Il grande tesoro etrusco della tomba Regolini-Galassi

Nel 1836 un militare e un sacerdote scoprirono nella necropoli di Cerveteri un sepolcro con un magnifico corredo del VII secolo a.C.

«In quest’epoca troviamo una Roma piena di stupore e tutti i suoi saggi intenti a speculazioni sulla meravigliosa scoperta a Cerveteri della tomba Regolini-Galassi». Così diceva la viaggiatrice inglese lady Hamilton Gray a proposito del suo viaggio in Italia nel 1839. Si riferiva alla scoperta più sensazionale del XIX secolo nel campo dell’etruscologia, avvenuta vicino alle mura di Ceisra (Caere in latino), nel territorio dell’odierna Cerveteri. Caere fu uno dei principali centri dell’Etruria meridionale: grazie ai commerci attraverso i porti di Alsium (Ladispoli), Pyrgi (Santa Severa) e Punicum (Santa Marinella), nel VII secolo a.C. raggiunse un grande sviluppo artistico ed economico.

Necropoli della Banditaccia, a Cerveteri. Nelle vicinanze si trova la necropoli del Sorbo, dove nel 1836 avvenne la scoperta della tomba Regolini-Galassi

Necropoli della Banditaccia, a Cerveteri. Nelle vicinanze si trova la necropoli del Sorbo, dove nel 1836 avvenne la scoperta della tomba Regolini-Galassi

Foto: Scala

Ai tempi del rinvenimento il papato stava promuovendo già da qualche anno un’intensa esplorazione delle necropoli dell’antica Etruria nei confini dello stato pontificio, che allora si estendeva per buona parte dell’Italia centrale. Erano allora iniziate le esplorazioni delle tombe rupestri di Castel d’Asso, erano state aperte più di mille sepolture a Veio, erano state scoperte le prime tombe dipinte a Tarquinia ed erano stati trovati i più famosi vasi e bronzi di Vulci.

Papa Gregorio XVI concesse molti permessi per lo scavo dei monumenti etruschi ai proprietari dei terreni dove questi si trovavano. Ma, più che una esplorazione metodica, il dissotterramento delle tombe costituì un vero e proprio saccheggio, con il solo scopo di recuperare reperti di valore per venderli al mercato dell’antiquariato, presso il quale si rifornivano i musei transalpini.

Corridoio interno. Primo sepolcro della tomba Regolini-Galassi

Corridoio interno. Primo sepolcro della tomba Regolini-Galassi

Foto: Art Archive

Traffico di permessi

In tale contesto furono esplorati molti tumuli delle necropoli di Caere. Nel 1835 lo storico e archeologo Pietro Manzi localizzò una tomba nella necropoli occidentale della città, detta “il Sorbo”. Uno degli operai comunicò la scoperta ad altri due archeologi: Vincenzo Galassi, un generale in pensione appassionato di etruscologia, e Alessandro Regolini, arciprete di Cerveteri. Galassi e Regolini ottennero da Manzi la cessione del permesso di scavo che egli aveva ottenuto dal papato in cambio di alcuni vasi in bucchero nero.

I due soci dissotterrarono alcuni ipogei del VI secolo a.C. scavati nella roccia, tutti già depredati. Dopo tanti scavi infruttuosi si resero conto che tutti i sepolcri erano stati coperti da uno stesso tumulo circolare di terra, appianato nel corso dei secoli dal lavoro agricolo nei campi coltivati che nascondevano la necropoli.

Fibula d’oro sbalzato e granulato, con leoni e anatre

Fibula d’oro sbalzato e granulato, con leoni e anatre

Foto: Dea / Album

La scoperta

Il 21 aprile 1836 Regolini ordinò di scavare un pozzo nella parte centrale del tumulo e perforò la volta di una camera sepolcrale, provocando il crollo di uno dei muri. Nella camera trovò un magnifico tesoro di oreficeria etrusca che adornava un corpo sepolto lì venticinque secoli prima. Temendo che i preziosi oggetti fossero rubati dagli operai stessi o dagli abitanti del paese «che la notte precedente avevano bazzicato lì intorno per approfittare in malo modo di una scoperta così importante», fece togliere in fretta le pietre cadute e tutta la terra contenuta nella camera, che fu setacciata accuratamente all’esterno.

I reperti, datati tra il 675 e il 650 a.C., erano per la maggior parte d’oro. Tra questi spiccavano un pettorale, una spilla decorata con leoni in altorilievo, ciondoli con intarsi di ambra del Baltico, catene, fibule e bracciali. Calici e patere (cioè coppe destinate alle libagioni) d’argento di origine fenicia erano appesi alle pareti con chiodi di bronzo. Furono rinvenuti anche due recipienti d’argento con le iscrizioni Larthia e Mi Larthia in etrusco. In un primo momento si pensò che fosse il nome della donna lì sepolta, oggi si ritiene piuttosto che si riferissero a un sacerdote di nome Larth.

Collana d’oro e ambra. Figurava tra i gioielli della defunta

Collana d’oro e ambra. Figurava tra i gioielli della defunta

Foto: Dea / Album

Da questa cella fu liberato l’accesso originario alla tomba, rimasto nascosto dalla costruzione del grande tumulo in cui erano stati aperti altri ipogei. Questi ultimi circondavano la tomba più interna e antica, anch’essa coperta da un tumulo di dimensioni più ridotte, che per questo si salvò dai saccheggi.

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Scudi di bronzo

Attraverso una porta, chiusa da un muro fino a metà della sua altezza, gli archeologi entrarono in un’anticamera rettangolare, usata alla fine del VII secolo a.C. per la sepoltura di un secondo corpo. Quest’ultimo giaceva su un letto di bronzo, intorno al quale erano state poste quaranta statuette di terracotta alte dieci centimetri in una posa di afflizione solenne. Il carro funebre su cui era stato trasportato il defunto era accanto. Nella camera erano stati depositati oggetti di uso bellico, come otto scudi di bronzo e frecce di ferro, e altri di uso domestico, come un bruciatore d'incenso con ruote e un paiolo di bronzo decorato con teste di grifoni. Sui due lati della cella si aprivano altre due camere a pianta circolare. In una di esse apparvero i resti cremati di un altro corpo e molte ceramiche di bucchero nero.

Brocca d’argento con rosetta di bronzo dorato. Tomba femminile

Brocca d’argento con rosetta di bronzo dorato. Tomba femminile

Foto: Dea / Album

Pochi giorni dopo la scoperta l’archeologo tedesco Emil Braun, membro dell’Istituto di corrispondenza archeologica della Germania a Roma, pubblicò il primo rapporto accademico sulla scoperta, ampliato poi dall’architetto e archeologo Luigi Canina nell’opera Descrizione di Cere antica. Alcuni mesi dopo gli oggetti trovati nella tomba furono acquisiti dal governo pontificio e divennero parte della collezione del Museo gregoriano etrusco, inaugurato nel 1837.

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Per saperne di più

Cerveteri. Luciana Drago Troccoli. Libreria dello Stato, Roma, 2006

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