Il 6 aprile 1923 lord Carnarvon, mecenate di Howard Carter, moriva nel proprio hotel al Cairo dopo una breve malattia da molti attribuita alla maledizione della tomba di Tutankhamon, che si sarebbe avverata in seguito alla scoperta della sua tomba nella Valle dei Re. Dopo questo triste evento sarebbe passato quasi un anno prima che Carter riuscisse nuovamente a rimettersi al lavoro nella tomba KV62 e cominciasse a organizzare l’enorme lavoro di smontaggio delle cappelle di legno dorato che riempivano quasi del tutto lo spazio nella stanza funeraria del faraone.
L’egittologo britannico Howard Carter con un assistente davanti al sarcofago d’oro massiccio che conteneva la mummia di Tutankhamon
Foto: Cordon Press
Era il 17 febbraio 1923 quando Howard Carter, accompagnato da lord Carnarvon, aprì la porta murata della camera mortuaria del monarca, che rivelò a tutti un’enorme parete dorata, parte di una grande cappella sigillata. Dopo aver aperto le diverse serrature e aver spalancato la porta, agli occhi stupiti dei presenti apparve un altro spettacolare muro dorato coperto di splendidi rilievi.
Una matrioska di cappelle
Nel 1924 Carter decise di concentrarsi sulla camera mortuaria del faraone e di aprire le cappelle funerarie a una a una. In totale, l’egittologo e la sua squadra aprirono quattro cappelle di legno dorato, l’ultima delle quali era decorata con le immagini delle dee Iside e Nefti con le ali spalancate, a proteggere il corpo celato da quel gigantesco reliquiario. Quando aprì le ultime porte, con emozione repressa, Carter si trovò davanti un colossale sarcofago in granito che, apparentemente, «era ancora intatto, con il coperchio ancora saldamente al suo posto, esattamente dove l’avevano lasciato delle mani pietose», come avrebbe scritto nel suo diario. «Tutto quel che dobbiamo fare è pelare i feretri come se si trattasse di una cipolla e ci troveremo davanti al re in persona», aggiunse con convinzione.
Quando aprì le ultime porte, con emozione repressa, Carter si trovò davanti un colossale sarcofago in granito
Howard Carter e Lord Carnarvon durante l’abbattimento del muro dietro il quale si trovava la stanza mortuaria della tomba di Tutankhamon
Foto: Cordon Press
Ma le cose non sarebbero state così facili. La cappella esteriore occupava la quasi totalità della camera funeraria e complicava estremamente il lavoro, dal momento che c’era appena lo spazio per muoversi. Oltre tutto, lo spazio libero era ingombro di oggetti: bastoni di legno, ventagli di piume di struzzo, recipienti di alabastro… e ciò rendeva ancor più difficile il lavoro degli archeologi. Alla fine Carter e la sua squadra svuotarono dagli oggetti (attentamente documentati e imballati) la camera funeraria, per poi procedere a smontare le cappelle dorate: un compito che sarebbero riusciti ad affrontare solo un anno dopo.
Sollevare il coperchio del sarcofago
Tenendo a bada l’impazienza, il 13 ottobre 1925 Carter e la sua squadra cominciarono finalmente a smontare le cappelle funerarie che coprivano l’elaborato sarcofago in granito. Dopo aver iniziato a smantellare i pesanti reliquiari poterono disporre di più spazio per muoversi ed esaminare il sarcofago più da vicino. Nel farlo, Carter s’imbatté in una triste sorpresa: il coperchio aveva una crepa. Ciò avrebbe potuto creare dei gravi problemi dal momento che, quando gli operai avessero spostato il coperchio, che pesava circa una tonnellata, questo avrebbe corso il rischio di spezzarsi e cadere sul contenuto del sarcofago, distruggendolo. Alla fine gli archeologi decisero d’improvvisare delle pulegge che permettessero di sollevare il coperchio in sicurezza, dalle due estremità.
Dopo aver iniziato a smantellare i pesanti reliquiari gli archeologi poterono disporre di più spazio per muoversi ed esaminare il sarcofago più da vicino
La prima cappella funeraria che custodiva il sarcofago s’intravede attraverso un muro praticato nel muro
Foto: Cordon Press
Dopo che furono riusciti a sollevare il coperchio del sarcofago, Carter si affacciò ansiosamente sul suo contenuto: vide un feretro antropomorfo in legno dorato che rappresentava il faraone, con le mani incrociate sul petto che reggevano il pastorale e il flagello. Il volto era in oro puro. Ma a quanto pare coloro che avevano seppellito il faraone migliaia di anni prima avevano avuto qualche difficoltà. Il feretro era troppo grande per entrare perfettamente nel sarcofago, e gli antichi operai avevano dovuto limare i piedi della cassa perché ci entrasse. Alcuni trucioli di legno ne erano la prova.
Un feretro d’oro massiccio
All’apertura del feretro gli archeologi si sorpresero nel vedere che al suo interno ce n’era un altro, ancora più bello, in legno dorato e intarsiato. Carter, meravigliato, scrisse che era «il più splendido esempio dell’antica arte della fabbricazione di feretri mai visto». Sollevarono dunque il coperchio di questo secondo feretro, che rivelò il terzo e ultimo, coperto di sudari di lino e ghirlande di fiori poste forse dalla vedova in lutto, la regina Ankhesenamon. Quando tolse i fiori e ripiegò con cura il sudario, Carter trovò «un ammasso totalmente incredibile di oro puro»: il feretro era composto unicamente di questo materiale.
Il terzo e ultimo feretro era coperto di sudari di lino e ghirlande di fiori poste forse dalla vedova in lutto
Uno dei feretri di Tutankhamon viene estratto attraverso un elaborato sistema di carrucole
Foto: Cordon Press
Finalmente era giunto il grande momento. Carter si sarebbe trovato faccia a faccia con il faraone che era stato oggetto della sua ricerca per tanti anni. Alla fine riuscì a sollevare il pesante coperchio d’oro, che rivelò la mummia del faraone bambino, il cui viso e le spalle erano coperti da una splendida maschera funeraria d’oro e lapislazzuli. La bellezza dell’artefatto e la sua magnifica fattura lasciarono senza parole coloro che lo contemplarono per la prima volta dopo più di tre millenni.
La mummia di Tutankhamon
Dopo un momento di raccoglimento Carter iniziò a tagliare con un bisturi i tredici strati di lino che avvolgevano il corpo di Tutankhamon. Via via che avanzava nel lavoro l’egittologo s’imbatté in diversi tesori collocati tra le bende, come due preziosi pugnali con le rispettive guaine splendidamente lavorate, uno con la lama in oro puro e l’altro, sorprendentemente, con la lama in ferro di origine meteoritica, che lo rendeva ancor più pregiato. Intorno al collo del faraone era stato collocato un pettorale d’oro, e dalle bende emersero amuleti protettori, 143 in totale.
Tra le bende furono trovati due preziosi pugnali, una con la lama in oro puro e l’altro con la lama di ferro meteoritico
La mummia del faraone Tutankhamon coperta dalla maschera d’oro e lapislazzuli
Foto: Cordon Press
Per disgrazia però la mummia di Tutankhamon si trovava in stato deplorevole. Sembra che gli antichi imbalsamatori avessero abusato di unguenti e resine e che il corpo fosse rimasto bruciato in seguito a un processo di combustione spontanea all’interno del feretro. Il corpo era quindi annerito e quasi appiccicato alla cassa, e sarebbe stato molto difficile estrarre la mummia senza danneggiarla. Ciò suscitò un lungo e complesso dibattito tra i ricercatori. Alla fine (e, secondo molti studiosi, a torto), Carter decise di affidare la decisione a Douglas E. Derry, professore di anatomia all’università del Cairo.
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Un trattamento alquanto discutibile
Alla luce del problema si decise che l’unico modo di estrarre la mummia era usare delle lame riscaldate che la separassero dal feretro. Per farlo la mummia fu smembrata, un metodo considerato assai problematico da molti specialisti, e che molto probabilmente le provocò danni irreparabili. In primis Derry separò gambe e bacino dal torso, poi tagliò le braccia (togliendo prima i bracciali che le adornavano) e infine, dopo un complicato e rischioso processo, separò la maschera dalla testa del re, sempre con lame riscaldate. Alla fine Carter riuscì a contemplare il viso deteriorato di Tutankhamon. Malgrado tutto, l’egittologo britannico disse di essere rimasto colpito dai «tratti ben disegnati» di colui che, senza volerlo, sarebbe diventato il faraone più famoso dell’antico Egitto.
Dopo un complicato e rischioso processo la maschera fu separata dalla testa del re, sempre con lame riscaldate
Carter e la sua squadra esaminano la mummia di Tutankhamon
Foto: Cordon Press
La mummia di Tutankhamon fu analizzata dalla squadra di Carter, e negli anni seguenti fu sottoposta a diversi studi, con metodi sempre più all’avanguardia, che avrebbero rivelato informazioni di grande importanza per conoscere l’epoca, la vita a la morte del giovane sovrano. Ma questa è un’altra storia…
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