Il mirabolante viaggio di Charles Darwin

Nel 1831, a soli 22 anni, Charles Darwin prese parte a una spedizione scientifica che lo portò in America e in Oceania. Cinque anni dopo tornò a casa con il primo abbozzo della teoria dell’evoluzione

 Charles Darwin nel 1839

Charles Darwin nel 1839

Foto: Akg / Album

Nell’agosto del1831 il ventiduenne Charles Darwin, da poco laureatosi all’università di Cambridge, se ne stava rinchiuso in casa con lo stesso umore di chi si trova in prigione per i debiti, per dirla con le sue parole. Affascinato dal mondo naturale e dalle avventurose storie di esploratori come Alexander von Humboldt, desiderava ardentemente viaggiare. Ma il tentativo di organizzare una spedizione a Tenerife era miseramente fallito e su di lui incombeva la poco allettante prospettiva di guadagnarsi da vivere come vicario di una parrocchia di campagna. Proprio allora ricevette una lettera che gli offriva un’opportunità incredibile.

Robert FitzRoy, un aristocratico capitano della marina dal temperamento volubile, cercava qualcuno della sua stessa posizione sociale che lo accompagnasse in una missione esplorativa diretta alla Terra del Fuoco. Ma, come era abituale nelle spedizioni di quel genere, FitzRoy voleva con sé anche un naturalista capace di sfruttare le opportunità di ricerca, di raccolta di campioni e di osservazione. Darwin non era stato la sua prima scelta per il viaggio: in precedenza aveva fatto la proposta ad altre due persone. All’inizio il giovane ricercatore non gli aveva fatto una grande impressione. Il padre di quest’ultimo, poi, che aveva pagato gli studi universitari del figlio, era comprensibilmente riluttante all’idea di finanziare un’impresa che non solo gli sembrava “inutile”, ma anche estremamente pericolosa.

Comincia l’avventura

Il Beagle era un brigantino di appena 27 metri di lunghezza e 8 di larghezza con un equipaggio formato da ben 74 persone. Il naufragio era un rischio abituale per i naviganti, ma ancor più frequente era la morte per malattia. Gran parte del Sudamerica era poi un territorio isolato e senza legge. Alla fine il padre di Darwin cedette e FitzRoy si lasciò convincere. Il 27 dicembre del 1831 il Beagle salpò dal porto di Plymouth con il giovane naturalista a bordo. Inizialmente il viaggio sarebbe dovuto durare due anni, ma si protrasse a cinque e portò Darwin non solo in Sudamerica, ma anche ad Haiti, in Australia, in Nuova Zelanda, nel continente africano e su varie isole dell’Atlantico e del Pacifico.

Varato nel 1820, il Beagle venne in seguito ristrutturato con un nuovo albero, un castello di prua e un’ampia cabina di poppa. Cinque anni più tardi prese parte a una spedizione di ricognizione in Sudamerica

Varato nel 1820, il Beagle venne in seguito ristrutturato con un nuovo albero, un castello di prua e un’ampia cabina di poppa. Cinque anni più tardi prese parte a una spedizione di ricognizione in Sudamerica

Foto: Akg / Album

Il cuore della spedizione non fu tanto la traversata oceanica in sé: Darwin trascorreva tutto il tempo che poteva sulla terraferma e spesso si allontanava a cavallo per centinaia di chilometri e si riuniva al Beagle al successivo punto di attracco. Lungo il cammino riempì un quaderno dietro l’altro di appunti e osservazioni e spedì in patria decine di barili, casse e contenitori pieni di piante essiccate, fossili, rocce, pelli e scheletri di animali. Esplorò territori che andavano dalla grigia desolazione delle isole Falkland (note anche come isole Malvine) alle impressionanti vette delle Ande, dalle selvagge scogliere ghiacciate del canale di Beagle alle spiagge di Tahiti, dai lussureggianti paesaggi tropicali di Rio alle umide foreste pluviali del Cile meridionale.

Un naturalista in erba

Il primo scalo fu l’isola vulcanica di Santiago, nell’arcipelago di Capo Verde. Dopo tre settimane terribili di mal di mare, Darwin si lanciò entusiasta nella sua prima missione sul campo, che consisteva nell’identificare dei campioni di roccia ed elaborare una sezione trasversale degli strati vulcanici. Aveva con sé gli strumenti che aveva comprato prima di partire: un microscopio, un clinometro per misurare l’inclinazione, dei martelli da geologo e un vascolo per conservare le diverse specie di piante, ma era ancora un principiante. In una lettera indirizzata al suo professore di Cambridge John Stevens Henslow, si vantava di aver scoperto una piovra che cambiava colore, «probabilmente una nuova specie». Non lo era, come gli fece notare con diplomazia Henslow.

All'inizio del suo viaggio, un Charles Darwin ancora inesperto si convinse di aver scoperto una nuova specie di piovra che cambiava colore

Il 16 febbraio il Beagle si fermò per rifornirsi di viveri sui remoti e sterili isolotti rocciosi dell’arcipelago di San Pietro e San Paolo, e due settimane più tardi attraversò l’equatore e raggiunse le coste del Brasile. Ammalatosi durante l’ultima parte del viaggio, Darwin fu inizialmente costretto a rimanere a bordo. Era aprile quando mise per la prima volta piede in terra americana, nella baia di Botafogo, a Rio de Janeiro.

Cassetto con campioni di conchiglie di molluschi raccolti da Darwin in vari luoghi durante il viaggio. Il loro ritrovamento in zone montuose stimolò le sue riflessioni sulla trasformazione geologica della Terra​

Cassetto con campioni di conchiglie di molluschi raccolti da Darwin in vari luoghi durante il viaggio. Il loro ritrovamento in zone montuose stimolò le sue riflessioni sulla trasformazione geologica della Terra​

Foto: Science Photo Library / Age Fotostock

Mentre il Beagle navigava lungo la costa per verificare meticolosamente le carte nautiche, Darwin si fece lasciare a terra e nei mesi successivi esplorò il Corcovado, passando dalla geologia alla zoologia e riunendo un’impressionante collezione di ragni e di vespe. Il vascello ripartì a fine giugno in direzione sud con a bordo Darwin, che lungo la rotta poté osservare focene, balene, pinguini e foche. A fine luglio la spedizione raggiunse il maestoso estuario del Río de la Plata. Sulla riva settentrionale di Montevideo l’equipaggio contribuì a soffocare una rivolta. Sulla sponda meridionale di Buenos Aires i membri della spedizione furono ricevuti a colpi di cannone, perché sospettati di portare il colera. Si trattava, insomma, di luoghi pericolosi e instabili. Darwin, oltretutto, riteneva quel paesaggio vuoto e piatto di scarso interesse rispetto al rigoglio dei tropici.

Nell’America selvaggia

Il giovane naturalista si dedicò durante tutto quel periodo alla raccolta di campioni di flora e fauna, con grande disperazione del commissario di bordo del brigantino, che si lamentava del disordine regnante sui ponti della nave. Darwin imparò anche qualche rudimento di tassidermia e iniziò a sperimentare nuovi metodi a base di cera, alcol e sottili lamine di piombo per conservare i bizzarri esemplari raccolti. Ma non sempre i risultati erano quelli sperati. Nelle prime lettere dall’Inghilterra Henslow, che era il destinatario dei tesori spediti da Darwin, non risparmiava le critiche e i consigli: le etichette non erano attaccate bene, gli scarabei arrivavano schiacciati e i topi ammuffiti, mentre il contenuto di un misterioso recipiente ricordava «i resti di una esplosione elettrica, una pura massa di fuliggine».

Nel settembre del 1832 la nave riprese la rotta verso sud ed esplorò le coste dell’Argentina. Da buon cacciatore qual era, Darwin imparò a usare le bolas – dei lacci di cuoio con delle sfere alle estremità – per catturare gli struzzi e scoprì il suo primo grande fossile di vertebrato. Si trattava di un megaterio, che suscitò l’interesse del giovane naturalista per la sua somiglianza con una specie locale di aguto (un tipo di roditore). A novembre fecero ritorno a Buenos Aires per rifornirsi prima del lungo viaggio verso capo Horn. Nel mese di dicembre, un anno dopo aver lasciato l’Inghilterra, il Beagle ormeggiò nella baia del Buon Successo, lungo la costa della Terra del Fuoco, come già avevano fatto in precedenza le spedizioni di Cook e Banks. Era un territorio maestoso ma inospitale. L’equipaggio trascorse il Natale a Hermite, un’isola a ovest di capo Horn, però le condizioni meteorologiche gli impedirono di proseguire. Durante una tormenta una delle loro scialuppe si schiantò contro la nave e nell’incidente Darwin perse appunti e campioni preziosi.

L’illustrazione, realizzata dal pittore paesaggista del Beagle Conrad Martens, rappresenta un indigeno della Terra del Fuoco e apparve nel resoconto di viaggio pubblicato da FitzRoy nel 1838

L’illustrazione, realizzata dal pittore paesaggista del Beagle Conrad Martens, rappresenta un indigeno della Terra del Fuoco e apparve nel resoconto di viaggio pubblicato da FitzRoy nel 1838

Foto: Science Photo Library / Age Fotostock

Per FitzRoy si trattava della seconda spedizione in quella zona. Oltre a mappare l’intricato dedalo di canali dell’estremo continentale, aveva in programma di fondare una missione. Insieme a un missionario, sul Beagle viaggiavano anche i tre giovani indigeni che aveva portato con sé in Inghilterra nel viaggio precedente. Il brigantino depositò il suo carico umano nello stretto di Ponsonby. Invece FitzRoy e altri membri dell’equipaggio, tra cui lo stesso Darwin, ripartirono a bordo di due scialuppe: percorsero 300 miglia e mapparono le insenature più recondite del canale di Beagle, così chiamato in onore della prima spedizione di FitzRoy.

La Terra del Fuoco

Il paesaggio era spettacolare. Nelle sue lettere Darwin descriveva in questo modo la vista della costa gelata: «L’azzurro del ghiaccio contrasta con il biancore della neve, circondato dal verde scuro delle foreste». Ma si trattava di una bellezza insidiosa: un gigantesco blocco di ghiaccio si staccò e precipitò in acqua, provocando un’onda che avrebbe potuto distruggere le scialuppe alla fonda. Fu grazie agli sforzi di Darwin che riuscirono a salvarsi. In onore del suo compagno di viaggio, FitzRoy ribattezzò quel luogo Darwin Sound.

Il gruppo di spedizione fece ritorno alla missione, ma trovò gli edifici distrutti; il missionario confessò intimorito di sentirsi in pericolo. Il progetto fu quindi abbandonato. L’anno successivo, quando il gruppo tornò in quei luoghi, incontrò uno degli indigeni rimpatriati, un membro della tribù degli yaghan di nome Orundellico – che tutti chiamavano Jemmy Button – e scoprì che questi aveva lasciato da parte l’abbigliamento occidentale e aveva ripreso il suo stile di vita originario. Anni più tardi Darwin avrebbe contribuito a finanziare un fondo creato da un ex membro della spedizione per aiutare i due nipoti di Orundellico.

Vista dalla baia Pía (Cile) con, sullo sfondo, la cordigliera Darwin, battezzata così da FitzRoy nel 1834 in onore del suo compagno di viaggio sul Beagle

Vista dalla baia Pía (Cile) con, sullo sfondo, la cordigliera Darwin, battezzata così da FitzRoy nel 1834 in onore del suo compagno di viaggio sul Beagle

Foto: Peter Essick / NGS

   

Una volta fallito il tentativo di doppiare capo Horn, il Beagle si diresse verso est e il primo marzo del 1833 raggiunse le isole Falkland, dove la marina britannica era interessata a stabilire dei punti di approdo sicuri. Preoccupato che l’equipaggio del Beagle non fosse in grado di portare a termine la missione da solo, FitzRoy acquistò una seconda nave, la Adventure. Le due imbarcazioni fecero ritorno a Montevideo in aprile e qui Darwin iniziò la sua prima grande esplorazione interna, accompagnato dal giovane Syms Covington, che aveva assunto come cameriere e assistente di ricerca. I due si sarebbero ricongiunti con la nave solo a settembre, a Buenos Aires.

A dicembre il Beagle e l’Adventure salparono in direzione sud seguendo la stessa rotta dell’anno precedente. Nella Terra del Fuoco Darwin trovò finalmente un esemplare di una specie di uccello che cercava da tempo, la rhea pennata (oggi nota come nandù di Darwin), simile allo struzzo, ma solo dopo che l’equipaggio ne aveva già mangiato una buona metà durante il pranzo di Natale. Anche in questa occasione la spedizione dovette tornare alle Falkland senza essere riuscita a doppiare capo Horn.

Attraverso le Ande

La chiglia di rame del Beagle era gravemente danneggiata: a metà aprile fu necessario attraccare presso la foce del Río Santa Cruz per ripararla. FitzRoy approfittò dell’occasione per organizzare una spedizione lungo il fiume. I partecipanti si addentrarono per 225 chilometri in un territorio inesplorato, a tratti remando e a tratti trascinando le scialuppe. Impiegarono tre settimane a risalire il fiume e tre giorni per tornare di nuovo alla foce navigando a vela. Darwin sfruttò il tempo a disposizione per aggiungere nuove osservazioni di carattere zoologico e geologico agli appunti dell’anno precedente.

Una volta riparato il Beagle, il terzo tentativo si rivelò quello buono: la spedizione riuscì a doppiare capo Horn e nel giugno del 1834 raggiunse la costa occidentale del Sudamerica. Trascorsero l’anno successivo in Cile e Perù, dove mantennero lo stesso metodo dei due anni e mezzo precedenti in Brasile, Uruguay e Argentina: il brigantino ripercorreva la rotta in senso inverso per esplorare i complessi arcipelaghi della costa. Darwin detestava le umide e impenetrabili foreste pluviali temperate del sud del Cile e si assentava spesso per organizzare delle spedizioni interne. Prima di attraversare le Ande passò dall’eleganza coloniale di Valparaíso fino a Santiago. Il territorio era in gran parte inesplorato, per cui il naturalista si affidava alla collaborazione dei coloni, che gli disegnavano mappe, gli raccomandavano i percorsi più sicuri e lo aiutavano a reperire guide e cavalli. Quando si ammalò gravemente, forse di febbre tifoide, uno di loro si prese cura di lui per diverse settimane. Nel frattempo FitzRoy, isolato, sovraccarico di lavoro e depresso per la riluttanza dell’ammiragliato a finanziare le spese dell’Adventure – che fu costretto a vendere –, minacciava di mollare tutto. Il futuro della spedizione era appeso a un filo.

Una volta guarito, Darwin effettuò un’altra grande esplorazione terrestre: percorse 350 chilometri lungo le Ande, da Valparaíso a Coquimbo e Copiapó, prima di ricongiungersi con il Beagle e salpare per Iquique, all’epoca in Perù (attualmente in Cile), e poi per Lima. Alla fine di luglio del 1835 il brigantino si diresse a ovest e a metà di settembre raggiunse l’arcipelago delle Galápagos. I membri della spedizione trascorsero cinque settimane esplorando le varie isole. Intanto Darwin, che ci avrebbe messo ancora dei mesi a formulare una rudimentale teoria dell’evoluzione delle specie, raccoglieva e archiviava dati sulla flora e sulla fauna di ognuna di esse.

L’8 ottobre del 1835 Darwin sbarcò sull’isola Santiago delle Galápagos. Fu impressionato dal gran numero di tartarughe e notò le differenze di costituzione tra gli esemplari di ciascuna delle isole dell’arcipelago

L’8 ottobre del 1835 Darwin sbarcò sull’isola Santiago delle Galápagos. Fu impressionato dal gran numero di tartarughe e notò le differenze di costituzione tra gli esemplari di ciascuna delle isole dell’arcipelago

Foto: Frans Lanting / NGS

   

Nella sua mente stava allora prendendo forma una teoria scientifica molto diversa dalle precedenti. Sulle alture andine l’esploratore aveva notato un fatto curioso, ovvero l’esistenza di alberi fossilizzati, che un tempo dovevano essere stati sommersi dal mare prima di ritrovarsi sul passo di Uspallata, dove li aveva osservati. Ma com’era potuta succedere una cosa simile? Più tardi, esattamente il 19 gennaio del 1835, mentre stava esplorando l’entroterra, l’equipaggio del Beagle assistette all’eruzione del vulcano Osorno. Un mese dopo, più a nord, Darwin fu testimone di un terremoto e dei devastanti effetti di un maremoto e iniziò a ipotizzare che questi eventi potessero essere connessi. FitzRoy tornò ad analizzare i precedenti sondaggi e confermò che l’altezza della terra era cambiata.

In base a queste osservazioni, Darwin propose una teoria dell’abbassamento e del sollevamento del suolo su scala continentale secondo la quale piccoli cambiamenti nel corso di ere geologiche potevano modellare i paesaggi, anche quelli monumentali e apparentemente senza tempo delle Ande.

Partendo da questi presupposti, quando a Tahiti vide per la prima volta una barriera corallina, Darwin propose una nuova, brillante soluzione al mistero dell’origine degli atolli oceanici. A sua insaputa, le lettere in cui raccontava queste idee vennero pubblicate su alcune riviste scientifiche. Così, ancor prima di tornare in patria, il naturalista si era già costruito una solida reputazione scientifica. Ma ci sarebbe voluto del tempo prima di arrivare a casa. Mentre il gruppo lasciava le coste africane in direzione ovest, FitzRoy si accorse di alcuni errori sulle carte nautiche che aveva disegnato in precedenza. Decise così di attraversare nuovamente l’Atlantico per tornare a esplorare la costa del Brasile.

Darwin arrivò a Tahiti nel novembre del 1835. «Ci siamo fermati dieci giorni ad ammirare la bellezza di quest’isola quasi classica», scrisse in una lettera

Darwin arrivò a Tahiti nel novembre del 1835. «Ci siamo fermati dieci giorni ad ammirare la bellezza di quest’isola quasi classica», scrisse in una lettera

Foto: Dea / Age Fotostock

   

Il Beagle attraccò finalmente a Falmouth il 2 ottobre del 1836. Darwin non lasciò mai più la Gran Bretagna. Pubblicò più di venti articoli tratti dai suoi appunti e dai suoi diari, ottenendo grande successo sia come scrittore di libri di viaggi sia come scienziato. Il lavoro di identificazione delle centinaia di specie da lui raccolte fu ripartito tra vari scienziati, molti dei quali divennero suoi amici. Anche se non fu elaborata durante il viaggio, la teoria dell’evoluzione delle specie tramite il cosiddetto processo di selezione naturale sorse dalla scoperta di quella grande varietà di piante e animali (e anche di esseri umani), e soprattutto dall’opportunità di vederli nella complessità dei loro habitat. Molti anni più tardi Darwin non avrebbe esitato a definire quel viaggio come l’evento più importante della sua vita.

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