Gilgamesh e la pianta dell’immortalità

La Genesi e altri miti mesopotamici narrano che l’uomo fu creato in una pacifica oasi in cui non esisteva la morte

Gli ebrei non furono né gli unici né i primi a sviluppare il mito di un giardino primordiale. Per esempio, nella celebre Epopea di Gilgamesh, scritta intorno al 2500 a.C., compare il personaggio di Utnapishtim, l’unico umano che gli dei salvarono dal diluvio universale e di cui si dice che viveva alla “confluenza dei fiumi”. Questo luogo viene descritto come un giardino colmo di diverse specie di alberi ricchi di frutti e gemme preziose dove, tra le altre cose, non esiste la morte. La dimora di Utnapishtim somiglia all’Eden biblico perché simboleggia l’idea di una regione bagnata dai fiumi, feconda e in cui si può vivere liberi da ogni preoccupazione.

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L’Epopea di Gilgamesh contiene anche un episodio in cui appaiono vicende simili a quelle narrate nella Genesi: la pianta che dona l’immortalità a chi la assaggia, il serpente, il diluvio… Dopo la morte del suo amico Enkidu, Gilgamesh, re di Uruk, sprofonda nella disperazione. Decide allora d’intraprendere un viaggio alla ricerca di Utnapishtim, suo antenato e sovrano di Shuruppak, che era stato salvato dagli dei dal diluvio e aveva ricevuto il dono dell’immortalità. Dopo aver superato pericoli d’ogni sorta, Gilgamesh giunge alla dimora di Utnapishtim, sulle rive di un grande lago. Sollecitato a rivelargli il segreto dell’immortalità e dopo essersi rifiutato una prima volta, Utnapishtim, seguendo i consigli di sua moglie, decide di aiutare Gilgamesh. Riferisce quindi all’eroe che il talismano dell’immortalità altro non è se non una pianta che cresce nel fondo del lago e che è dotata di spine che lacerano chiunque provi ad afferrarla.

Gilgamesh trova la pianta dell'eterna giovinezza ma un serpente, in agguato, tenta di rubarla. Incisione di Zabelle C. Boyajian. Gilgamesh 1924

Gilgamesh trova la pianta dell'eterna giovinezza ma un serpente, in agguato, tenta di rubarla. Incisione di Zabelle C. Boyajian. Gilgamesh 1924

Foto: Mary Evans / Scala, Firenze

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Lungi dall'intimorirsi e dopo aver legato delle pietre ai suoi piedi, Gilgamesh s'immerge nel lago, dal quale riemerge con la pianta magica. «La porterò a Uruk e la darò da mangiare ai vecchi, che torneranno giovani e forti. Io stesso ne mangerò e riavrò tutta la perduta gioventù». Tuttavia, Gilgamesh si addormenta sulla riva del lago e un serpente gli si avvicina e divora la pianta. Ormai persa la possibilità di diventare immortale, il re ritorna in patria arrendendosi al suo inesorabile epilogo.

Peso di steatite con rilievo che mostra Gilgamesh in lotta con i serpenti

Peso di steatite con rilievo che mostra Gilgamesh in lotta con i serpenti

Foto: Dea / Album

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