Guglielmo Tell, eroe dell'indipendenza svizzera

La rivolta di un coraggioso cacciatore del cantone di Uri contro il governatore imperiale diventò l’emblema della lotta condotta dal popolo svizzero per la propria indipendenza nel XIV secolo

Nel XIII secolo i territori dell’attuale Confederazione Elvetica erano sottoposti al controllo di vari signori feudali. Questo non impedì all’imperatore Federico II di Svevia di porre alle dirette dipendenze dell’impero i cantoni forestali di Uri (nel 1231), Schwyz e Unterwalden (nel 1241), concedendo loro un’ampia autonomia amministrativa. Nel 1264 una parte dei territori elvetici passò sotto il controllo degli Asburgo che, nel 1273, con Rodolfo I, salirono al trono del Sacro Romano Impero. Preoccupati del crescente prestigio degli Asburgo e timorosi di perdere gli antichi privilegi, nel 1291 i tre cantoni forestali siglarono il patto di Rütli, che prevedeva reciproco aiuto nel caso di attacchi degli Asburgo. Sia Rodolfo I sia il suo successore Adolfo I rispettarono i diritti dei tre cantoni, ma la preoccupazione delle comunità montane si rivelò fondata con l’ascesa al trono di Alberto I, nel 1298. Egli inviò infatti nei suoi domini dei governatori stranieri che presto si attribuirono poteri e prerogative, compiendo soprusi nel nome degli Asburgo.

Monumento a Guglielmo Tell sulla piazza principale di Altodorf, in Svizzera (fine del XIX secolo)

Monumento a Guglielmo Tell sulla piazza principale di Altodorf, in Svizzera (fine del XIX secolo)

Foto: Fototeca 9X12

La sfida del fiero tiratore

È in questo clima sociale e politico che s'inserisce la storia di Guglielmo Tell. Secondo la tradizione, egli era un cacciatore di Bürglen, un paese del cantone di Uri, ed era famoso per la sua abilità con la balestra. Intorno al 1307 si trovava nel capoluogo della regione, ad Altdorf, sulla cui piazza principale svettava un palo coronato da un cappello. Si trattava di un simbolo dell’autorità imperiale, a cui dovevano inchinarsi tutti quelli che passavano nei pressi della piazza. Tell, però, si rifiutò di rendere il proprio omaggio e la notizia giunse presto al governatore del cantone di Uri, Hermann Gessler. Il funzionario decise allora di punire il grave affronto e, conoscendo la fama da buon tiratore di Guglielmo, lo obbligò a centrare una mela che era stata collocata sulla testa del suo figlio minore: se l’avesse colpita, gli sarebbe stata concessa la libertà, in caso contrario sarebbe stato invece arrestato.

Tell scoccò la freccia e il colpo andò a segno, ma con sorpresa il governatore scoprì che l’uomo aveva con sé due frecce e gliene chiese la ragione, dal momento che gli aveva concesso un solo tiro. Il cacciatore, allora, rispose in tono sprezzante che, se avesse mancato il bersaglio, non avrebbe esitato a usare la seconda freccia contro lo stesso Gessler. Il governatore, profondamente adirato, ordinò quindi di arrestare l’impertinente e di portarlo in prigione nel castello di Küssnacht. Ma durante il trasferimento in barca, attraverso il lago dei Quattro Cantoni, si scatenò una violenta tempesta e Tell approfittò della confusione per fuggire. Nei giorni successivi si diresse poi al castello, dove raggiunse il governatore e lo uccise.

Secondo altre versioni, Tell si sarebbe invece adoperato per condurre in salvo l’imbarcazione con tutti i suoi occupanti, fra cui vi era anche Gessler. Una volta giunti sani e salvi a riva, tuttavia, il prigioniero si sarebbe scagliato contro il governatore, uccidendolo.

Immagine di un soldato che tira con la balestra. XVII secolo. Musée de l’Armée, Parigi

Immagine di un soldato che tira con la balestra. XVII secolo. Musée de l’Armée, Parigi

Foto: RMN Images

Origini e sviluppi della leggenda

Questa singolare vicenda ha sempre suscitato molti dubbi tra gli storici. Nel XVIII secolo, Voltaire diceva: «La storia della mela è molto sospetta, così come il suo contesto». In effetti, nessun documento contemporaneo cita l’avvenimento o il nome del protagonista. La prima versione scritta si trova in un testo elvetico del 1470, in cui viene menzionato un personaggio conosciuto come Thall.

In realtà, la storia di un uomo coraggioso che spara a una mela posta sulla testa di suo figlio fa parte della tradizione nordica e si trova, per esempio, in Gesta Danorum (Le gesta dei Danesi), l’opera scritta dallo storico medievale danese Saxo Grammaticus nel XII secolo. Il tema dell’arco e della mela compare anche in un’antica ballata inglese dell’inizio del XVI secolo, dove a un certo punto il leggendario fuorilegge William of Cloudsley (una figura paragonabile a Robin Hood) centra con una freccia una mela collocata sulla testa di suo figlio. È quindi molto probabile che la storia di Guglielmo Tell fosse un adattamento di queste leggende.

La storia dell’uomo che colpisce una mela sulla testa di suo figlio compare anche nella mitologia nordica e in antiche ballate inglesi

L’autore che diede il primo racconto esteso del mito del cacciatore di Bürglen fu lo storico svizzero Aegidius Tschudi, nel suo Chronicon Helveticum, uno dei più antichi resoconti della storia della Confederazione Elvetica, scritto tra il 1550 e il 1570, ma stampato solo nel 1734. Sebbene la parte su Tell non fosse storicamente documentata, e fu probabilmente inserita solo per il suo alto valore simbolico, la versione di Tschudi ebbe molto successo e divenne, in seguito alla sua pubblicazione, il modello per le successive opere sull’eroe dell’indipendenza svizzera.

Battaglia di Laupen. Nel 1339 le truppe del cantone di Berna vinsero l'esercito asburgico. Miniatura dalla cronaca ufficiale dello storico svizzero Diebold Schilling il Vecchio (1450)

Battaglia di Laupen. Nel 1339 le truppe del cantone di Berna vinsero l'esercito asburgico. Miniatura dalla cronaca ufficiale dello storico svizzero Diebold Schilling il Vecchio (1450)

Foto: AKG / Album

La nascita di una nazione

La storia di Guglielmo Tell si legò così nel tempo, e in modo indissolubile, alle origini leggendarie della Svizzera. Secondo il racconto dello stesso Tschudi, la morte del governatore per mano di Tell diede infatti il via a una grande rivolta contro il potere imperiale. Perché se la vicenda dell’abile tiratore è una leggenda che si è originata solo dopo i fatti storici a cui si riferisce, essa ha nondimeno un fondo evidente di verità storica.

Nelle comunità alpine c’era infatti una lunga tradizione di patti e alleanze difensive. A causa della particolare conformazione del territorio, ricco di barriere naturali, la dominazione dei signori feudali era spesso solo nominale. In realtà tali comunità erano rette da un landammann (landamano o balivo), una figura meramente rappresentativa che di solito coincideva con il maggior possidente della comunità in questione. Gli uomini liberi prestavano un giuramento per rafforzare l’autorità del balivo e assicurare in tal modo la pace interna nel loro territorio.

A questa tradizione si rifaceva lo spirito del patto del 1291, che sarebbe stato siglato alla morte di Rodolfo I d’Asburgo da Walter Fürst, Werner Stauffacher e Arnold von Melchtal, in rappresentanza dei cantoni di Uri, Schwyz e Unterwalden. Il patto intendeva rafforzare la loro alleanza, perché nelle terre dominate dagli Asburgo regnasse l’ordine senza l’intervento di questi ultimi. Il testo iniziava così: «Sia noto dunque a tutti, che gli uomini della valle di Uri, la comunità della valle di Schwyz e quella degli uomini di Unterwalden, considerando la malizia dei tempi e allo scopo di meglio difendere e integralmente conservare sé e i loro beni, hanno fatto leale promessa di prestarsi reciproco aiuto, consiglio e appoggio, a salvaguardia così delle persone come delle cose, dentro le loro valli e fuori, con tutti i mezzi in loro potere, con tutte le loro forze, contro tutti coloro e contro ciascuno di coloro che a essi o a uno di essi facesse violenza, molestia o ingiuria con il proposito di nuocere alle persone o alle cose».

Il giuramento di Rütli. Olio del pittore romantico svizzero Heinrich Füssli, 1779. Municipio di Zurigo

Il giuramento di Rütli. Olio del pittore romantico svizzero Heinrich Füssli, 1779. Municipio di Zurigo

Foto: BPK / Scala

Ma questo atteggiamento di autogoverno non si conciliava con le pretese asburgiche. Il primo scontro tra l’esercito dei cantoni e i soldati imperiali avvenne nel 1315, a Morgarten, un monte al confine tra i cantoni di Schwyz e Zug. La vittoria dei confederati spinse altre città a unirsi ai cantoni forestali: nel 1332 fu la volta di Lucerna e, nel 1351, di Zurigo, seguita nei due anni successivi da Glarus, Zug e Berna. Il patto di Rütli iniziava così a dare forma a un nuovo Paese di uomini e territori liberi: la Confederazione Elvetica.

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Un eroe romantico

L’avvincente lotta dei piccoli cantoni svizzeri contro un avversario temibile come l’impero venne riportata in auge in epoca romantica, quando Guglielmo Tell ebbe la consacrazione definitiva come eroe della libertà elvetica. Già nel secolo precedente era diventata popolare la cronaca di Tschudi, che sviluppava ampiamente le vicende legate al personaggio. Tale opera fu inoltre la base per un lungo racconto che lo storico svizzero Johannes von Müller incluse nella sua Storia della Svizzera, pubblicata tra il 1824 e il 1853. Grazie a questo racconto, Tell divenne il rappresentante dello spirito nazionalistico alpino e diffuse nel mondo l’immagine di un popolo svizzero pacifico, che viveva in armonia con la natura circostante e che aveva ottenuto l’indipendenza grazie al proprio valore.

Basandosi su Tschudi e Müller, il grande scrittore tedesco Friedrich von Schiller pubblicò, nel 1804, un’opera teatrale su Guglielmo Tell che ebbe un’eco mondiale. Schiller condivideva il filoelvetismo della sua epoca e l’idealizzazione degli svizzeri, il piccolo popolo che aveva conquistato la libertà a differenza dei grandi Paesi ancora schiavi del dispotismo. Le frasi appassionate del suo Guglielmo: «Ciò che le mani innalzarono, le mani possono distruggere. Dio ci diede la forza della libertà. Il regno dei tiranni violenti è il più breve» consegnarono definitivamente al mito la storia dello svizzero, facendone un simbolo della libertà universale e un precursore della lotta per i diritti umani.

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