La giraffa che fece impazzire i francesi

Nel 1826 il viceré d’Egitto mandò in Francia, come regalo personale al re Carlo X, una splendida giraffa, che suscitò tra la popolazione un entusiasmo mai visto

Quando salì al trono nel 1824 il re francese Carlo X fece sapere ai suoi ambasciatori che desiderava ampliare il suo zoo con nuove specie. Il console francese al Cairo, l’italiano Bernardino Drovetti, si affrettò a soddisfare la richiesta del sovrano. Esperto in ogni sorta di traffico losco – antichità faraoniche comprese – Drovetti gli inviò innanzitutto un gatto selvatico e una iena, ma subito gli venne in mente un regalo eccezionale: una giraffa africana. Convinse quindi il viceré Mehmet Ali che un dono del genere sarebbe stato un’abile mossa per ingraziarsi il re francese e dissipare i timori che aveva sollevato il suo recente intervento a Cipro e in Grecia.

Acquerello di Nicolas Huet il Giovane raffigurante la giraffa regalata a Carlo X

Acquerello di Nicolas Huet il Giovane raffigurante la giraffa regalata a Carlo X

Foto: The Pierpont Morgan Library / Scala, Firenze

Nello stesso anno alcuni cacciatori arabi catturarono nel Sudan settentrionale una femmina di giraffa di sei mesi di età, dopo averne ucciso la madre. In seguito la vendettero al governatore della provincia, che a sua volta la cedette al viceré. Nel 1826, quando l’animale aveva due anni e misurava 3,5 metri di altezza, Mehmet Ali decise di mandarlo in Francia. Al collo della giraffa fu posta una fascia di pergamena su cui erano riportati alcuni versi del Corano, per proteggerla durante il viaggio. La spedizione era formata da quattro accompagnatori egiziani, tre mucche che avrebbero fornito all’animale il latte necessario (ne consumava quasi 100 litri al giorno) e un’antilope, dono personale di Drovetti al re.

In processione verso Parigi

Il viaggio a bordo di un brigantino sardo durò 32 giorni, che la giraffa trascorse nella sentina con il lungo collo che sporgeva da un foro appositamente realizzato nel ponte. Quando sbarcò a Marsiglia, nel novembre del 1826, il prefetto la fece rinchiudere in una stalla adibita allo scopo. Non sapeva se mandarla a Parigi via mare, con un’imbarcazione che avrebbe risalito il Rodano, o a piedi. Alla fine chiese al governo l’invio di «una persona intelligente, capace di gestire la situazione». Il prescelto fu il naturalista Étienne Geoffroy Saint-Hilaire, professore di zoologia presso il Museo di storia naturale di Parigi e direttore del relativo zoo. Nonostante soffrisse di gotta e reumatismi, Geoffroy raggiunse rapidamente Marsiglia, dove decise che la cosa migliore era portare la giraffa a piedi fino a Parigi, a 880 chilometri di distanza. A Marsiglia l’animale aveva suscitato un immenso interesse popolare, al punto che il prefetto aveva dovuto mobilitare i gendarmi, e persino la cavalleria, per contenere le persone che si accalcavano per vederla.

Quest'incisione del XX secolo raffigura l'ingresso della giraffa a Parigi nel 1827

Quest'incisione del XX secolo raffigura l'ingresso della giraffa a Parigi nel 1827

Foto: White Images / Scala, Firenze

Lo stesso avvenne anche nelle altre 22 città che la comitiva dovette attraversare nei 41 giorni di viaggio necessari per raggiungere Parigi. La giraffa era protetta da una tela cerata impermeabile decorata con dei gigli (l’emblema dei re di Francia). In ogni città, il suo ingresso maestoso, fiancheggiato dagli accompagnatori e dai gendarmi, era salutato da grandi folle. Si dice che a Lione 30mila persone si fossero riversate nella piazza principale per vederla. La gente restava sbalordita dalla sua altezza – durante il soggiorno in Francia l’animale aveva continuato a crescere e misurava ormai 3,7 metri –, dalla velocità di corsa che poteva raggiungere e dalla sua lingua viola di 45 centimetri. Geoffroy notava che aumentava ogni giorno di peso, i suoi muscoli si rafforzavano e non si rifiutava più di bere davanti agli sconosciuti.

Alcuni giorni dopo il suo arrivo a Parigi la giraffa fu portata al cospetto del re a Saint-Cloud, a una quindicina di chilometri dalla capitale. I giornali raccontarono che il re volle vedere camminare, e persino correre, questo singolare quadrupede. Tutta la corte osservò ammirata quel suo modo straordinario di procedere, in particolare al trotto. L’animale venne quindi portato nello zoo del giardino del re, dove una marea di persone accorse a contemplarla. Solo nell’estate del 1827 ci furono 100mila visitatori. La sua popolarità divenne travolgente. Fu oggetto di canzoni, poesie e numeri di vaudeville. Veniva raffigurata su carta da parati, stoviglie e mobili, e anche su capi e accessori d’abbigliamento: c’erano vestiti, cappelli e cravatte à la giraffe, ovvero color arancione a macchie nere. Ma questa febbre non durò a lungo. Appena tre anni più tardi lo scrittore Honoré de Balzac diceva che solo i più ingenui provinciali andavano ancora al giardino reale per vederla. Oggi il suo corpo impagliato si trova al Museo di storia naturale di La Rochelle.

Lo zoo o Ménagerie del Jardin du Roi fu creato nel 1794. Aveva una rotonda dedicata agli animali “pacifici” ed è qui che fu condotta la giraffa inviata dal pascià Mehmet Ali

Lo zoo o Ménagerie del Jardin du Roi fu creato nel 1794. Aveva una rotonda dedicata agli animali “pacifici” ed è qui che fu condotta la giraffa inviata dal pascià Mehmet Ali

Foto: Tallandier / Bridgeman / Aci

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