Joséphine Baker, un'artista contro il razzismo

Se nel Paese natale, gli Stati Uniti, Joséphine Baker fu disprezzata per il colore della sua pelle, a Parigi il pubblico cadeva ai suoi piedi. Fu lì che divenne una ballerina inimitabile di fama internazionale e che collaborò con la Resistenza, trasformandosi in icona politica e superstar

Joséphine Baker con l'iconico costume dello spettacolo parigino "La revue nègre" nel 1925

Joséphine Baker con l'iconico costume dello spettacolo parigino "La revue nègre" nel 1925

Foto: Cordon Press

L'infanzia di Joséphine McDonald, nata a Saint Louis (Missouri) il 3 giugno 1906, trascorse in un periodo particolarmente complicato per gli afroamericani. A undici anni assistette al massacro di Saint Louis, in cui, nel luglio 1917, nel corso di due giorni centinaia di neri furono assassinati, le loro case incendiate, e in più di seimila furono espulsi dalla città. Joséphine e la madre riuscirono a salvarsi, ma la stessa sorte non toccò a diversi suoi amici, che morirono davanti ai suoi occhi. I suoi anni giovanili furono segnati dai maltrattamenti, gli abusi e le cattive condizioni di vita offertile dai padroni della casa in cui sua madre lavorava: la facevano dormire in una cassa di legno in cantina, in compagnia del cane.

I suoi anni giovanili furono segnati dai maltrattamenti, gli abusi e le cattive condizioni di vita offertile dai padroni della casa in cui sua madre lavorava: la facevano dormire in una cassa di legno in cantina

A tredici anni Joséphine lavorava come cameriera all'Old Chauffeur's Club, dove conobbe il musicista Willie Wells, che sposò quello stesso anno. La relazione durò solo pochi mesi e presto i due divorziarono. Una cosa era chiara alla giovane Joséphine: tutto ciò che poteva salvarla dalla povertà era il suo dono per la danza. Fu così che, una volta che le diedero la possibilità di ballare davanti a un pubblico, non abbandonò più il palcoscenico.

A quattordici anni si guadagnava da vivere ballando per strada, finché si unì a un trio di artisti ambulanti e conobbe Willie Baker, un chitarrista blues che sposò poco dopo. Nemmeno il secondo matrimonio durò molto. Joséphine voleva essere una donna indipendente e, disobbedendo ai consigli della madre, lasciò il marito, di cui conservò soltanto il nome, per andarsene a Broadway. Qui iniziò a lavorare al Plantation Club, dove conobbe Caroline Dudley Reagan, moglie dell'agente di commercio dell'ambasciata statunitense a Parigi, Donald J. Reagan. Questi vide il grande potenziale della giovane e per 250 dollari a settimana le offrì il ruolo di protagonista nello spettacolo che voleva montare a Parigi.

Il manifesto dello spettacolo "La revue nègre" del 1925

Il manifesto dello spettacolo "La revue nègre" del 1925

Foto: Cordon Press

Verso la fama

Il nome di Joséphine non sarebbe passato inosservato nella capitale mondiale dello spettacolo. Joséphine era la stella dello show La revue nègre, un numero pieno di stereotipi razzisti. La giovane ballava spasmodicamente ai ritmi del compositore Sidney Bechet e il suo corpo nudo, coperto solo da uno striminzito gonnellino di banane fatto di tela, estasiò a tal punto i parigini che lo spettacolo divenne un enorme successo. Nel pieno splendore dell'Art déco e della rivendicazione dell'arte africana il produttore inserì nello spettacolo un'impressionante femmina di ghepardo che chiamò Chiquita, che Joséphine in seguito avrebbe adottato. Chiquita e Joséphine divennero inseparabili, e la ballerina regalò alla nuova amica un prezioso collare di diamanti. Ma il ghepardo non fu il suo unico animale da compagnia: aveva una capra di nome Toutoute che viveva nel camerino del suo night club, un pappagallo con cui parlava prima di andare in scena, un boa e un maiale di nome Alberto, che viveva nella sua cucina e che lei profumava con Je Reviens, il profumo più chic del momento.

Nel pieno splendore dell'Art déco e della rivendicazione dell'arte africana il produttore inserì nello spettacolo un'impressionante femmina di ghepardo che chiamò Chiquita, che Joséphine in seguito avrebbe adottato

Ogni giorno Joséphine riceveva proposte di matrimonio dalle sue decine di ammiratori. Uno di loro era il conte Pepito de Abatino, come si faceva pomposamente chiamare Giuseppe Abatino, in realtà un muratore siciliano. A Joséphine non importavano le sue origini e i due divennero inseparabili. Non potendo sposarsi, perché lei era ancora ufficialmente coniugata con il secondo marito, lui ne divenne il marito in pectore. Il che non significa che fossero monogami: la ballerina ebbe storie con decine di uomini e con diverse donne, tra cui la scrittrice Colette, alla cui ambiguità amorosa Joséphine dedicò la sua canzone più famosa: J'ai deux amours ("Ho due amori"), che all'apparenza si riferisce a Stati Uniti e Francia.

Joséphine e il suo ghepardo Chiquita negli anni venti

Joséphine e il suo ghepardo Chiquita negli anni venti

Foto: Cordon Press

Una star disprezzata nel proprio Paese

Nel 1935 Joséphine Baker tronò da star negli Stati Uniti, pronta a dimostrare fin dove potesse arrivare una povera bambina afroamericana del Missouri. Per sua disgrazia, nel Paese natale le cose non erano cambiate e il disprezzo dei compatrioti per il colore della sua pelle era sempre lì: l'artista era obbligata a entrare nel suo hotel dalla porta sul retro. Una volta in Francia decise di non tornare negli Stati Uniti e adottò la nazionalità francese sposando l'industriale Jean Lion, da cui si sarebbe separata un anno dopo.

Il suo ritorno in Francia le portò nuovi successi. Janet Flanner, cronista del New Yorker a Parigi, descrisse così il suo nuovo spettacolo: «Ci sono tante scale da sembrare un sogno freudiano, cori di ballerine importati dall'Inghilterra, un corpo di ballo russo completo, colombe ammaestrate, un ghepardo vivo, montagne russe, la scenografia veneziana più bella del secolo, ettari di splendidi vestiti, le quattro migliori ballerine di can can sulla scena, un numero di suspense in cui un gorilla salva Miss Baker da un tifone e un balletto aereo con grasse signore italiane che saltellano sui fili».

Per sua disgrazia, nel Paese natale le cose non erano cambiate e il disprezzo dei compatrioti per il colore della sua pelle era sempre lì

Un anno prima dell'invasione tedesca della Francia Joséphine ricevette la visita di un alto esponente dell'intelligence francese. Consapevole che la sua popolarità le permetteva di accedere in qualunque luogo, sperava di reclutarla per il servizio di spionaggio. La risposta dell'artista fu: «La Francia è il Paese che mi ha adottata senza riserve. Sono disposta a dare la vita per lei».

Joséphine Baker circondata da soldati dopo uno spettacolo nel 1939

Joséphine Baker circondata da soldati dopo uno spettacolo nel 1939

Foto: Cordon Press

Divenuta un importante membro della resistenza, i suoi spettacoli erano la scusa perfetta per viaggiare in un'Europa in guerra e il suo status le permetteva di accedere alle ambasciate e alle case di persone ricche e potenti. Esibendo la sua proverbiale simpatia cantava e ballava, portandosi via informazioni importanti scritte con inchiostro invisibile sugli spartiti che conservava appuntandoli alla biancheria. Nessuno la registrava, le chiedevano soltanto autografi. Viaggiò per tutta l'Europa e anche in Africa: a Casablanca collaborò con una rete che aiutava gli ebrei a fuggire in Sudamerica. Baker si offrì anche volontaria della Croce Rossa per lavorare come infermiera e pilota. Il suo aiuto però fu anche più mondano: cantò e ballò per le truppe alleate. Nei suoi spettacoli incoraggiò la fraternizzazione tra soldati neri e bianchi.

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L'araba fenice

Pur sapendo che negli Stati Uniti non era amata quanto in Europa, all'inizio degli anni cinquanta Baker tornò nel suo Paese con la Legion d'onore sottobraccio. A New York le fu nuovamente vietato l'ingresso a nientemeno che trentasei hotel per il colore della pelle, e lo stesso accadde a Las Vegas: nonostante questo, il suo ritorno in patria fu un trionfo. Iniziò un tour in cui impose una clausola ineludibile: non avrebbe recitato in locali segregazionisti, qualunque prezzo le avessero offerto. A Miami le proposero 100mila dollari, che lei rifiutò, e dovettero accettare la presenza di uomini e donne afroamericani tra il pubblico. Il tour statunitense di Baker si concluse con una sfilata davanti a 100mila persone ad Harlem per celebrare il titolo di Donna dell'anno assegnatole dall'Associazione nazionale per l'avanzamento di persone di colore.

Joséphine Baker iniziò un tour in cui impose una clausola ineludibile: non avrebbe recitato in locali segregazionisti, qualunque prezzo le avessero offerto

Joséphine Baker assistette alla leggendaria marcia di Martin Luther King su Washington nel 1963, il giorno in cui il leader della lotta per i diritti civili pronunciò il celebre discorso I have a dream. Indossando orgogliosa l'uniforme militare e le molteplici decorazioni, fu l'unica donna a parlare davanti ai 300mila partecipanti all'evento. Un anno dopo avrebbe avuto due infarti e un'embolia che ne avrebbero minato gravemente la salute.

Manifesto dell'ultimo spettacolo di Joséphine Baker

Manifesto dell'ultimo spettacolo di Joséphine Baker

Foto: Cordon Press

Tormentata dai problemi economici (aveva debiti per mezzo milione di dollari), Joséphine Baker fu espropriata del castello in cui viveva con i dodici figli che aveva adottato e dovette condividere una stanza e a vedere tutti i suoi beni. Cacciata via a forza, la diva rimase sette ore seduta alla porta di quella che era stata casa sua, sola e sotto la pioggia. Questa immagine commosse la Francia, scioccata nel vedere la sua star finita per strada. Una donna però le offrì aiuto: Grace Kelly. Divenuta ormai la principessa Grace di Monaco, l'attrice le trovò una casa di quattro stanze nel Principato e insieme al marito, il principe Ranieri, la aiutò a rilanciare la sua carriera. Con il nuovo spettacolo Bobino Joséphine tornò ancora una volta alla ribalta di Parigi. La critica fu unanime: era ancora immensa, era ancora una diva. Quattro giorni dopo la prima, il 12 aprile 1975, la trovarono morta in camera sua, circondata da ritagli di giornale sul suo spettacolo. Aveva avuto un'embolia. Seppellita a Monacon con gli onori militari, in prima fila stava Grace Kelly, la donna che fu, nei suoi peggiori momenti, sua grande amica e protettrice.

La principessa Grace di Monaco ai funerali di Joséphine Baker

La principessa Grace di Monaco ai funerali di Joséphine Baker

Foto: Cordon Press

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