Storica Il muro, la ferita aperta di Berlino Tra il 1949 e il 1961 più di 2,5 milioni di cittadini della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) socialista fuggirono verso la Repubblica Federale di Germania (RFG). Per scongiurare la perdita di giovani e di lavoratori qualificati che avrebbe minacciato la stabilità economica della RDT, venne eretto il muro di Berlino. La costruzione divenne fin da subito il simbolo della Guerra Fredda, lo scontro che, dopo la Seconda guerra mondiale, vide fronteggiarsi gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica e i rispettivi alleati, e che si concluse con la dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 Redazione 24 agosto 2022, 15:47 TAGS Età contemporanea Guerra Fredda Germania Leggi l'articolo 1 / 27 1 / 27 L'alba amara del 13 agosto Incastrata tra i territori della RDT e della RFG, Berlino era divisa in quattro settori: quello orientale, occupato dall'Unione Sovietica, e quelli occidentali, controllati da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. In città non esisteva una frontiera con vere e proprie barriere fisiche come quelle che separavano le due Germanie, e ciò facilitava la fuga di tedeschi orientali verso la RFG. A mezzanotte del 12 agosto 1961 le autorità della RDT fermarono il traffico diretto verso i settori occidentali. Ebbe così inizio la costruzione del muro, che all'inizio era solo una serie di recinzioni di filo spinato e barriere di mattoni di cemento come quella che innalza quest'operaio davanti al settore americano. Quando i berlinesi si svegliarono si trovarono davanti al fatto compiuto. L'operazione, preparata in gran segreto, fu condotta tra un sabato e una domenica, durante le vacanze estive: ciò contribuì a minimizzare le proteste. In Bernauer Straße gli edifici del settore orientale del Mitte, il centro, vennero inglobati nel muro: ne vennero tappate le finestre, come si può notare a sinistra; due giorni dopo che Burt Glinn scattò questa foto, la finestra da cui una donna sta parlando a un'altra (che si trovava nella RFG) venne murata. Foto: Burt Glinn / Magnum Photos / Contact Photo (a sinistra) / Picture Alliance / Getty Images (a destra) 2 / 27 Una reliquia della Guerra Fredda In Bernauer Straße, dove gli edifici che affacciavano su Berlino est furono demoliti per ampliare il muro, si è conservata integralmente una sezione di questo circuito fortificato, con i muri interni ed esterni, la cosiddetta "striscia della morte", il cammino di ronda e una torre di vigilanza dotata di riflettori. In origine questo terreno era appartenuto al cimitero della chiesa di Santa Sofia, ma la costruzione del muro nel 1961 comportò lo spostamento delle tombe vicine alla frontiera. Foto: AP 3 / 27 Checkpoint Charlie Cartello segnaletico del famoso posto di blocco Checkpoint Charlie, sulla strada che collegava i settori sovietico e statunitense. Foto: Gtres 4 / 27 Zecche e sanguisughe I governanti della RDT sostenevano che le fughe verso la RFG erano organizzate da "agenti" stranieri o da "criminali". Secondo questa teoria, il muro e le pattuglie armate non erano altro che elementi difensivi, come scrisse Walter Ulbricht, presidente del consiglio di stato della RDT e segretario generale del Partito socialista unificato di Germania (SED), sul giornale di partito Neues Deutschland il 28 agosto 1961: «Parassiti controrivoluzionari, spie e sabotatori, speculatori e trafficanti di esseri umani, teppisti e teste calde e nemici dell'ordine della democrazia popolare hanno risucchiato i nostri lavoratori e contadini della repubblica come sanguisughe e zecche da un corpo sano. Com'è naturale, gli sarebbe piaciuto continuare a succhiare sangue e forza vitale dal nostro popolo […], ma se non si combattono le erbacce, queste soffocheranno i giovani virgulti […]: per questo abbiamo sigillato le crepe nel tessuto del nostro Paese e bloccato le fessure da cui potrebbero insinuarsi i peggiori nemici del popolo tedesco». La fotografia mostra Ulbricht (a sinistra) che abbraccia il rappresentante sovietico Nikita Chruščëv al suo arrivo a Berlino, il 28 giugno 1963. Foto: Cordon Press 5 / 27 Le fondamenta La Ebertstraße collega due luoghi emblematici di Berlino: la porta di Brandeburgo a nord e Potsdamer Platz a sud. La fotografia mostra i preparativi per la costruzione del primo muro in questa strada nell'agosto 1961: un tratto di selciato ampio una quindicina di metri è stato rimosso per costruire fondamenta poco profonde, adatte a quella prima barriera ‒ una semplice parete di blocchi di cemento e filo spinato. Solo i binari del tram restano al loro posto. Foto: Cordon Press 6 / 27 Separati Da Berlino ovest una donna tende un oggetto ai suoi parenti di Berlino est il 16 agosto 1961. L'immagine rivela la ridotta separazione in atto tra la zona occidentale e quella sovietica in quei primi giorni. Foto: Cordon Press 7 / 27 Le proteste Il 16 agosto 1961, tre giorni dopo la divisione di Berlino, una grande manifestazione per denunciare la costruzione del muro portò 300mila berlinesi nella piazza che si apriva davanti al municipio di Schöneberg, oggi distretto di Berlino ma allora sede di governo del settore occidentale della città. Il cartello retto da un manifestante equipara Adolf Hitler all'artefice del muro, Walter Ulbricht, allora presidente del consiglio di stato della RDT e segretario generale del SED. Foto: Cordon Press 8 / 27 Sull'orlo dell'abisso Questa fotografia, scattata il 28 ottobre 1961, riflette il momento di massima tensione relativo al muro, con i carri armati sovietici (in fondo) e quelli statunitensi (in primo piano) schierati davanti a Checkpoint Charlie, il posto di blocco più famoso tra Berlino est e ovest, situato sulla Friedrichstraße nel settore americano. Quel mese la polizia della RDT aveva cominciato a richiedere i documenti ai diplomatici statunitensi che attraversavano Berlino est, violando il trattato di Potsdam, firmato nel 1945, secondo cui i rappresentanti delle potenze occupanti (Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Unione Sovietica) potevano circolare liberamente per tutta la città. Perciò il generale Clay, rappresentante personale a Berlino del presidente statunitense John F. Kennedy, rifiutò di riconoscere l'autorità della polizia della RDT; in ogni caso, i documenti sarebbero stati mostrati agli ufficiali sovietici solo in quanto rappresentanti della potenza occupante. L'iniziativa di richiedere i documenti era partita da Walter Ulbricht, il presidente del consiglio di stato della RDT, che intendeva così affermare la piena sovranità della Germania est. Il risultato fu un progressivo aumento di tensione che culminò tra il 27 e il 28 ottobre, quando i carri armati statunitensi M48 e i sovietici T55 si fronteggiarono per sedici ore a motori accesi, in un confronto simbolico che si temette potesse sfociare in un nuovo conflitto mondiale. Le negoziazioni tra Kennedy e Nikita Chruščëv, capo dell'Unione Sovietica, portarono al ritiro uno alla volta dei carri armati. Da quel momento fu ristabilita la libera circolazione dei rappresentanti civili e militari delle potenze occupanti in tutti i settori della città, protocollo che restò in vigore fino alla caduta del muro nel 1989. Foto: Cordon Press 9 / 27 La morte di Peter Fechter La sera del 17 agosto 1962 due amici di diciott'anni, Peter Fechter e Helmut Kulbeik, si nascosero in un edificio abbandonato di Berlino est vicino al muro, nei pressi di Checkpoint Charlie. Attendevano il momento propizio per attraversarlo. Quando si decisero spiccarono una corsa disperata. Scavalcarono un primo filo spinato ma, a una cinquantina di metri dal muro esterno, le guardie della Germania est li videro e aprirono il fuoco. Kulbeik, che era un po' più avanti, riuscì a scalare la parete e cadde dal lato americano mentre i proiettili rimbalzavano sul cemento, ma Fechter non fu altrettanto fortunato: una pallottola lo ferì alla gamba recidendogli l'arteria. Cadde accanto alla parete di cemento sul lato orientale e lì rimase, agonizzante. Dal lato occidentale non intervennero né la polizia della RFG, che aveva ricevuto l'ordine preciso di non addentrarsi nel territorio della RDT, né i soldati statunitensi (si dice che uno di loro avesse affermato: «Non sono affari nostri»). Per parte loro, neanche le guardie della RDT si avvicinarono: ricordavano bene la morte del soldato Peter Göring (caduto il 24 marzo in uno scontro armato con la polizia di Berlino ovest durante la travagliata fuga a nuoto di un ragazzo nel canale di Spandau) e del soldato Reinhold Huhn (colpito a bruciapelo da un uomo in fuga lungo un tunnel il cui scavo era stato finanziato dall'azienda radiotelevisiva statunitense NBC in cambio di un'esclusiva sui diritti di registrazione). Fu così che Fechter rimase ad agonizzare per quasi un'ora prima che le guardie della RDT si decidessero a recuperare il suo corpo, protette da una cortina di fumo, nell'istante catturato dal fotografo Wolfgang Bera in questa immagine scattata da Berlino ovest. La morte di Fechter, la più famosa tra tutte le vittime del muro, sollevò un'ondata d'intense proteste a Berlino ovest. Foto: Cordon Press 10 / 27 'Ich bin ein Berliner' Ich bin ein Berliner, "Io sono un berlinese", è la frase più celebre del discorso pronunciato dal presidente Kennedy il 26 giugno 1963 durante la sua visita di quasi otto ore a Berlino ovest. Parlò davanti a circa 500mila persone da una tribuna eretta davanti al municipio di Schöneberg, che allora ospitava il governo del settore occidentale della città. Kennedy aveva attraversato la città su un'auto scoperta insieme al cancelliere tedesco Konrad Adenauer e al sindaco Willy Brandt, e aveva visitato il muro. Colpito da quanto aveva visto e dall'accoglienza entusiasta dei berlinesi, improvvisò un discorso dagli accenti molto più anticomunisti di quello preparato dagli esperti della Casa Bianca e dal dipartimento di stato, con frasi come: «Ci sono alcuni che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti. Che vengano a Berlino». Il suo tono soprese Willy Brandt, che stava lavorando per ridurre la tensione tra le due Germanie e che parlò dopo di lui, costantemente interrotto dalle acclamazioni della folla per Kennedy e Adenauer. Più tardi Kennedy ripeté il discorso, attenendosi al copione originale, nell'aula Henry Ford della Freie Universität di Berlino, dove descrisse la questione della riunificazione tedesca come un progetto a lungo termine e parlò a lungo di pace e intesa. Foto: Cordon Press 11 / 27 Una nuova normalità Mentre Brandt si sforzava di avviare un processo di distensione con la RDT e l'Unione Sovietica ‒ che sostenne fortemente con la sua pragmatica Ostpolitik, "Politica dell'est", a partire dal 1966, come ministro degli esteri della RFG ‒, il muro entrò a far parte della vita quotidiana degli abitanti di Berlino ovest. La fotografia mostra diversi cittadini che prendono il sole in un parco del distretto di Kreuzberg l'11 novembre 1963, sotto una torre di vigilanza del settore orientale. Le manifestazioni susseguitesi dopo l'assassinio di Peter Fechter avevano convinto Brandt che berlinesi e RFG dovevano imparare a convivere con il muro e con la realtà politica di un'Europa orientale caratterizzata dall'egemonia sovietica. Oltre a cambiare il panorama politico tedesco, il muro ne mutò anche il paesaggio umano. La RDT recuperò la sua vitalità grazie alle frontiere blindate che ne arrestarono l'emorragia demografica, e il blocco degli arrivi di lavoratori dalla Germania est privò la RFG della manodopera necessaria per la sua crescente industria. Ciò comportò una scelta radicale ed epocale: la firma di un accordo con la Turchia che permetteva ai "lavoratori ospiti" di occupare i posti di lavoro vacanti. Oggi risiedono in Germania circa tre milioni di turchi, il 30% dei quali ha un passaporto tedesco; 120mila di loro vivono a Berlino, e la comunità più numerosa abita nel quartiere di Kreuzberg. Foto: Cordon Press 12 / 27 Vista sull'est Una delle tribune da cui i cittadini di Berlino ovest potevano contemplare l'altro lato del muro. Foto: Gtres 13 / 27 Di nuovo un'unica città Questa foto fu scattata da Raymond Depardon l'11 novembre 1989: un giovane siede sul muro, la cui fine era ormai stata decretata due giorni prima. La sua caduta fu il risultato della crisi politica in cui erano sprofondati i regimi socialisti dell'Europa orientale, abbandonati alla loro sorte da un'Unione Sovietica ormai lacerata. L'apertura in aprile della frontiera tra Austria e Ungheria, dove si diressero migliaia di tedeschi orientali in fuga dal loro Paese ‒ un'emorragia umana che la costruzione del muro aveva voluto evitare ventott'anni prima ‒ provocò cambiamenti nella gestione della politica migratoria della RDT. Tali novità, annunciate ufficialmente la sera del 9 novembre, vennero interpretate come la fine del divieto di recarsi a Berlino ovest. Nella notte una folla di cittadini provenienti da Berlino est si ammassò nel passaggio di confine di Bornholmer Straße, e le guardie cedettero permettendogli di superare il muro. Fu impossibile trattenere la marea umana, ed ebbe inizio la distruzione del muro stesso, che i berlinesi cominciarono ad abbattere con i martelli ben prima che intervenissero i bulldozer. Foto: Raymond Depardon / Magnum Photos / Contact Photo 14 / 27 Abbasso i muri Un uomo colpisce il muro di Berlino con una mazza il 12 novembre 1989. Foto: AP / John Gaps III 15 / 27 Punti d'incontro 21 dicembre 1989. Una gru abbatte una delle sezioni del muro di Berlino nelle immediate vicinanze della porta di Brandeburgo. Foto: Cordon Press 16 / 27 Un caloroso benvenuto Berlinesi dell'ovest accolgono le auto dirette verso la RFG qualche giorno dopo la caduta del muro di Berlino. Foto: Gtres 17 / 27 Una grande festa Berlinesi festeggiano davanti alla porta di Brandeburgo la caduta del muro all'alba del 10 novembre 1989. Foto: Gtres 18 / 27 Nuovi scenari Un lavoratore della Germania dell'est sostiene il primo segmento del muro di Berlino sollevato da una gru a Bernauer Straße l'11 novembre 1989. Dopo la caduta del muro, la Germania orientale sta preparando un nuovo punto di passaggio tra est e ovest. Foto: Gtres 19 / 27 Stringere nuovi legami Un berlinese dell'ovest tende la mano alle guardie di frontiera della RDT il giorno della caduta del muro. Foto: Gtres 20 / 27 Una città che torna a incontrarsi Berlinesi della RFG aiutano i loro concittadini della RDT ad arrampicarsi sul muro il 9 novembre 1989. Foto: AP / Gtres 21 / 27 Brežnev e Honecker In questa foto del 30 ottobre 2014, una coppia si bacia davanti a un murales dell'ex presidente sovietico Leonid Brežnev, a sinistra, e di colui che fu a lungo il leader comunista della Germania est, Erich Honecker, nella East Side Gallery, sui resti originali del muro di Berlino. Venticinque anni dopo solo alcuni resti della parete ricordano la frontiera lunga quasi 160 chilometri disegnata dal muro di Berlino, che circondava la parte ovest della città. La East Side Gallery fa parte del muro che separava Berlino lungo il corso della Sprea. Con i suoi 1300 metri, è la porzione rimanente più ampia del muro di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 22 / 27 East Side Gallery Una donna appoggia le mani su uno dei murales della East Side Gallery di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 23 / 27 Sulle rive della Sprea Due bambini giocano di fronte a uno dei murales della East Side Gallery di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 24 / 27 Il cimitero francese In questa foto del 17 settembre 2014, a pochi metri di distanza dall'antico muro di Berlino si vede il cimitero della comunità francese di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 25 / 27 Niederkirchnerstraße Il questa foto, scattata il 16 ottobre 2014, una coppia con un ombrello passeggia accanto a uno dei pochi tratti ancora in piedi del muro di Berlino, in Niederkirchnerstraße. Foto: AP / Markus Schreiber 26 / 27 I blocchi della vergogna In questa fotografia del 9 novembre 2014, si possono osservare le unità di cemento da cui era formato il muro di Berlino. Sono esposte in vendita sul terreno di un commerciante di materiali da costruzione del paese di Teltow, vicino alla capitale tedesca. Foto: AP / Markus Schreiber 27 / 27 Tracce incancellabili Anche dopo la caduta del muro, la città di Berlino continua a riportarne le cicatrici, sotto forma di resti di muro, placche commemorative e segnali che marcano il tracciato di quello che è anche noto come "muro della vergogna". Foto: Gtres Il muro, la ferita aperta di Berlino Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito! TAGS Età contemporanea Guerra Fredda Germania Condividi LEGGI L'ARTICOLO GUARDA LE FOTOGRAFIE
Il muro, la ferita aperta di Berlino Tra il 1949 e il 1961 più di 2,5 milioni di cittadini della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) socialista fuggirono verso la Repubblica Federale di Germania (RFG). Per scongiurare la perdita di giovani e di lavoratori qualificati che avrebbe minacciato la stabilità economica della RDT, venne eretto il muro di Berlino. La costruzione divenne fin da subito il simbolo della Guerra Fredda, lo scontro che, dopo la Seconda guerra mondiale, vide fronteggiarsi gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica e i rispettivi alleati, e che si concluse con la dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 Redazione 24 agosto 2022, 15:47 TAGS Età contemporanea Guerra Fredda Germania Leggi l'articolo 1 / 27 1 / 27 L'alba amara del 13 agosto Incastrata tra i territori della RDT e della RFG, Berlino era divisa in quattro settori: quello orientale, occupato dall'Unione Sovietica, e quelli occidentali, controllati da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. In città non esisteva una frontiera con vere e proprie barriere fisiche come quelle che separavano le due Germanie, e ciò facilitava la fuga di tedeschi orientali verso la RFG. A mezzanotte del 12 agosto 1961 le autorità della RDT fermarono il traffico diretto verso i settori occidentali. Ebbe così inizio la costruzione del muro, che all'inizio era solo una serie di recinzioni di filo spinato e barriere di mattoni di cemento come quella che innalza quest'operaio davanti al settore americano. Quando i berlinesi si svegliarono si trovarono davanti al fatto compiuto. L'operazione, preparata in gran segreto, fu condotta tra un sabato e una domenica, durante le vacanze estive: ciò contribuì a minimizzare le proteste. In Bernauer Straße gli edifici del settore orientale del Mitte, il centro, vennero inglobati nel muro: ne vennero tappate le finestre, come si può notare a sinistra; due giorni dopo che Burt Glinn scattò questa foto, la finestra da cui una donna sta parlando a un'altra (che si trovava nella RFG) venne murata. Foto: Burt Glinn / Magnum Photos / Contact Photo (a sinistra) / Picture Alliance / Getty Images (a destra) 2 / 27 Una reliquia della Guerra Fredda In Bernauer Straße, dove gli edifici che affacciavano su Berlino est furono demoliti per ampliare il muro, si è conservata integralmente una sezione di questo circuito fortificato, con i muri interni ed esterni, la cosiddetta "striscia della morte", il cammino di ronda e una torre di vigilanza dotata di riflettori. In origine questo terreno era appartenuto al cimitero della chiesa di Santa Sofia, ma la costruzione del muro nel 1961 comportò lo spostamento delle tombe vicine alla frontiera. Foto: AP 3 / 27 Checkpoint Charlie Cartello segnaletico del famoso posto di blocco Checkpoint Charlie, sulla strada che collegava i settori sovietico e statunitense. Foto: Gtres 4 / 27 Zecche e sanguisughe I governanti della RDT sostenevano che le fughe verso la RFG erano organizzate da "agenti" stranieri o da "criminali". Secondo questa teoria, il muro e le pattuglie armate non erano altro che elementi difensivi, come scrisse Walter Ulbricht, presidente del consiglio di stato della RDT e segretario generale del Partito socialista unificato di Germania (SED), sul giornale di partito Neues Deutschland il 28 agosto 1961: «Parassiti controrivoluzionari, spie e sabotatori, speculatori e trafficanti di esseri umani, teppisti e teste calde e nemici dell'ordine della democrazia popolare hanno risucchiato i nostri lavoratori e contadini della repubblica come sanguisughe e zecche da un corpo sano. Com'è naturale, gli sarebbe piaciuto continuare a succhiare sangue e forza vitale dal nostro popolo […], ma se non si combattono le erbacce, queste soffocheranno i giovani virgulti […]: per questo abbiamo sigillato le crepe nel tessuto del nostro Paese e bloccato le fessure da cui potrebbero insinuarsi i peggiori nemici del popolo tedesco». La fotografia mostra Ulbricht (a sinistra) che abbraccia il rappresentante sovietico Nikita Chruščëv al suo arrivo a Berlino, il 28 giugno 1963. Foto: Cordon Press 5 / 27 Le fondamenta La Ebertstraße collega due luoghi emblematici di Berlino: la porta di Brandeburgo a nord e Potsdamer Platz a sud. La fotografia mostra i preparativi per la costruzione del primo muro in questa strada nell'agosto 1961: un tratto di selciato ampio una quindicina di metri è stato rimosso per costruire fondamenta poco profonde, adatte a quella prima barriera ‒ una semplice parete di blocchi di cemento e filo spinato. Solo i binari del tram restano al loro posto. Foto: Cordon Press 6 / 27 Separati Da Berlino ovest una donna tende un oggetto ai suoi parenti di Berlino est il 16 agosto 1961. L'immagine rivela la ridotta separazione in atto tra la zona occidentale e quella sovietica in quei primi giorni. Foto: Cordon Press 7 / 27 Le proteste Il 16 agosto 1961, tre giorni dopo la divisione di Berlino, una grande manifestazione per denunciare la costruzione del muro portò 300mila berlinesi nella piazza che si apriva davanti al municipio di Schöneberg, oggi distretto di Berlino ma allora sede di governo del settore occidentale della città. Il cartello retto da un manifestante equipara Adolf Hitler all'artefice del muro, Walter Ulbricht, allora presidente del consiglio di stato della RDT e segretario generale del SED. Foto: Cordon Press 8 / 27 Sull'orlo dell'abisso Questa fotografia, scattata il 28 ottobre 1961, riflette il momento di massima tensione relativo al muro, con i carri armati sovietici (in fondo) e quelli statunitensi (in primo piano) schierati davanti a Checkpoint Charlie, il posto di blocco più famoso tra Berlino est e ovest, situato sulla Friedrichstraße nel settore americano. Quel mese la polizia della RDT aveva cominciato a richiedere i documenti ai diplomatici statunitensi che attraversavano Berlino est, violando il trattato di Potsdam, firmato nel 1945, secondo cui i rappresentanti delle potenze occupanti (Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Unione Sovietica) potevano circolare liberamente per tutta la città. Perciò il generale Clay, rappresentante personale a Berlino del presidente statunitense John F. Kennedy, rifiutò di riconoscere l'autorità della polizia della RDT; in ogni caso, i documenti sarebbero stati mostrati agli ufficiali sovietici solo in quanto rappresentanti della potenza occupante. L'iniziativa di richiedere i documenti era partita da Walter Ulbricht, il presidente del consiglio di stato della RDT, che intendeva così affermare la piena sovranità della Germania est. Il risultato fu un progressivo aumento di tensione che culminò tra il 27 e il 28 ottobre, quando i carri armati statunitensi M48 e i sovietici T55 si fronteggiarono per sedici ore a motori accesi, in un confronto simbolico che si temette potesse sfociare in un nuovo conflitto mondiale. Le negoziazioni tra Kennedy e Nikita Chruščëv, capo dell'Unione Sovietica, portarono al ritiro uno alla volta dei carri armati. Da quel momento fu ristabilita la libera circolazione dei rappresentanti civili e militari delle potenze occupanti in tutti i settori della città, protocollo che restò in vigore fino alla caduta del muro nel 1989. Foto: Cordon Press 9 / 27 La morte di Peter Fechter La sera del 17 agosto 1962 due amici di diciott'anni, Peter Fechter e Helmut Kulbeik, si nascosero in un edificio abbandonato di Berlino est vicino al muro, nei pressi di Checkpoint Charlie. Attendevano il momento propizio per attraversarlo. Quando si decisero spiccarono una corsa disperata. Scavalcarono un primo filo spinato ma, a una cinquantina di metri dal muro esterno, le guardie della Germania est li videro e aprirono il fuoco. Kulbeik, che era un po' più avanti, riuscì a scalare la parete e cadde dal lato americano mentre i proiettili rimbalzavano sul cemento, ma Fechter non fu altrettanto fortunato: una pallottola lo ferì alla gamba recidendogli l'arteria. Cadde accanto alla parete di cemento sul lato orientale e lì rimase, agonizzante. Dal lato occidentale non intervennero né la polizia della RFG, che aveva ricevuto l'ordine preciso di non addentrarsi nel territorio della RDT, né i soldati statunitensi (si dice che uno di loro avesse affermato: «Non sono affari nostri»). Per parte loro, neanche le guardie della RDT si avvicinarono: ricordavano bene la morte del soldato Peter Göring (caduto il 24 marzo in uno scontro armato con la polizia di Berlino ovest durante la travagliata fuga a nuoto di un ragazzo nel canale di Spandau) e del soldato Reinhold Huhn (colpito a bruciapelo da un uomo in fuga lungo un tunnel il cui scavo era stato finanziato dall'azienda radiotelevisiva statunitense NBC in cambio di un'esclusiva sui diritti di registrazione). Fu così che Fechter rimase ad agonizzare per quasi un'ora prima che le guardie della RDT si decidessero a recuperare il suo corpo, protette da una cortina di fumo, nell'istante catturato dal fotografo Wolfgang Bera in questa immagine scattata da Berlino ovest. La morte di Fechter, la più famosa tra tutte le vittime del muro, sollevò un'ondata d'intense proteste a Berlino ovest. Foto: Cordon Press 10 / 27 'Ich bin ein Berliner' Ich bin ein Berliner, "Io sono un berlinese", è la frase più celebre del discorso pronunciato dal presidente Kennedy il 26 giugno 1963 durante la sua visita di quasi otto ore a Berlino ovest. Parlò davanti a circa 500mila persone da una tribuna eretta davanti al municipio di Schöneberg, che allora ospitava il governo del settore occidentale della città. Kennedy aveva attraversato la città su un'auto scoperta insieme al cancelliere tedesco Konrad Adenauer e al sindaco Willy Brandt, e aveva visitato il muro. Colpito da quanto aveva visto e dall'accoglienza entusiasta dei berlinesi, improvvisò un discorso dagli accenti molto più anticomunisti di quello preparato dagli esperti della Casa Bianca e dal dipartimento di stato, con frasi come: «Ci sono alcuni che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti. Che vengano a Berlino». Il suo tono soprese Willy Brandt, che stava lavorando per ridurre la tensione tra le due Germanie e che parlò dopo di lui, costantemente interrotto dalle acclamazioni della folla per Kennedy e Adenauer. Più tardi Kennedy ripeté il discorso, attenendosi al copione originale, nell'aula Henry Ford della Freie Universität di Berlino, dove descrisse la questione della riunificazione tedesca come un progetto a lungo termine e parlò a lungo di pace e intesa. Foto: Cordon Press 11 / 27 Una nuova normalità Mentre Brandt si sforzava di avviare un processo di distensione con la RDT e l'Unione Sovietica ‒ che sostenne fortemente con la sua pragmatica Ostpolitik, "Politica dell'est", a partire dal 1966, come ministro degli esteri della RFG ‒, il muro entrò a far parte della vita quotidiana degli abitanti di Berlino ovest. La fotografia mostra diversi cittadini che prendono il sole in un parco del distretto di Kreuzberg l'11 novembre 1963, sotto una torre di vigilanza del settore orientale. Le manifestazioni susseguitesi dopo l'assassinio di Peter Fechter avevano convinto Brandt che berlinesi e RFG dovevano imparare a convivere con il muro e con la realtà politica di un'Europa orientale caratterizzata dall'egemonia sovietica. Oltre a cambiare il panorama politico tedesco, il muro ne mutò anche il paesaggio umano. La RDT recuperò la sua vitalità grazie alle frontiere blindate che ne arrestarono l'emorragia demografica, e il blocco degli arrivi di lavoratori dalla Germania est privò la RFG della manodopera necessaria per la sua crescente industria. Ciò comportò una scelta radicale ed epocale: la firma di un accordo con la Turchia che permetteva ai "lavoratori ospiti" di occupare i posti di lavoro vacanti. Oggi risiedono in Germania circa tre milioni di turchi, il 30% dei quali ha un passaporto tedesco; 120mila di loro vivono a Berlino, e la comunità più numerosa abita nel quartiere di Kreuzberg. Foto: Cordon Press 12 / 27 Vista sull'est Una delle tribune da cui i cittadini di Berlino ovest potevano contemplare l'altro lato del muro. Foto: Gtres 13 / 27 Di nuovo un'unica città Questa foto fu scattata da Raymond Depardon l'11 novembre 1989: un giovane siede sul muro, la cui fine era ormai stata decretata due giorni prima. La sua caduta fu il risultato della crisi politica in cui erano sprofondati i regimi socialisti dell'Europa orientale, abbandonati alla loro sorte da un'Unione Sovietica ormai lacerata. L'apertura in aprile della frontiera tra Austria e Ungheria, dove si diressero migliaia di tedeschi orientali in fuga dal loro Paese ‒ un'emorragia umana che la costruzione del muro aveva voluto evitare ventott'anni prima ‒ provocò cambiamenti nella gestione della politica migratoria della RDT. Tali novità, annunciate ufficialmente la sera del 9 novembre, vennero interpretate come la fine del divieto di recarsi a Berlino ovest. Nella notte una folla di cittadini provenienti da Berlino est si ammassò nel passaggio di confine di Bornholmer Straße, e le guardie cedettero permettendogli di superare il muro. Fu impossibile trattenere la marea umana, ed ebbe inizio la distruzione del muro stesso, che i berlinesi cominciarono ad abbattere con i martelli ben prima che intervenissero i bulldozer. Foto: Raymond Depardon / Magnum Photos / Contact Photo 14 / 27 Abbasso i muri Un uomo colpisce il muro di Berlino con una mazza il 12 novembre 1989. Foto: AP / John Gaps III 15 / 27 Punti d'incontro 21 dicembre 1989. Una gru abbatte una delle sezioni del muro di Berlino nelle immediate vicinanze della porta di Brandeburgo. Foto: Cordon Press 16 / 27 Un caloroso benvenuto Berlinesi dell'ovest accolgono le auto dirette verso la RFG qualche giorno dopo la caduta del muro di Berlino. Foto: Gtres 17 / 27 Una grande festa Berlinesi festeggiano davanti alla porta di Brandeburgo la caduta del muro all'alba del 10 novembre 1989. Foto: Gtres 18 / 27 Nuovi scenari Un lavoratore della Germania dell'est sostiene il primo segmento del muro di Berlino sollevato da una gru a Bernauer Straße l'11 novembre 1989. Dopo la caduta del muro, la Germania orientale sta preparando un nuovo punto di passaggio tra est e ovest. Foto: Gtres 19 / 27 Stringere nuovi legami Un berlinese dell'ovest tende la mano alle guardie di frontiera della RDT il giorno della caduta del muro. Foto: Gtres 20 / 27 Una città che torna a incontrarsi Berlinesi della RFG aiutano i loro concittadini della RDT ad arrampicarsi sul muro il 9 novembre 1989. Foto: AP / Gtres 21 / 27 Brežnev e Honecker In questa foto del 30 ottobre 2014, una coppia si bacia davanti a un murales dell'ex presidente sovietico Leonid Brežnev, a sinistra, e di colui che fu a lungo il leader comunista della Germania est, Erich Honecker, nella East Side Gallery, sui resti originali del muro di Berlino. Venticinque anni dopo solo alcuni resti della parete ricordano la frontiera lunga quasi 160 chilometri disegnata dal muro di Berlino, che circondava la parte ovest della città. La East Side Gallery fa parte del muro che separava Berlino lungo il corso della Sprea. Con i suoi 1300 metri, è la porzione rimanente più ampia del muro di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 22 / 27 East Side Gallery Una donna appoggia le mani su uno dei murales della East Side Gallery di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 23 / 27 Sulle rive della Sprea Due bambini giocano di fronte a uno dei murales della East Side Gallery di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 24 / 27 Il cimitero francese In questa foto del 17 settembre 2014, a pochi metri di distanza dall'antico muro di Berlino si vede il cimitero della comunità francese di Berlino. Foto: AP / Markus Schreiber 25 / 27 Niederkirchnerstraße Il questa foto, scattata il 16 ottobre 2014, una coppia con un ombrello passeggia accanto a uno dei pochi tratti ancora in piedi del muro di Berlino, in Niederkirchnerstraße. Foto: AP / Markus Schreiber 26 / 27 I blocchi della vergogna In questa fotografia del 9 novembre 2014, si possono osservare le unità di cemento da cui era formato il muro di Berlino. Sono esposte in vendita sul terreno di un commerciante di materiali da costruzione del paese di Teltow, vicino alla capitale tedesca. Foto: AP / Markus Schreiber 27 / 27 Tracce incancellabili Anche dopo la caduta del muro, la città di Berlino continua a riportarne le cicatrici, sotto forma di resti di muro, placche commemorative e segnali che marcano il tracciato di quello che è anche noto come "muro della vergogna". Foto: Gtres Il muro, la ferita aperta di Berlino Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito! TAGS Età contemporanea Guerra Fredda Germania Condividi