranno sempre. Il padre Joseph Gaspard è cavaliere e luogotenente di fanteria della marina, la madre è una nobile inglese, la cui dote assicura il benessere familiare grazie al profitto delle terre coltivate dagli schiavi. Nel 1766 un uragano distrugge le piantagioni della famiglia Tascher: il disastro, sommato ai debiti accumulati dal padre, lascia la famiglia in seria difficoltà economica.
La soluzione è un matrimonio combinato: sarebbe toccato alla sorella maggiore Catherine, che però muore nel 1777, lasciando il compito a Marie Josèphe. Nel’ottobre 1779 la giovane – all'epoca sedicenne – si reca in Europa con il padre: due mesi più tardi, a Noisy Le Grand, viene data in sposa al visconte Alexandre de Beauharnais, figlio di un aristocratico francese ex governatore della Martinica. Dall’unione nascono il primogenito Eugène e la figlia Hortense, futura regina d’Olanda a fianco di Luigi Bonaparte – fratello del generale francese – e madre dell'imperatore Napoleone III. Il rapporto tra Marie Josèphe e Alexandre non è idilliaco: il marito non la stima e la accusa di adulterio, perché la figlia è nata prematura. Il libertinaggio dell’uomo conduce la coppia su strade diverse: la donna torna in Martinica e vi rimane per due anni, finché lo scoppio della rivoluzione francese e una rivolta degli schiavi la riportano in Francia.
François Gérard, ritratto di Joséphine del 1801
Foto: Pubblico dominio
Dal Terrore al riscatto
Rimasto a Parigi, Alexandre partecipa agli Stati generali in qualità di deputato della nobiltà, poi come presidente dell’assemblea costituente nel 1791. La gloria rivoluzionaria lascerà rapidamente spazio al Terrore: sospettato di tradimento, l’uomo viene arrestato e recluso nella prigione dei Carmini, dove poco dopo sarà portata anche Marie Josèphe. Alexandre incontra la ghigliottina il 23 luglio 1794: quattro giorni più tardi, il colpo di stato del 9 termidoro (27 luglio) mette fine al Terrore. Marie Josèphe è salva per un soffio: dopo tre mesi di prigionia e un destino quasi segnato, viene liberata il 28 luglio. Si ritrova sola, con due figli da mantenere. Complice una nuova legge approvata nel 1795, la donna riesce a recuperare i possedimenti dell’ex marito e riscattare la propria vita.
Vedova e amante di personalità politiche di spicco, negli anni successivi Marie Josèphe intrattiene una relazione con Paul François Barras, tramite il quale conosce Napoleone Bonaparte. Colpito dalla grazia e dalle «maniere irresistibilmente amabili» della donna, il giovane generale s’innamora della “belle créole” e le propone di sposarlo. Lei prende tempo: in una lettera a un’amica confessa di provare una certa «indifferenza» verso Napoleone, ma l'«assurda sicurezza» che lui dimostra la porta ad acconsentire. Si sposano civilmente il 9 marzo 1796: da quel momento lei sarà per tutti Joséphine, soprannome coniato da Napoleone cui resterà legata fino al 1809.
François Gérard, ritratto di Joséphine de Beauharnais, 1807 circa
Foto: Pubblico dominio
Amante, moglie, imperatrice
Pochi giorni dopo le nozze Napoleone è chiamato alla guida dell’armata d’Italia. Joséphine inizialmente rimane a Parigi, dove diventa molto popolare nei salotti dell’alta società. Dal marito riceve numerose lettere cariche di romanticismo, raramente corrisposte. È lo stesso Napoleone a lamentarsene: «Nessuna lettera da te – le scrive da Milano – e questo mi rende davvero inquieto». Joséphine apprezza le attenzioni dell’uomo: «mi adora come se io fossi una dea», scrive alla zia, ma mantiene un certo distacco. In quegli anni intrattiene relazioni clandestine con altri uomini, tra cui il luogotenente Hippolyte Charles, che l’accompagnerà in Italia quando Napoleone richiederà la presenza della moglie al suo fianco.
Tensioni e gelosie aumentano e influenzano gli equilibri di coppia: il generale corso risponde ai tradimenti della moglie con la stessa moneta, collezionando una serie di amanti (avrà un figlio illegittimo da almeno due di loro) che portano Joséphine a cercare di riavvicinarsi a lui. Il suo ruolo nell’ascesa di Napoleone è determinante: non farà mai mancare il proprio sostegno al marito. Dopo la nomina a primo console nel 1799, il 2 dicembre1804 nella cattedrale di Notre-Dame Napoleone viene proclamato imperatore e posa la corona sul capo di Joséphine, imperatrice dei francesi. L’anno successivo saranno riconosciuti sovrani del regno d’Italia.
Jacques-Louis David, Joséphine s'inginocchia davanti a Napoleone che la incorona imperatrice dei francesi
Foto: Pubblico dominio
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“Per il bene della Francia”
Lo spettro dell’infertilità diventa un’effettiva minaccia per il futuro della loro unione: rimasta sterile, forse per lo stress subito durante la prigionia, Joséphine non può dare alla luce un erede. La questione diventa ben presto un affare di stato, con forti pressioni sulla coppia: il divorzio diventa l’unica soluzione per garantire una discendenza all’imperatore. In un documento ufficiale, Joséphine è costretta a dichiarare di non aver «alcuna speranza di avere figli» e acconsente alla «dissoluzione di un matrimonio che ormai era un ostacolo al bene della Francia». Il 15 dicembre si tiene una cerimonia pubblica a les Tuileries: Napoleone annuncia la separazione e accetta il «sacrificio del più dolce affetto del proprio cuore» per «l’interesse e il sogno dei suoi popoli, che desiderano lasci ai propri eredi questo trono su cui la Provvidenza l’ha piazzato». Il divorzio avviene il 10 gennaio 1810. Due mesi dopo, l’11 marzo, Napoleone sposa Maria Luisa d’Austria per procura: la cerimonia in presenza dei due sposi avviene solo il 1 aprile al Louvre.
Joséphine si trasferisce al castello di Malmaison, a dieci chilometri da Versailles, dove trascorrerà il resto della propria vita. Rimane in buoni rapporti con Napoleone, con cui mantiene un legame epistolare. Nonostante il divorzio e l’allontanamento dai ruoli istituzionali, godrà sempre di rispetto e considerazione: tra gli amici che andranno a farle visita c’è lo zar Alessandro I. A causa di una patologia respiratoria, Joséphine muore il 29 maggio 1814, poche settimane dopo l'abdicazione di Napoleone. Oltre alla memoria di una donna di carattere, la cui presenza è stata determinante per la scalata al successo del generale corso, di lei rimangono i meravigliosi roseti coltivati nella dimora di Malmaison, dove raccolse duecentocinquanta specie rare, molte delle quali importate dall’oriente. Due di queste furono dedicate a Rose, come amava farsi chiamare da ragazza, prima di diventare Joséphine, imperatrice di tutti i francesi.
Lo zar Alessandro I con Joséphine e la sua famiglia
Foto: Pubblico dominio
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