Erodoto, uno storico in viaggio

Nato nella città dorica di Alicarnasso, Erodoto concepiva la storia come una ricerca personale e un’esplorazione delle altre culture, incluse quelle dei popoli "barbari".

Omero, l’autore dell’Iliade e dell’Odissea, inizia i suoi poemi epici invocando l’ispirazione della “divina Musa”. Erodoto, invece, inserisce il proprio nome già nella prima riga del suo resoconto, scritto in prosa anziché in versi. Questa firma personale funge da garanzia della veridicità della sua testimonianza e della sua narrazione, come sarà anche per altri due cronisti, Tucidide e Senofonte. In questo incipit ritroviamo anche la parola che connoterà per sempre questo nuovo genere di scrittura: storia. Ciò che Erodoto racconta è il risultato di una ricerca personale (histories apodeixis, letteralmente “esposizione di una ricerca”). L’autore avverte fin dall’inizio il lettore che non intende raccontare i miti degli dèi e degli eroi antichi, ma «avvenimenti determinati dall’azione degli uomini». Eppure c’è qualcosa nel suo progetto narrativo che coincide con la poesia epica: scrive per salvare dall’oblio le imprese degne di ammirazione.

Erodoto di Alicarnasso espone qui il risultato delle sue ricerche storiche. Lo scopo è quello di impedire che i fatti degli uomini finiscano per sbiadire con il tempo e perdano la dovuta risonanza imprese grandi e degne di ammirazione realizzate sia dai greci che dai barbari, compresa la ragione per la quale vennero a guerra tra loro.

In questo prologo, scritto sicuramente alla conclusione della sua vasta opera, si evidenzia un duplice obiettivo: narrare le grandi gesta sia dei greci che degli altri popoli – i barbari – e spiegare le cause della terribile guerra tra gli uni e gli altri, ovvero quel grande conflitto conosciuto con il nome di Guerre persiane (492-478 a.C.). A differenza di quanto avviene nei testi di Tucidide e di altri autori classici, nell’opera di Erodoto la parola “barbari” non ha un senso dispregiativo. Al contrario, lo storico ammira il loro mondo eterogeneo, le loro imprese e i grandiosi monumenti che hanno costruito.

Busto dello storico greco Erodoto

Busto dello storico greco Erodoto

Foto: MMA / RMN-Grand Palais

Un uomo cosmopolita

Erodoto visse approssimativamente tra il 485 e il 425 a.C. Era quindi coetaneo del sofista Protagora e del poeta tragico Sofocle. Il suo nome iniziò ad affermarsi nel 441 a.C., quando fu invitato ad Atene a leggere alcuni capitoli della sua opera, che fu accolta con grande favore. Lo storico ricevette un sostanzioso premio in denaro per aver elogiato l’eroica lotta dei greci, in particolare degli ateniesi, in difesa della libertà. Erodoto era nato nella città dorica di Alicarnasso, Dopo essere stato costretto all’esilio, trascorse un lungo periodo sull’isola di Samo e quindi si dedicò a viaggiare. Nella Ionia, concretamente in città mercantili e aperte al mare come Mileto o Efeso, costantemente minacciate dal vicino impero persiano, aveva visto la luce la filosofia. È qui che Erodoto forgiò il suo carattere e il suo spirito intrepido di viaggiatore. Curioso e tollerante, annotava tutte le novità che vedeva o ascoltava, proprio come un buon reporter ante litteram.

L’attuale suddivisione della sua lunga opera, Storie, in nove libri, è da attribuire sicuramente ai filologi alessandrini. Per riferirsi ai suoi resoconti Erodoto usava il temine logoi, che potremmo tradurre come “trattati”. Ognuno di questi, poi riuniti in una raccolta finale, aveva una tematica propria. Il primo libro delle Storie è dedicato alla Lidia, al ricco re Creso e alle sue enormi fortune, e al modo in cui il suo regno fu assoggettato dal persiano Ciro. I protagonisti del secondo libro sono l’Egitto e le sue meraviglie. Nel terzo si torna a parlare di persiani, con la conquista delle terre del Nilo da parte del sovrano achemenide Cambise. Il quarto, invece, riunisce due logoi, uno sulla Scizia (una regione dell’Asia centrale) e l’altro sulla Libia. I libri successivi narrano i vari episodi dello scontro tra i greci e i persiani. Il quinto libro, ad esempio, è incentrato sugli intrighi dei persiani in Macedonia, sui conflitti tra le città greche e sulle politiche di Sparta e Atene. Il sesto, invece, ricostruisce la spedizione di Dario, che si conclude con la vittoria greca, mentre il settimo evoca con grande senso drammatico le battaglie decisive delle Termopili e di Maratona. Per ultimo, il libro ottavo e il nono sono dedicati rispettivamente alle battaglie di Salamina e di Platea, che siglano la vittoria finale dei greci.

Secondo quanto racconta Erodoto, il faraone Cheope era un tiranno che «gettò il paese in una gravissima situazione»

Secondo quanto racconta Erodoto, il faraone Cheope era un tiranno che «gettò il paese in una gravissima situazione»

Foto: Toño Labra / Age Fotostock

Il primo giornalista

Lo storico mette insieme notizie molto variegate, che raccoglie nel corso dei suoi lunghi viaggi. Non si basa su testi scritti né utilizza archivi, ma racconta quello che ha visto e sentito. Nella seconda parte della sua opera descrive e commenta, come nessuno aveva saputo fare prima, la guerra che decise le sorti della Grecia, con particolare riferimento alla democratica Atene. Erodoto non solo è il “padre della storia”, come lo ha definito Cicerone, ma anche della geografia e dell’antropologia culturale. Ai lettori offre una visione personale del mondo, che elabora con grande acume parlando con persone informate nei vari territori visitati. I suoi strumenti sono lo sguardo curioso (opsis), l’ascolto attento (akoé) e la riflessione critica sui dati raccolti (gnome). I primi libri delle Storie testimoniano le sue doti di viaggiatore infaticabile.

Erodoto visitò l’Egitto, risalendo la valle del Nilo fino alla prima cataratta presso Elefantina (Assuan), dove anticamente terminava il regno, a un migliaio di chilometri dalla costa. Viaggiò anche in Mesopotamia, della quale descrisse la celebre Babilonia e le regioni circostanti, e della quale probabilmente raggiunse anche la città di Susa. Più a nord, il viaggiatore si recò nelle colonie greche sulle sponde del mar Nero e quindi si addentrò nelle praterie abitate dalla popolazione nomade degli sciti, nella steppa ucraina, arrivando nei pressi dell’attuale Kiev. In Africa settentrionale percorse la Cirenaica e la costa dell’odierna Libia. Trascorse un periodo nelle città greche dell’Italia meridionale e collaborò alla fondazione della colonia di Thurii. Probabilmente visitò tutta la Grecia e molte isole dell’Egeo. Sembra che Erodoto parlasse solo greco (com’era naturale tra i viaggiatori greci dell’epoca), per cui per esempio in Egitto dovette probabilmente richiedere ai sacerdoti locali bilingui di tradurgli le iscrizioni dei templi. Erodoto era senza dubbio una persona estremamente curiosa nei confronti di ciò che era esotico e straordinario ed era mosso dalla voglia di conoscere che, però, in lui si univa alla volontà di narrare le cose stupefacenti di cui era stato testimone diretto o indiretto. E lo faceva con uno stile chiaro, con descrizioni e aneddoti dalle tinte vivaci, ambientati nei più diversi scenari.

Biblioteca di Celso a Efeso

Biblioteca di Celso a Efeso

Foto: Anna Serrano / GTRES

Una sfida all’oblio

Coetaneo e amico di Sofocle, Erodoto conservò una visione umanistica e tragica della storia universale, che vedeva gli uomini come esseri “effimeri” il cui destino era nelle mani del caso e in cui anche il potere e le ambizioni più grandi erano esposti alla rovina. «Tutto è incerto nell’esistenza umana» afferma. «Non chiamare nessuno felice finché non hai visto il suo ultimo giorno» consiglia l’ateniese Solone al ricchissimo re Creso, che si ricorderà di quella frase quando cadrà sconfitto dal re persiano Ciro. La divinità abbatte gli orgogliosi, premia i giusti e castiga l’eccesso di superbia, come fece con Serse, che già Eschilo nella tragedia I persiani presentava come esempio di hybris (l’orgoglio tracotante che spinge gli uomini a sfidare i limiti imposti dagli dèi). Per Erodoto il mondo si muove sotto lo sguardo degli dèi, ma la provvidenza non è capricciosa né imprevedibile. Proprio perché il destino umano è tragico, bisogna celebrare le imprese eroiche e i fatti meravigliosi e scrivere, per il futuro, la storia: ovvero una testimonianza affidabile che sottragga quelle gesta all’ombra dell’oblio.

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?