Un eremita in giardino: l'eccentrica moda inglese

Scalzi, barbuti, isolati dalla vita mondana, i druidi "ornamentali" popolavano i poderi di nobili e ricchi proprietari terrieri, per incarnare la melanconia che ispirò arti e letteratura nell’epoca georgiana

Per chi nel 1770 passeggiava nel giardino inglese di Painshill, nel Surrey, non era insolito scorgere un uomo vestito di stracci, con barba lunga e l’aria meditabonda. Ciò che poteva sembrare un bizzarro incontro fortuito era in realtà un trend diffuso tra il XVIII e il XIX secolo, quando nobili e proprietari terrieri erano soliti “animare” i propri possedimenti con un eremita da giardino. L’idea ricorda le statue di nani e personaggi di fantasia che oggi si possono scorgere nei cortili di palazzi e villette, ma a quel tempo si trattava di persone in carne e ossa, reclutate ad hoc per suscitare meraviglia.

L’usanza si diffuse durante l’età georgiana, caratterizzata da un forte impulso culturale. Il benessere si rifletteva nella ricchezza di residenze e palazzi immersi nella natura, dove la cura per il verde assumeva un valore più che estetico. Parchi e giardini diventarono dimora per inquilini eccentrici, esibiti dai padroni come segno di prestigio. Seppur discutibile, la moda strizzava l’occhio al fascino per l’oriente maturato in secoli di conquiste e colonizzazioni, dove il concetto di meditazione incontrava la melanconia preromantica che proprio in quegli anni stava conquistando il pensiero e l’animo dell’Europa.

Rappresentazione artistica di un eremita ornamentale

Rappresentazione artistica di un eremita ornamentale

Foto: Pubblico dominio

Uno spazio per ritirarsi dal mondo

L’abitudine di ricavare un rifugio per ritirarsi in solitaria - o con pochi eletti - era già diffusa nei secoli precedenti. Le ville signorili dell’antica Roma, così come i palazzi di epoca rinascimentale o barocca, spesso includevano casupole o piccoli ambienti privati, nonostante in quei casi fosse ben poco il margine lasciato all’ascetismo e alla riflessione. L’idea venne ripresa a metà del XVIII secolo, alimentata dall’immaginario dei nobiluomini settecenteschi, che amavano ricreare luoghi destinati alla solitudine.

Venduta come simbolo di elevazione spirituale, la vicenda degli eremiti da giardino è molto meno romantica di quanto possa sembrare. Spesso i “pensatori solitari” erano braccianti o membri della servitù, cui veniva chiesto di vestirsi e comportarsi in un determinato modo. Altre volte si trattava di monaci o di vere e proprie comparse a tempo pieno, reclutate con un regolare contratto di assunzione. Vitto e alloggio assicurati, in cambio di una performance attoriale che poteva durare diversi anni, senza poter lasciare la proprietà del datore di lavoro.

Scalzi, barbuti, solitari

Sir Charles Hamilton, membro del parlamento inglese durante il regno di re Giorgio II, fu tra i primi ad arruolare un eremita da giardino per il parco di Painshill, da lui realizzato tra il 1730 e il 1780. Un annuncio pubblicato dal nobile britannico consente di farsi un’idea sull’aspetto di questi personaggi. Simile ai druidi di epoca romana, l’eremita da giardino viveva scalzo, vestito solo di una tunica malconcia, possibilmente senza lavarsi. Vietato tagliare capelli, barba e unghie. Tra gli oggetti a corredo non mancavano lenti da lettura e una Bibbia, utili a dedicarsi agli studi e aspirare all’illuminazione.

'Diogene' (1882) di John William Waterhouse

'Diogene' (1882) di John William Waterhouse

Foto: Pubblico dominio

L’hermitage - alloggio destinato agli eremiti - era altrettanto pittoresco: in genere si trattava di una grotta, una casupola in mattoni o una capanna in legno, magari avvolta dalla vegetazione rigogliosa. All’interno c’era giusto l’indispensabile per una vita morigerata, priva di lusso e distrazioni: un tappeto di tela grezza, un pouf come cuscino, una clessidra come segnatempo. Acqua e cibo erano regolarmente forniti dal padrone di casa.

“Eremita cercasi”

Ben lontano dall’ascetismo spirituale, il mestiere di eremita aveva clausole precise. Nel suo annuncio, sir Hamilton offriva un contratto della durata di sette anni alle condizioni sopra indicate. Se rispettate, l’eremita avrebbe ricevuto un compenso complessivo tra cinquecento e settecento pound (tra 95mila e 130mila sterline odierne). In caso di recesso, non avrebbe guadagnato un centesimo. Così fu per il primo assunto, che non superò le tre settimane di permanenza. Un collega assunto in un podere a Preston, nel Lancashire, ebbe maggiore fortuna: oltre a ricevere un salario di cinquanta sterline all’anno, per lui fu allestito un appartamento sotterraneo dotato di tutti i confort, dalla stanza da letto al bagno, compreso un organetto da camera e una fornitura di libri scelti in base ai suoi gusti. Il cibo era lo stesso servito alla tavola del padrone.

Una volta assunto, l’eremita non era autorizzato a lasciare il podere del proprietario né a interagire con altri residenti o servitori, salvo diversi accordi. In alcuni casi, era richiesto loro di recitare componimenti personali o di ricevere gli ospiti durante le feste organizzate. Come riportato in una guida al podere di Hawkstone (1784), gli ospiti del padrone potevano fare visita all’eremita. Per fargli visita bastava suonare una campana posta all’ingresso dell’alloggio: all’interno c’era un tavolo su cui si trovavano un teschio - simbolo della caducità della vita, - una clessidra un libro e un paio di lenti da lettura. L’eremita, un uomo di circa novant’anni, accoglieva con cortesia i visitatori e li intratteneva con brevi conversazioni.

L'ingresso della Grotta dell'eremita nel giardino storico di Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme, Padova

L'ingresso della Grotta dell'eremita nel giardino storico di Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme, Padova

Foto: Pubblico dominio

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Candidati insospettabili

Citando le parole di Edith Sithwell, poetessa e saggista inglese che centocinquant’anni più tardi trattò il tema nel libro English Eccentrics (1933), «Sembrava che nulla potesse dare una tale gioia per gli occhi come lo spettacolo di una persona attempata, con una lunga barba grigia e un abito lacero, che si barcamena tra insidie e piaceri della natura».

Sebbene fosse riservata preferibilmente ai più anziani, la posizione di eremita domestico attirava anche candidati insospettabili: sul Courier dell’11 gennaio 1810, un «giovane uomo» aveva pubblicato un’inserzione in cui manifestava il desiderio di «ritirarsi dal mondo e vivere come un eremita in qualche angolo piacevole dell’Inghilterra», dicendosi disposto a trovare un accordo con gentiluomini desiderosi di ospitarlo.

Quando basta la fantasia

Come tutte le mode, anche questa non fu priva d’imitazioni: chi non poteva permettersi di reclutare una comparsa per animare il proprio giardino, si limitava a realizzare hermitage a scopo decorativo, in cui talvolta proprio lo stesso padrone di casa trovava rifugio per momenti di malinconia o riflessione. I più eccentrici e creativi ripiegarono su soluzioni fai-da te, realizzando fantocci di cera o pupazzi meccanici con sembianze di druidi. Pensati per suggestionare i curiosi, possono essere considerati i plausibili antenati dei nani da giardino che oggi animano e colorano i dehor di condomini e villette.

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