Giuseppe Mazzini definì Francesco Hayez: «il capo della scuola di Pittura Storica che il pensiero nazionale reclama in Italia». Infatti molte sue opere rivelano un contenuto politico e patriottico, spesso filtrate attraverso immagini medievali o anche contemporanee. Hayez nacque a Venezia il 10 febbraio 1791 da Chiara Torcellan di Murano e da Giovanni Hayez, un pescatore di Valenciennes. A causa delle difficili condizioni economiche della famiglia, fu affidato a uno zio materno. Costui, notando il precoce talento del ragazzo, lo mandò a bottega da Francesco Fedeli detto il Maggiotto, un artista veneto che gli fornì anche una formazione letteraria di stampo storico e mitologico. Successivamente, Hayez s'iscrisse all’accademia di Venezia, dove frequentò, tra l’altro, corsi di pittura storica.
Sotto la guida di Canova
Nel 1809, vinse un concorso per l’alunnato di Roma, una borsa di studio per completare la sua formazione nella città capitolina, uno dei traguardi più prestigiosi nel percorso di un artista. Giunse in città con alcune lettere di Leopoldo Cicognara, il presidente dell’Accademia di Venezia, che lo raccomandava al potente cardinale Consalvi e allo scultore Antonio Canova. Vedendo in Hayez il nuovo astro della pittura italiana, il mecenate scrisse a Canova: «Oh per Dio che avremo anche noi un pittore; ma bisogna tenerlo a Roma ancora qualche tempo, e io farò di tutto perché vi rimanga». Lo scultore accolse il giovane come un figlio, arricchendone la formazione neoclassica e permettendogli di frequentare i migliori ambienti artistici e intellettuali.
Francesco Hayez, Autoritratto con leone e tigre in gabbia (circa 1831)
Foto: Pubblico dominio
Qui Hayez si mise facilmente in mostra, collezionando premi e riconoscimenti. Ebbe anche numerose relazioni sentimentali, per lo più “pericolose”, come quella con la moglie di un medico che, scoperto il tradimento, tentò di ucciderlo costringendo Canova a mandarlo per qualche tempo a Firenze. Pare anche che corteggiò Minette d’Armendariz, la donna amata da Canova. Nel 1817 sposò Vincenza Scaccia, una romana, ma probabilmente il suo vero amore fu la milanese Carolina Zucchi, che posò per lui in diverse opere.
Dopo aver lasciato Roma e trascorso alcuni anni in diverse località, nel 1823, si trasferì definitivamente a Milano. Qui si specializzò nella pittura di carattere storico, diventando uno dei massimi esponenti del romanticismo italiano. A differenza delle altre zone d’Europa, il Romanticismo era collegato soprattutto a tematiche politiche e a sentimenti nazionalistici. Anche nella città meneghina la sua fama crebbe rapidamente e si susseguirono commissioni prestigiose, incarichi accademici e riconoscimenti ufficiali. Nel 1850 divenne docente di pittura presso l’accademia di Brera, mentre dieci anni dopo ne divenne presidente. Nel 1869 morì sua moglie Vincenza e poco tempo dopo l'artista adottò Angiola Rossi (detta “Angiolina”) una giovane che gli fece da modella in quegli anni. Morì a Milano all’età di novantuno anni, il 21 dicembre 1882, dopo aver dipinto, appena un anno prima il celebre Vaso di fiori sulla finestra di un harem.
Francesco Hayez, Autoritratto a 71 anni (1862)
Foto: Pubblico dominio
La pittura storica e gli ideali di patria e libertà
Francesco Hayez fu il più grande pittore di storia del suo tempo e operò proprio nel periodo in cui questo genere era uno dei mezzi più importanti per diffondere gli ideali di patria e di libertà contro il nemico invasore. Se, infatti, la sua prima fase è prettamente neoclassica, maggiormente incentrata su temi mitologici o comunque classicheggianti, nel pieno della sua maturità artistica si concentrò sul “vero” e sul “bello”. Il primo era inteso come la realtà, mentre l’altro ne era l'idealizzazione. Entrambi i valori avevano il compito di educare il pubblico – inteso non più, come in passato, l’élite intellettuale, ma tutto il popolo – a sentimenti patriottici.
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