Il regno di Assurnasipal II: la rinascita dell'Assiria

Nemici scorticati vivi, prigionieri bruciati sul rogo, amputazioni di mani, naso e orecchie: con questi crudeli metodi il sovrano assiro Assurnasirpal II riacquistò il controllo sul territorio tradizionale dell’Assiria, tra l’Eufrate e i monti Zagros

Non appena salito al trono di Assiria, nell’883 a.C., Assurnasirpal II rivelò la sua grande ambizione: trasformare l’impero assiro nella massima potenza del Vicino Oriente. Già nel suo primo anno di regno il sovrano, in qualità di rappresentante del dio Assur sulla terra, intraprese due campagne militari, ne avviò un’altra nell’882, due nell’881 e una ogni anno nel periodo compreso tra l’880 e l’878. Non molti monarchi assiri prima di lui poterono gloriarsi di aver condotto tante battaglie, riportando altrettante folgoranti vittorie.

Nel corso dei suoi quasi venticinque anni di regno Assurnasirpal II guidò almeno quattordici spedizioni contro i piccoli regni aramaici sorti due secoli prima nella regione mesopotamica. Tra queste, a tributargli maggiore fama fu probabilmente la campagna in Occidente, durante la quale il re assiro si spinse fino al Mediterraneo e ottenne la sottomissione delle città neo-ittite e fenicie.

Pannellodal palazzo di Assurnasirpal II a Nimrud, raffigurante il re assiro come un guerriero sulla biga. 875-860 a.C. British Museum, Londra

Pannellodal palazzo di Assurnasirpal II a Nimrud, raffigurante il re assiro come un guerriero sulla biga. 875-860 a.C. British Museum, Londra

Foto: British Museum / Scala, Firenze

Il suo esercito dovette fronteggiare più volte la strenua resistenza degli stati aramaici occidentali, acerrimi nemici degli assiri, in particolare il regno di Bit-Adini (nell’attuale Siria), su cui Assurnasirpal II conseguì notevoli successi militari. Fu così che intorno all’876 a.C. il monarca riuscì a raggiungere le sponde del mar Mediterraneo, restituendo all’Assiria i territori perduti un secolo e mezzo prima. Lì, nelle acque del Gran mare dell’Occidente, come gli assiri definivano il Mediterraneo, il re lavò le sue armi, seguendo il rito compiuto tanti secoli prima dal grande Sargon di Akkad, il leggendario fondatore dell’impero accadico.

I suoi trionfi, peraltro, non erano terminati; le opulente città fenicie del litorale, quali Tiro, Sidone e Biblo, fecero spontaneo atto di sottomissione, offrendo il loro tributo al conquistatore: tale era il timore che il re assiro infondeva in tutta la regione.

Timorose di essere spazzate via, le opulente città fenicie si sottomisero ad Assurnasirpal II

L’efferatezza militare assira

Il sistema bellico degli assiri era dei più feroci, e un vero e proprio terrore coglieva le genti all’arrivo del loro potente esercito. Le ragioni di tale contegno si rivelano chiaramente nei bassorilievi del palazzo reale di Assurnasirpal II a Kalhu (odierna Nimrud), testimonianza visiva delle conquiste dello spietato monarca, corredati da incisioni cuneiformi che descrivevano le scene rappresentate.

Guerrieri assiri sul loro carro. Frammento delle porte di Balawat. Louvre, Parigi

Guerrieri assiri sul loro carro. Frammento delle porte di Balawat. Louvre, Parigi

Foto: E. Lessing / Album

In una delle lunghe iscrizioni che decoravano il tempio di Ninurta, adiacente al palazzo reale, si narrano le sanguinarie imprese compiute dal sovrano durante la sua seconda campagna, nel Tur Abdin, regione collinare della Turchia sudorientale, compresa tra il Tigri e la pianura mesopotamica: «Traversato il Tur Abdin mi avvicinai a Kinabu, una fortezza di Hulaja, e con la forza del mio esercito e la violenza del mio assalto la conquistai dopo averla circondata. Abbattei con le armi ottocento dei loro guerrieri, bruciai vivi tremila loro prigionieri e non ne risparmiai uno solo da prendere come ostaggio. Catturai vivo il loro signore Hulaja, costruii una torre con i loro cadaveri, bruciai vivi i loro ragazzi e le loro ragazze, scuoiai il loro signore Hulaja e con la sua pelle rivestii le mura di Damdamusa; distrussi, rasi al suolo e diedi alle fiamme la città».

Il feroce sistema bellico degli assiri si fondava sul terrore e sulla distruzione

Più avanti, il terribile racconto prosegue: «Movendo da Kinabu mi avvicinai a Tela, una città potentemente fortificata circondata da tre mura. L’esercito [nemico], confidando nelle sue fortezze e nel numero delle sue truppe, non scese ad abbracciarmi i piedi. Con uno scontro e un assalto conquistai la città dopo averla circondata, abbattei con le armi tremila loro combattenti, deportai prigionieri assieme ai loro beni e al loro bestiame bovino ed ovino, bruciai vivi molti dei prigionieri e catturai vivi molti soldati; ad alcuni tagliai braccia e mani, ad altri tagliai il naso, le orecchie e le estremità; a molti soldati strappai gli occhi. Costruii una torre con i vivi e una con le teste, appesi le loro teste ad alberi attorno alla città, bruciai vivi i ragazzi e le ragazze, distrussi, rasi al suolo, detti alle fiamme e divorai la città».

Tale resoconto faceva parte degli annali storici, la più lunga e dettagliata narrazione storica assira. Varie altre steli con iscrizioni e incisioni erano collocate nei capoluoghi delle province: per chi non sapeva leggere, i bassorilievi raffiguranti simili episodi di guerra risultavano senza dubbio altrettanto eloquenti.

Assurnasirpal II in una statua rinvenuta a Nimrud e originariamente collocata nel tempio di Ishtar Sharrattniphi. IX secolo a.C., British Museum

Assurnasirpal II in una statua rinvenuta a Nimrud e originariamente collocata nel tempio di Ishtar Sharrattniphi. IX secolo a.C., British Museum

Foto: Werner Forman / Gtres

La crudele sorte dei vinti

Durante le sue spedizioni militari Assurnasirpal II manifestava una durezza implacabile. Certo, il monarca offriva ai propri avversari l’opportunità di sottomettersi volontariamente al suo dominio, come fecero le città fenicie. In tal caso, però, i popoli assoggettati erano obbligati a pagare un tributo annuale, detto maddattu nei testi assiri, la cui entità dipendeva dalle risorse disponibili in ciascun territorio: legna dalle regioni di montagna, tessuti dall’Occidente, vino dalla regione pedemontana del Kashiyari (nell’odierna Turchia); particolarmente celebre all’epoca era il vino di Izalla, città che rese omaggio all’invasore assiro nel corso della sua seconda campagna.

Tuttavia, verso chi opponeva resistenza o si ribellava, Assurnasirpal II non mostrava alcuna pietà, mettendo in atto una sistematica politica del terrore e della terra bruciata. E nelle cronache del suo regno abbondano, infatti, i racconti di devastazioni e di atrocità di ogni genere inflitte ai nemici sconfitti. Nel resoconto relativo alla quarta campagna del sovrano si legge: «Abbattei con le armi ottocento loro combattenti e riempii le strade della loro città (la fortezza del ribelle Arastua, nella valle del Tanjaro) con i loro cadaveri, colorandone le case del loro sangue». Fu così, sul sangue e sull’oppressione dei popoli soggiogati, che Assurnasirpal II ricostruì l’impero assiro, destinato a dominare su tutto il Vicino Oriente per oltre due secoli.

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La fastosa corte del re

Il regno di Assurnasirpal II non si risolse, tuttavia, in un semplice susseguirsi di conquiste e massacri. Desideroso di rinnovare la gloria dei suoi predecessori, egli decise di fondare una nuova capitale, una metropoli che rispecchiasse la rinata potenza assira, confinando la più antica Assur al ruolo di centro religioso.

Questa litografia presenta una raffigurazione ipotetica di Nimrud, con i suoi templi e i suoi palazzi affacciati sulle rive del Tigri. XIX secolo

Questa litografia presenta una raffigurazione ipotetica di Nimrud, con i suoi templi e i suoi palazzi affacciati sulle rive del Tigri. XIX secolo

Foto: Eileen Tweedy / Art Archive

Il luogo scelto fu Kalhu, l’attuale Nimrud, costruita nel XIII secolo a.C. in posizione strategica lungo la riva sinistra del Tigri. Assurnasirpal II la ampliò e vi edificò la cittadella che avrebbe ospitato il nuovo grandioso palazzo reale; poi fece scavare un canale nelle montagne per rifornire d’acqua la città e irrigare i suoi rigogliosi giardini. A difendere la nuova capitale, estesa per 360 ettari ed eretta perlopiù da migliaia di prigionieri di guerra giunti da ogni angolo dell’impero, era una cinta muraria della lunghezza di otto chilometri. In occasione dell’inaugurazione del palazzo, nell’864 a.C., il sovrano offrì un gigantesco ricevimento. Vi parteciparono quasi 70mila invitati che per dieci giorni poterono consumare sontuosi banchetti e ammirare gli splendidi giardini dell’edificio. Non mancarono gli ambasciatori fenici né i rappresentanti dei regni aramaici o delle regioni della media valle dell’Eufrate, che restarono impressionati dall’imponenza di Kalhu e dal suo maestoso palazzo e, senza dubbio, ebbero modo di osservarne i terrificanti bassorilievi, testimoni della brutale efficienza dell’esercito assiro. Questo, certamente, era stato l’intento di Assurnasirpal II: scolpire le proprie imprese nella memoria di tutti i popoli dell’impero, come monito della sua indiscussa supremazia.

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Per saperne di più

Gli assiri. Eva Cancik-Kirschbaum, Il Mulino, Bologna, 2007

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