Nel 1955, il governo del generale Nasser propose la costruzione di una nuova diga ad Assuan. Questo avrebbe comportato la creazione di un immenso lago artificiale a valle della diga, il lago Nasser, nel bel mezzo della regione storica della Nubia, che si estende dal sud dell’Egitto fino al nord del Sudan. I monumenti antichi costruiti in questa zona nel corso dei millenni erano condannati a scomparire sotto le acque del nuovo lago, che avrebbe raggiunto i 90 metri di profondità. Tra questi, c’erano alcune opere particolarmente emblematiche, come i templi di Abu Simbel e quelli dell’isola di File.
Il grande tempio di Abu Simbel nel suo sitio attuale. Dedicato a Ramses II, misura 22 metri di altezza, 38 di larghezza e 62 di profondità. I colossi seduti del faraone raggiungono i 22 metri di altezza
Foto: Josef Niedermeier / Age Fotostock
Grazie a una campagna dell'UNESCO, nel 1960 prese avvio l'opera di salvataggio dei templi nubiani. Non ci sono dubbi sul fatto che la principale sfida dell’operazione fu rappresentata dai due templi di Abu Simbel: quelli del faraone Ramses II e della moglie Nefertari, entrambi situati a pochi metri dalle rive del Nilo.
Dal momento della loro riscoperta, all’inizio del XIX secolo, le quattro statue ciclopiche di Ramses II erano diventate un emblema dell’Egitto. Il salvataggio dei due edifici sembrava una missione quasi impossibile considerando le dimensioni, l’urgenza dell’esecuzione – l’inondazione era prevista per il 1966 –, l’entità dell’investimento richiesto (quasi 90 milioni di dollari, più del doppio di quanto era stato speso per gli altri siti nubiani) e i dubbi degli ingegneri sul procedimento da seguire.
Nel 1963 si decise che i templi sarebbero stati tagliati in più di mille blocchi, per essere trasferiti su un altopiano 65 metri più in alto e rimontati esattamente nella posizione originale. Nella pratica ciò significava rimuovere tonnellate di terra e trasportare centinaia di blocchi di pietra. Era un’impresa senza precedenti e ancor oggi rappresenta una pietra miliare ineguagliabile nella storia dell’archeologia.
Le teste sezionate dei tre colossi che vegliano sull’entrata del tempio di Ramses II ad Abu Simbel attendono in un sito di deposito l’inizio della ricostruzione del monumento, nel 1966.
Foto: John Keshishian/Ngs
Furono allestite una rete di strade di rifornimento e una centrale elettrica e si arrivò a costruire una vera e propria città per alloggiare i partecipanti al progetto, che tra specialisti e operai arrivavano a un totale di 3mila persone. La fase di smontaggio dei templi si concluse nell’aprile del 1966, ovvero due mesi prima che il sito venisse sommerso.
Il 22 settembre del 1968 una grande cerimonia annunciava al mondo la rinascita dei magnifici complessi monumentali di Ramses II e di sua moglie Nefertari.
Un gruppo di operai sega in blocchi una delle statue colossali del sovrano Ramses II che decorano la facciata del tempio di Abu Simbel
Foto: Georg Gerster / NGS
L’ex direttore del Servizio egiziano dei monumenti nubiani scriveva sul Corriere dell’UNESCO del 1980: «Era stato salvato il gioiello dei tesori della Nubia, il monumento più grandioso mai scolpito nella roccia, esaudendo in questo modo il sogno del faraone Ramses di rendere il suo tempio immortale».
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Le quattro fasi del trasferimento dei templi di Abu Simbel