Chiunque si sia imbattuto anche solo in una delle storie di Sandokan o del Corsaro Nero ha sognato a occhi aperti di viaggiare per mari e per terra verso terre lontane, di scoprire fauna e flora sconosciute, di vivere avventure mozzafiato… Grazie a uno stile di scrittura che dipinge immagini, quasi cinematografico, la penna di Emilio Salgari, la sua sconfinata fantasia e i suoi personaggi appassionanti hanno affascinato, e ancora affascinano, generazioni di lettori di tutte le età.
Il suo più accanito lettore, Ernesto Che Guevara, si vantava di aver letto ben sessantadue dei suoi romanzi storici e d’avventura e Umberto Eco in un’intervista del 1991 dichiarò: «Fino a sei anni volevo fare il tranviere. Poi a otto anni ho cominciato a leggere Salgari e i libri di mia nonna… Cosi iniziai a scrivere dei racconti con tanto di casa editrice personale: Matenna, cioè matita e penna».
Emilio Salgari
Foto: Pubblico dominio
Se fosse vissuto ai giorni nostri, sarebbe stato conteso tra i maggiori editori del mondo per i suoi numeri da capogiro e sarebbe stato ricchissimo: la prima edizione del Corsaro Nero, con ben 100 mila copie vendute, l’avrebbe posto di diritto in cima alla classifica dei bestseller. Emilio Salgari scrisse oltre 80 romanzi, più una gran quantità di racconti, ma morì in totale povertà togliendosi la vita.
Una vita travagliata
Emilio Salgari nacque a Verona nel 1862. A sedici anni si iscrisse all’Istituto nautico di Venezia, senza però terminare gli studi. Compì un unico viaggio come mozzo a bordo dell’Italia Una, tra Venezia e Brindisi. A vent’anni pubblicò il primo racconto, I selvaggi della Papuasia, in quattro puntate su un settimanale milanese. Nel 1883, a soli ventun’anni, Salgari conobbe il grande successo con il romanzo Le tigri della Malesia. Fu l’inizio di una prolifica produzione letteraria fatta di avventure ambientate in paesi del sub-continente asiatico, che però Salgari non visitò mai di persona. Lo scrittore visse in un’epoca in cui i traffici si intensificavano, i viaggi diventavano più rapidi e le comunicazioni più veloci. I suoi romanzi sono una chiave per leggere il suo tempo: il boom dell’editoria popolare e dei giornali illustrati fu una preziosa fonte d’ispirazione per lui che lavorava come giornalista. Tuttavia rimase uno scrittore bistrattato dalla critica contemporanea, che lo relegò nell’intrattenimento per ragazzi, e dagli ambienti letterari, che lo consideravano volgare e ripetitivo, addirittura diseducativo. L’unico attestato di stima ufficiale gli giunse dalla regina Margherita di Savoia che, nel 1897, gli conferì la Croce di Gran Cavaliere.
«La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni […] io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno e alcune della notte, e quando riposo sono in biblioteca per documentarmi». Salgari, che diventerà uno degli scrittori italiani più tradotti al mondo, era costretto a consegnare tre romanzi all’anno. Inseguendo il miraggio della stabilità economica, decise erroneamente di farsi stipendiare dai suoi editori invece di richiedere compensi in royalties. Era dunque costretto a ritmi di lavoro serrati: componeva almeno tre pagine al giorno senza avere il tempo di rileggerle, e nei brevi periodi di pausa correva a verificare puntigliosamente i particolari geografici in biblioteca. Scriveva in maniera frenetica, fumando cento sigarette al giorno e bevendo marsala a volontà.
Copertina de 'I misteri della jungla nera', di Emilio Salgari
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Nel 1900, dopo aver soggiornato nel Canavese e poi a Genova, si trasferì definitivamente a Torino dove cambiò spesso alloggio, abitando nelle vie Morosini e Superga, in piazza San Martino (l’attuale piazza XVIII Dicembre, nello stesso palazzo all’angolo dove De Amicis scrisse il libro “Cuore“), in via Guastalla e infine in Corso Casale. Qui, al civico 205, una targa commemorativa ricorda l’ultima dimora del più grande scrittore italiano di romanzi d’avventura. Schiacciato dai debiti contratti per pagare le cure della moglie Ida, affetta da una grave malattia mentale, con quattro figli a carico e minato nell’animo dalla solitudine e da mille sensi di colpa, il 25 aprile 1911 si tolse la vita facendosi l'harakiri con un rasoio in un bosco collinare fuori città. Aveva solo 48 anni. Ai suoi editori dell’epoca scrisse: «A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna».
Ai quattro figli lasciò invece questo pensiero: «Sono ormai un vinto. La malattia di vostra madre mi ha spezzato il cuore e tutte le energie. Io spero che i milioni di miei ammiratori che per tanti anni ho divertito e istruito provvederanno a voi. Non vi lascio che 150 lire, più un credito di lire 600… Mantenetevi buoni e onesti e pensate, appena potrete, ad aiutare vostra madre. Vi bacia tutti col cuore sanguinante il vostro disgraziato padre». I suoi funerali passano quasi inosservati perché in quei giorni Torino era impegnata con i festeggiamenti del 50° Anniversario dell’Unità d’Italia. La sua salma venne portata nella cappella di famiglia del cimitero monumentale di Verona. L’amaro epilogo si colloca in una serie purtroppo ampia di suicidi: come lui, anche il padre e il fratello si erano tolti la vita, e come lui, compiranno questo gesto estremo anche due dei suoi quattro figli.
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Gli illustratori di Salgari
Per illustrare l’immensa mole di lavoro salgariano, gli editori Donath di Genova e Bemporad di Firenze incaricarono celebri artisti dell’epoca di realizzare copertine e disegni a corredo delle pagine interne. Gennaro Amato, che diede vita a Sandokan, Pipein Gamba, che conosceva e frequentava i Futuristi Marinetti e Boccioni, e Alberto della Valle furono tra i più importanti illustratori salgariani di tutti i tempi.
Alberto della Valle, uno degli illustratori di Salgari
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Alberto Della Valle, proprio come l’amico scrittore, si affidò soprattutto all’immaginazione per realizzare le sue splendide illustrazioni. Egli infatti non si spostò mai da Napoli, sua città natale, se non per raggiungere Genova, dove lavorò per un breve periodo. La sua tecnica era infallibile: in cucina, in salotto o sul terrazzo di casa, da cui godeva del meraviglioso panorama del mare, scattava fotografie a modelli in posa, spesso i suoi figli o quelli di Salgari, agghindati con costumi rimediati alla bell’e meglio. Arricchiva poi l’ambientazione con le suppellettili a disposizione: manici di scopa, sedie, poltrone, tavoli… Ogni oggetto poteva essere utile per ricreare fantasiosamente gli ingombri di scialuppe, archibugi, timoni e altri elementi presenti nei racconti. Infine sviluppava e stampava autonomamente le fotografie, da cui poi scaturirono le celeberrime illustrazioni dei romanzi d’avventura. La stessa triste sorte dell’amico Salgari toccherà a Della Valle che nel 1928, distrutto dal dolore della vedovanza, si sparerà un colpo di rivoltella.
Un autentico sognatore
Le storie narrate da Salgari rappresentavano un’opportunità d’evasione ineguagliabile per i lettori dell’epoca. Le sue erano descrizioni forse non rigorose, ma semplici e fantasiose, e comunque sempre frutto di accurate ricerche accademiche. Alcuni recenti studi linguistici-letterari-geografici, avvalendosi anche dell’ispezione satellitare dell’area interessata, ad esempio identificano oggi Mompracem in Ampa Patches, un banco corallino subacqueo a poche miglia dalle coste occidentali del Borneo. A dimostrazione che, pur non avendo mai visitato questi luoghi lontanissimi, le sue rappresentazioni sono sempre appassionate e avvincenti, quasi come se Salgari si fosse recato sul posto.
Illustrazioni da 'Un dramma nell'Oceano Pacifico', di Emilio Salgari. 1895
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In un periodo storico caratterizzato da una forte spinta colonialista, egli creò eroi assolutamente anti-colonialisti e si schierò coraggiosamente sempre dalla parte dei più deboli, di chi non si sottomette al potere costituito, talvolta dei fuorilegge, dando vita a personaggi dalle tinte forti, ancora oggi di grande attualità. È sempre la passione a muovere i suoi protagonisti: i suoi paladini non temono di sacrificarsi in nome di valori universali come onore, amore, amicizia, lealtà. E come non sottolineare la grande modernità di Salgari nella creazione delle figure femminili? Honorata, Jolanda, Capitan Tempesta (sì, è una donna!) si muovono sui terreni perigliosi dell’avventura fino a quel momento riservati solo e unicamente ai personaggi maschili.
Oggi queste stesse storie che fondono sapientemente realtà e fantasia continuano a farci sognare. E così sarà finché non si assopirà il bisogno di viaggiare, di pensare, di giocare, di sentirsi liberi.
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