La vita e l’opera di Jonathan Swift, nato il 30 novembre 1667 a Dublino, in Irlanda, fu una costante lotta contro la stupidità umana in tutte le sue accezioni: politica, religiosa e morale. Il geniale scrittore irlandese intraprese una furiosa crociata contro l’irrazionalità e le limitazioni alla libertà, impiegando ampie dosi di spirito satirico e di scetticismo, molto presenti nella sua vita e, di conseguenza, nei suoi scritti: «Quando un vero genio fa la sua comparsa nel mondo lo potete riconoscere grazie a questo infallibile segno: che tutti gli asini si uniscono per cospirare contro di lui», dichiarò.
Lo scrittore ritratto da Charles Jervas nel 1710
Foto: Cordon Press
Un viaggio carico di simbolismo
«Dopo l'ultimo di questi viaggi, che si era rivelato poco redditizio, mi venne la nausea del mare; e poi cresceva in me il desiderio di starmene a casa con mia moglie e la mia famigliola. Traslocai dunque dall'Old Jury a Fetter Lane e di qui a Wapping, nella speranza di trovare lavoro fra i marinai, senza per altro ottenerne alcun guadagno. Dopo avere atteso per tre anni che le cose volgessero al meglio, accettai la vantaggiosa offerta del capitano Guglielmo Prichard, comandante dell'"Antilope", in procinto di partire per i mari del sud. Salpammo da Bristol il 4 maggio 1699 e il viaggio all'inizio si svolse favorevolmente». È questo uno dei primi paragrafi dell’opera più nota di Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver.
Swift la pubblicò sotto lo pseudonimo di Lemeul Gulliver, e il titolo originale era Viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo. Ebbe un successo immediato. Il libro è carico di simbolismo e fitto di commenti satirici e costituisce un’autentica dichiarazione d’intenti contro la corruzione politica, i vizi e i difetti dell’essere umano. La sua opera è anche una critica alla guerra e agli oscuri motivi che la provocano. È stata adattata per il teatro e per il cinema, tradotta in decine di lingue e fa senza dubbio parte del patrimonio culturale dell’umanità.
L’opera, che Swift pubblicò sotto lo pseudonimo di Lemeul Gulliver, e il cui titolo originale era Viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo, ebbe un successo immediato
Gli scritti di Swift sono figli del suo tempo. Ciò non significa che avessero senso soltanto allora: la sua critica e l’ironia possono valere in qualunque periodo, dato che, secondo l’autore, gli esempi di stupidità e delle sue varie maschere sono atemporali. Prova del furore e della misantropia che lo caratterizzarono sono queste parole: «Di anno in anno, anzi, di mese in mese mi sento sempre più spinto all’odio e alla vendetta; e la mia intelligenza è tanto acuta che mi obbliga a smascherare la follia e la codardia di questo popolo schiavo in seno al quale vivo».
Illustrazione del XIX secolo che mostra il viaggio di Gulliver a Lilliput
Foto: Cordon Press
Un best-seller fortemente ironico
I viaggi di Gulliver fu un successo fin dalla pubblicazione: divenne un autentico best-seller. Lo leggevano tutti, dalle governanti ai bambini. Malgrado l’amarezza e la durezza di certe sue pagine, i piccoli si divertivano a immaginare un mondo fantastico in cui apparivano esseri minuscoli e altri giganteschi, un’isola volante e un luogo dove i cavalli parlano.
Malgrado l’amarezza e la durezza di certe sue pagine, i piccoli si divertivano a immaginare un mondo fantastico in cui apparivano esseri minuscoli e altri giganteschi, un’isola volante e un luogo dove i cavalli parlano
Il libro è diviso in quattro parti, che corrispondono a quattro viaggi distinti: quello a Lilliput e Blefuscu; quello a Brobdingnag; quello a Laputa, Balnibarbi, Glubbdubdrib, Luggnagg e il Giappone, e infine il viaggio nella terra degli Houyhnhnm. Ciascuno di essi mostra vari aspetti dei vizi e dei difetti umani. I lillipuziani sono malvagi, ignoranti e crudeli, sono governati da un re e una corte di incapaci vanesi e passano il tempo a farsi guerra. I giganti di Brobdingnag sono amichevoli e pragmatici, ma mancano d’intelligenza. Laputa è piena di filosofi e scienziati che si dedicano a questioni inutili, rinserrati in un mondo in cui la saggezza va di pari passo con la pedanteria, la stupidità e la banalità.
Nell’isola di Glubbdubdrib Gulliver trova una comunità di maghi che sa evocare gli spiriti dei morti, potendo così parlare con Alessandro Magno, Giulio Cesare, Aristotele… Gli Houyhnhnm sono cavalli intelligenti, che usano una specie simile agli uomini, gli Yahoo, come animali da soma. Attraverso gli occhi di questi animali, Swift descrive gli esseri umani come depravati, avidi e ignoranti. In effetti Swift scrisse il suo libro con l’intenzione di «aggiustare il mondo», e cercò di rendere visibili le conseguenze del non servirsi della ragione, facendosi guidare dagli istinti più bassi.
Gulliver parla con l'imperatore di Brobdingnag
Foto: Cordon Press
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Pazzo e isolato
I critici letterari sono divisi rispetto al fatto di considerare I viaggi di Gulliver un romanzo di fantascienza. Per alcuni, l’intento dell’opera era meramente satirico o morale, non utopico. Jonathan Swift attacca con umorismo corrosivo la natura umana, i racconti di viaggio tanto popolari all’epoca e la stessa scienza. I viaggi di Gulliver sono anche un buon esempio del cosiddetto “viaggio immaginario”, un genere narrativo molto amato nel XVIII secolo, spesso scritto in modo canzonatorio e ironico.
Secondo il critico e teorico letterario Edward W. Said, «l’opera di Swift è un miracolo perenne di quanti commenti può suscitare l’opera di un autore, pur continuando a rimanere problematica». Per parte sua l’intellettuale Giovanni Papini elogiò così lo scrittore irlandese: «Il cuore del suo genio è l’ironia, cioè dire una cosa intendendone un’altra. Swift ci turba perché la sua ironia non sembra avere limiti… […] In Swift l’ironia va a briglia sciolta e raggiunge una turbolenza sfrenata».
I viaggi di Gulliver sono un buon esempio del cosiddetto “viaggio immaginario”, un genere narrativo molto amato nel XVIII secolo, spesso scritto in modo canzonatorio e ironico
Nel gennaio 1728 morì Esther “Stella” Johnson, grande amica di Jonathan Swift, che forse sposò. Swift, profondamente toccato e rattristato dalla perdita, s’isolò per sempre. Trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita sprofondato nella malinconia, accompagnata da una progressiva perdita di memoria e di linguaggio. Secondo un parente, «a volte non pronuncia nemmeno una sillaba, o solo parole incoerenti, è come in uno stato di completa insensibilità, dorme molto ed è difficile fargli fare anche pochi passi».
Gulliver osserva l’isola volante di Laputa
Foto: Cordon Press
Cinque mesi prima che facesse testamento, una corte dichiarò Swift incapace d’intendere e di volere, e diversi scrittori quali Walter Scott e Samuel Johnson fecero intendere che era impazzito e che soffriva di pesanti attacchi d’ira. Il 19 ottobre 1745 Jonathan Swift morì, lasciando la maggior parte dei suoi beni ai poveri e per la costruzione di un manicomio. È sepolto a Dublino, nella cattedrale di San Patrizio, accanto a Stella e sotto un epitaffio che egli stesso scrisse in latino: «Qui è sepolto il corpo di Jonathan Swift S.T.D., decano di questa cattedrale, qui dove il violento sdegno più non può straziarne il cuore. Va', o passante, ed emula, se potrai, colui che per parte sua fu uno strenuo paladino della libertà».
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