Il Louvre: da fortezza a scrigno della storia dell’umanità

Il 10 agosto di 230 anni fa veniva inaugurato il museo più famoso di sempre. Costruito nel Medioevo, si è arricchito nel corso dei secoli di capolavori provenienti da tutto il mondo

Le aveva provate tutte Dominique Vivant-Denon per impedire che nel 1815 l’inviato del papa, lo scultore Antonio Canova, riportasse a Roma le opere d’arte che diciotto anni prima Napoleone aveva prelevato nello stato pontificio. Vivant-Denon era il direttore generale del Musée Napoleon (come si chiamava il Louvre al tempo di Bonaparte) e voleva che il suo museo fosse il più grande del mondo. In effetti, al momento della caduta dell’impero napoleonico il Louvre conteneva molte migliaia di opere d’arte frutto delle requisizioni (in maggior parte “legalizzate”, perché la cessione di opere d’arte era spesso inserita nelle clausole degli armistizi o degli accordi di pace che la Francia imponeva ai Paesi sconfitti) durante le varie campagne militari del generale corso a partire al 1796 in diverse parti d’Europa.

Il cortile interno del museo del Louvre con il celebre ingresso a piramide

Il cortile interno del museo del Louvre con il celebre ingresso a piramide

Foto: Benh Lieu Song, https://tinyurl.com/mrz4m57j

A prendere la via della Francia furono statue, dipinti, manoscritti e gioielli: moltissimi di essi non fecero mai più ritorno in patria, nonostante le successive missioni diplomatiche volte alla restituzione ai legittimi proprietari. Oltre lo stato pontificio, infatti, anche le ambascerie degli altri Paesi che avevano subito le spoliazioni fecero sì che le opere d’arte fossero restituite ai legittimi proprietari, in primis Italia, Paesi Bassi, Austria e Prussia. Si stima che fecero ritorno in patria circa cinquemila opere d’arte ma che Denon, adducendo scuse di varia natura o proponendo scambi, riuscì a trattenere al Louvre centinaia di opere, tra cui alcune dei cosiddetti “primitivi” italiani, quali Giotto, Cimabue e Beato Angelico.

Il Louvre prima del Louvre

Le acquisizioni napoleoniche rappresentano un episodio determinante delle vicende del Louvre, la cui storia affonda le proprie radici nel medioevo.

La struttura originaria fu fatta edificare dal re Filippo II Augusto intorno 1190 per rafforzare le difese cittadine dagli assalti dei nemici. Il lato ovest della città, infatti, era il più esposto a eventuali offensive e il sovrano francese si rese conto della necessità di potenziarlo, ordinando la costruzione di una fortezza difensiva e di una solida cinta muraria. I lavori terminarono molto probabilmente nel 1202. Dopo un primo ampliamento sotto Luigi IX, fu ulteriormente ingrandito e trasformato in residenza da Carlo V il Saggio negli anni sessanta del XIV secolo. Il progetto fu affidato al suo architetto di fiducia Raymond du Temple, che vi inserì, oltre agli appartamenti dei sovrani, anche la prima biblioteca reale di Parigi.

Il castello visto da sud con la Senna attorno all'anno 1200, da uno schizzo del 1800

Il castello visto da sud con la Senna attorno all'anno 1200, da uno schizzo del 1800

Foto: Pubblico dominio

I sovrani successivi ne modificarono ulteriormente la forma e la destinazione d’uso: sotto Luigi XI fu adibito a prigione, mentre Luigi XII lo trasformò in un arsenale. Fu con Francesco I che il palazzo del Louvre (il significato del nome è incerto e forse potrebbe ricollegarsi al latino “lupus”, a indicare che nella zona scelta da Filippo II Augusto per l’erezione del palazzo fossero presenti dei lupi) tornò ad essere utilizzato principalmente come dimora. Non solo, il sovrano nel 1528 decise di rivoluzionare totalmente la struttura, prendendo a modello i palazzi rinascimentali italiani e inserendo anche all’interno del Louvre uno dei loro elementi più significativi: il cortile interno.

Dopo un primo progetto affidato all’italiano Sebastiano Serlio, a partire dal 1546 fu l’architetto francese Pierre Lescot a occuparsi del restauro dell’edificio. Seguirono altri interventi, prima di Enrico II e poi della moglie Caterina de’ Medici, di Enrico IV di Borbone e sua moglie Maria de’ Medici, nonché degli altri sovrani nel corso del seicento. Gli elementi comuni di ogni progetto erano essenzialmente due: l’ammodernamento e l’ingrandimento dell’edificio. Già in questi secoli il Louvre ospitava alcune delle opere d’arte appartenenti alla Corona.

Un italiano al Louvre

Oltre a Serlio, anche un altro artista italiano, di certo più famoso, lavorò al palazzo del Louvre. Alla fine di aprile del 1665 Gian Lorenzo Bernini giunse a Parigi perché la sua idea fu quella prescelta tra una rosa di disegni richiesti ad alcuni architetti italiani, tra cui Pietro da Cortona, e altri stranieri. Il ministro Jean-Baptiste Colbert, infatti, aveva bandito un vero e proprio concorso alla ricerca di un progetto monumentale che garantisse una perfetta armonizzazione tra le nuove parti e la struttura preesistente.

Il Louvre nel 1380 (sotto Carlo V) come immaginato nel 1885

Il Louvre nel 1380 (sotto Carlo V) come immaginato nel 1885

Foto: Pubblico dominio

Bernini presentò al re Sole ben tre progetti, ma forse perché in quel tempo Luigi XIV era più interessato ai lavori a Versailles, o perché Colbert non era mai stato del tutto convinto della validità delle sue proposte, o forse perché l’italiano mal tollerò il soggiorno in Francia (tanto che a un certo punto andò via e lasciò un collaboratore a supervisionare i lavori), alla fine se ne fece poco e nulla. L’ala est, la parte su cui si era deciso di intervenire più massicciamente in quel momento, alla fine fu realizzata da Claude Perrault.

Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!

La trasformazione in museo

Benché avesse sempre ospitato le collezioni d’arte dei vari sovrani che vi dimorarono, fu sotto Luigi XV che il Louvre fu trasformato in un museo che rispecchiava, quantomeno in forma embrionale, l’accezione odierna. Fondamentale, in tal senso, fu la figura di Charles-Claude de Flahaut de La Billarderie, conte d’Angiviller. Il nobiluomo, che aveva l’incarico di supervisionare le decorazioni delle residenze di corte, era affascinato dalle idee illuministe secondo cui le raccolte della Corona dovevano essere messe a disposizione del progresso di arti e scienze e convinse il re dell’importanza di avere un luogo unico dove raccogliere tutte le sue collezioni.

Fu però durante la Rivoluzione francese che l’idea “moderna” di Louvre come museo si concretizzò realmente. L’Assemblea costituente decretò che il palazzo doveva esporre i beni culturali del Paese e l’inaugurazione avvenne il 10 agosto 1793, con l’esposizione di oltre 530 opere confiscate alla Corona, alla Chiesa e ai nobili che erano stati arrestati o erano fuggiti. In seguito fu ribattezzato Muséum Central des Arts de la République.

Il castello del Louvre in una raffigurazione del XV secolo nelle 'Très Riches Heures du Duc de Berry'

Il castello del Louvre in una raffigurazione del XV secolo nelle 'Très Riches Heures du Duc de Berry'

Foto: Pubblico dominio

Concordando evidentemente con un principio espresso dal pittore Jacques-Louis David, secondo il quale «il museo non ha da essere una vana raccolta di oggetti di lusso, utili solo a soddisfare un’oziosa curiosità. Deve invece essere un’autorevole scuola», Napoleone Bonaparte volle fare del Louvre un museo universale: in breve tempo l’arricchì con un elevato numero di opere d’arte provenienti sia dalla Francia, sia dalle varie campagne militari. Certamente nelle intenzioni dell’imperatore c’era anche il valore educativo dell’arte, ma principalmente vi era la celebrazione della propria grandezza. Non a caso, nel 1810 volle celebrare le nozze con Maria Luisa d’Austria proprio nella Grande Galerie del Louvre, al centro tra i “bottini di guerra” da lui conquistati.

Nel 1802 fu nominato direttore Vivant-Denon, amico di Napoleone e suo accompagnatore durante la campagna d’Egitto, da cui trasse reperti per il Louvre e il famoso Déscription de l’Egypte (1809). La sua idea di museo era pressoché identica alla nostra: un luogo che raccogliesse le testimonianze artistiche di tutto il mondo e di tutti i tempi per fornire uno strumento didattico alla comunità. Non bisogna poi dimenticare un altro elemento molto importante: la fase napoleonica del Louvre fu determinante per la moderna concezione di museo, perché permise anche alle altre nazioni di riconoscere il valore dei rispettivi patrimoni e di adoperarsi per la loro valorizzazione una volta rientrati in patria.

Leggi anche

Dopo la caduta di Napoleone si continuò a ingrandire il museo sia strutturalmente (sotto di lui si era già raggiunto il numero di diciannove sale), sia con continue acquisizioni: verso la fine degli anni venti del XIX secolo, per esempio, fu inaugurata una sezione dedicata a re Carlo X, composta da antichità egizie, etrusche e greco-romane, mentre circa vent’anni dopo fu inaugurata una sala assira. Alla metà del secolo le sale erano più di quaranta.

Il Louvre nel 1622, a cavallo tra lo stile medievale e quello rinascimentale

Il Louvre nel 1622, a cavallo tra lo stile medievale e quello rinascimentale

Foto: Pubblico dominio

Con la Terza repubblica il Louvre cambiò nuovamente nome, diventando il Musée National du Louvre, di proprietà statale. Per tutto il novecento e fino ai giorni nostri è stato ed è continuamente arricchito da acquisizioni e donazioni di opere di ogni tempo e genere: oggi tutta la storia dell’umanità è raccontata in oltre 60mila metri quadrati di sale espositive.

Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!

Per saperne di più

I furti d’arte. Napoleone e la nascita del Louvre. Paul Wescher, Res Gestae, Milano, 2022

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?