Domiziano, l'imperatore despota del Palatino

Minacciato dagli intrighi di corte e avversato dal senato, l’ultimo imperatore dei Flavi instaurò a Roma un autentico regime di terrore, ma non poté sfuggire alla congiura ordita dalle persone a lui più vicine, che lo assassinarono nello stesso palazzo imperiale

Al principio «aborriva o affettava di aborrire tanto dal sangue che vietò d’immolare i buoi o altri animali» durante le cerimonie religiose. Figlio di Vespasiano e fratello minore di Tito, prima di salire al trono imperiale il giovane Domiziano appariva caratterizzato da un’indole pacifica.

Lo storico latino Svetonio, autore della frase citata, narra come all’inizio del suo governo Domiziano fosse considerato un imperatore giusto, tollerante e integro, attento al problema della moralità pubblica e pronto a punire con rigore ogni infrazione della legge. L’imperatore si mostrava particolarmente severo nei confronti di spie e accusatori, poiché come soleva asserire: «Il principe che non punisce i delatori, li incoraggia».

L’arrivo a Roma di Vespasiano, accolto dal figlio Domiziano. Museo Gregoriano Profano (Musei Vaticani)

L’arrivo a Roma di Vespasiano, accolto dal figlio Domiziano. Museo Gregoriano Profano (Musei Vaticani)

Foto: Granger Collection / Age Fotostock

Eppure il suo governo, cominciato sotto i migliori auspici, mutò presto direzione e si convertì in un regime dispotico e sanguinario, così come viene descritto dagli intellettuali latini coevi, quali lo stesso Svetonio (che a lui dedicò una biografia inserita nella sua celebre opera Le vite dei Cesari), lo storico e naturalista Plinio il Giovane, il poeta satirico Giovenale, o lo storico di epoca più tarda Cassio Dione.

La causa scatenante di questo cambiamento risiede forse in un episodio avvenuto lontano da Roma, lungo la frontiera del Danubio. Lì, l’esercito dell’imperatore subì una serie di cocenti sconfitte tra l’85 e l’87 d.C., in seguito all’offensiva dei daci, che annientarono due legioni romane. Le ripetute disfatte spinsero Lucio Antonio Saturnino, governatore della Germania Superiore, a ribellarsi a Domiziano: egli poteva contare sulle due legioni stanziate a Moguntiacum (Magonza) e sull’alleanza stretta con i catti, che abitavano oltre il Reno.

L’imperatore soffocò la rivolta in breve tempo, agevolato anche dalla sorte, poiché i catti, pronti a schierarsi al fianco di Saturnino, non poterono attraversare il fiume, a causa del prematuro scioglimento del ghiaccio. Il traditore fu dunque sconfitto, ma da allora il germe del sospetto si insinuò nell’animo di Domiziano.

L’imperatore Domiziano in un dipinto di Domenico Fetti, XVII secolo. Louvre, Parigi

L’imperatore Domiziano in un dipinto di Domenico Fetti, XVII secolo. Louvre, Parigi

Foto: Erich Lessing / Album

Cospirazioni ovunque

Da quel momento l’imperatore fu morbosamente ossessionato dalla paura di possibili congiure ai suoi danni. Per prevenire eventuali insurrezioni, Domiziano vietò che due legioni fossero unite nello stesso accampamento e aumentò il salario dei soldati.

Tali misure però non bastarono a placare il suo assillo; qualsiasi forma di disapprovazione o il più lieve sospetto di avversione nei suoi confronti erano sufficienti: l’imperatore non esitava a eliminare chiunque si fosse mostrato critico verso di lui. Tra questi vi fu forse Gneo Giulio Agricola. Uomo politico e generale, protagonista di campagne vittoriose in Britannia, Agricola morì in circostanze misteriose, come narra Tacito, genero del condottiero, che insinua contro Domiziano l’accusa di aver fatto avvelenare il suocero, sospetto accolto senza indugio da Cassio Dione.

Similmente, Manio Acilio Glabrione, console nel 91 d.C. e assurto a grande popolarità, fu obbligato a combattere con le fiere nell’anfiteatro che l’imperatore aveva fatto costruire nella sua villa di Alba Longa. Glabrione sopravvisse, ma alcuni anni dopo venne esiliato e messo a morte (95 d.C. circa).

Il tempio di Domiziano a Efeso fu il primo a essere dedicato a un imperatore ancora vivente

Il tempio di Domiziano a Efeso fu il primo a essere dedicato a un imperatore ancora vivente

Foto: Tetra Images / Age Fotostock

A dire il vero, l’estrema suscettibilità di Domiziano si era manifestata già prima della ribellione di Saturnino. Svetonio riferisce che il despota condannò a morte lo storico Ermogene di Tarso, colpevole di aver inserito alcune allusioni ostili all’imperatore in una sua opera storiografica, e addirittura «fece crocifiggere i copisti che l’avevano trascritta».

Tuttavia, in seguito alla sollevazione delle legioni danubiane, la sua diffidenza assunse risvolti patologici, traducendosi in atti di efferata crudeltà. Secondo Svetonio, per scoprire i nomi dei complici di Saturnino, l’imperatore applicò ai suoi oppositori, o presunti tali, «un nuovo genere di tortura che consisteva nel bruciare gli organi genitali; a qualcuno di loro fece anche tagliare le mani».

Manie di persecuzione

Domiziano procedette inoltre a numerose confische e non mostrò alcun riguardo neppure per i membri della sua stessa famiglia, ordinando l’esecuzione del cugino Tito Flavio Clemente e di sua moglie Flavia Domitilla, anch’ella parente dell’imperatore. Peraltro, a turbare la tranquillità di Domiziano per tutta la durata del suo governo, vi furono anche i responsi astrologici, che preannunciavano il modo e il giorno della sua morte.

L’imperatrice Domizia Longina. Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo

L’imperatrice Domizia Longina. Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo

Foto: Art Collector / Age Fotostock

Alla fine, il suo comportamento divenne sempre più simile a quello di un paranoico che vedeva cospiratori in ogni angolo del proprio palazzo: «Di giorno in giorno sempre più agitato», scrive Svetonio, «fece rivestire le pareti dei portici, nei quali era solito passeggiare, con lastre di marmo fengite (una varietà di marmo così detto per la sua lucentezza, dal greco phengos, ossia luce), in modo da vedere davanti a sé, riflesso nella loro superficie brillante, tutto ciò che accadeva alle sue spalle».

Alcuni storici hanno suggerito che il timore dei cospiratori, divenuto un’autentica ossessione per Domiziano, potesse essere dettato da un disturbo psicologico: si sarebbe trattato, dunque, di un caso di vera e propria pazzia. Si è ipotizzato che egli fosse affetto da saturnismo, un’intossicazione da piombo che può determinare, tra l’altro, allucinazioni, deliri e demenza e che poteva avere diverse cause. A provocarla era probabilmente l’acqua trasportata dalle condutture in piombo degli acquedotti, l’uso di stoviglie e utensili rivestiti di piombo e l’abitudine di versare polvere di tale metallo nel vino per addolcirlo. Non si esclude, dunque, che un avvelenamento dovuto a questo elemento possa aver scatenato l’ossessione di Domiziano per i complotti.

Una congiura di palazzo

Qualunque ne fosse la causa, la follia di Domiziano cresceva a dismisura e sembrava non conoscere limiti. Tutti temevano per la propria vita e, secondo un aneddoto tramandato da Cassio Dione, l’imperatore si serviva di una tavoletta in legno di tiglio per vergare i nomi di sospetti cospiratori.

L'imperatore Domiziano viene assalito da un gruppo di congiurati mentre è a letto nel palazzo imperiale. Lazzaro Baldi, XVII secolo

L'imperatore Domiziano viene assalito da un gruppo di congiurati mentre è a letto nel palazzo imperiale. Lazzaro Baldi, XVII secolo

Foto: V. Pirozzi / Dea / Getty Images

Fu in quest’atmosfera densa di timore e incertezza che maturò l’idea della congiura destinata a porre fine al regime di terrore domizianeo. A ordire il complotto furono i liberti Stefano e Partenio e i due prefetti del pretorio Nerbano e Petronio Secondo, in connivenza con alcuni senatori e persino con la moglie del tiranno, Domizia Longina. Tuttavia, eliminare Domiziano non era facile, poiché il palazzo imperiale era sempre gremito di pretoriani. Svetonio rivela che i congiurati assoldarono a tale scopo dei gladiatori.

Domiziano fu assassinato dalle persone a lui più vicine, tra cui la moglie Domizia Longina

Lo storico latino narra con minuzia di particolari le circostanze dell’assassinio di Domiziano, avvenuto il 18 settembre del 96 d.C. Fingendo di essersi ferito accidentalmente, Stefano si fece vedere per vari giorni nel palazzo con il braccio sinistro avvolto di lana e di fasce; poi si presentò a Domiziano con il pretesto di dovergli denunciare un complotto. Sotto le bende, però, l’uomo nascondeva un pugnale e mentre l’imperatore leggeva con stupore il biglietto che gli aveva consegnato, con l’elenco dei supposti congiurati, lo trapassò al basso ventre. Domiziano reagì e lottò a lungo con lui, tentando di portargli via il pugnale e di cavargli gli occhi con le dita, ma sul princeps si scagliarono gli altri congiurati e i gladiatori, che lo finirono con sette pugnalate. Nessuno accorse in aiuto del despota, poiché tutte le porte della stanza erano sbarrate.

La notizia dell’assassinio di Domiziano fu accolta con collera dai pretoriani, che dovevano importanti privilegi all’imperatore e si dichiararono pronti a vendicarlo. Il popolo, invece, si mostrò indifferente, mentre i senatori manifestarono subito il loro grande compiacimento per la scomparsa del tiranno che li aveva osteggiati per quindici lunghi anni e ne decretarono una repentina damnatio memoriae: ogni sua traccia doveva essere cancellata. Tutte le statue di marmo dell’imperatore furono abbattute e quelle di bronzo vennero fuse; il nome di Domiziano fu cancellato ovunque, dalle epigrafi e dalle monete. Di fatto, sono state ritrovate alcune monete recanti i ritratti di Domiziano e della moglie Domizia Longina, nelle quali appare cancellata solo l’effigie del primo, prova questa che la damnatio memoriae non era stata estesa alla consorte del detestato Cesare, in riconoscimento del ruolo da lei giocato nella cospirazione.

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Le esorbitanti spese di Domiziano

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Le esorbitanti spese di Domiziano

Per costruire il suo palazzo, l’imperatore elargì somme ingenti, tanto da svuotare quasi del tutto le casse dell’erario. Perciò Domiziano ricorse, a detta di Svetonio, a ogni sorta di rapine: «Si confiscavano a tutti i beni; e bastava che comparisse uno solo a dire che un tale prima di morire aveva lasciato la sua eredità a Cesare, perché subito egli se ne impossessasse».

Sezione orizzontale di parte della Domus Flavia, opera dell'architetto Rabirio. Da sinistra a destra: l'Aula regia, il peristilio e il grande triclinio.

Foto: P. Connolly / AKG / Album

L'Aula regia del palazzo

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L'Aula regia del palazzo

La Domus Flavia, la parte pubblica e ufficiale della residenza di Domiziano, ospitava ambienti caratterizzati da un lusso raffinato, atto a celebrare la grandezza dell’imperatore. Tra questi vi erano la fastosa sala da pranzo e l’Aula regia, la sala del trono (nella foto), destinata alle udienze. Un soffitto ligneo a cassettoni alto 30 metri ricopriva la stanza. Finestre a bocca di lupo su ambo i lati illuminavano la sala. Le pareti erano scandite da 12 nicchie decorate con statue. Un’abside semicircolare posta di fronte all’ingresso ospitava il trono.

Acquerello di Jean-Claude Golvin. Musée départemental Arles Antique. ©Éditions Errance

La villa di Domiziano al Circeo

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La villa di Domiziano al Circeo

Fonti antiche, quali il poeta Marziale, riferiscono che Domiziano poteva disporre di varie residenze poste nei dintorni di Roma. Tra queste vi è la villa del Circeo, sorta nel I secolo d.C. sulla sponda orientale del lago di Sabaudia, dotata di un complesso termale-balneare di grandi dimensioni.

Nell'immagine, ricostruzione della villa di Domiziano al Circeo (I secolo d.C.), opera di Jean-Claude Golvin, basata sui risultati delle indagini archeologiche. La villa, struttura rettangolare dotata di un’abside semicircolare, ospitava probabilmente gli alloggi dell’imperatore. Tra i piaceri che Domiziano si concedeva nella sua villa al Circeo c’era quello di assistere a spettacoli nel suo piccolo teatro. Il sistema idraulico comprendeva l’acquedotto e tre cisterne lunghe 60 metri comunicanti per mezzo di 16 archi. Un lungo porticato, che costeggiava la riva del lago, congiungeva il teatro, le terme, la zona balneare e la villa dell’imperatore. Le terme comprendevano il vestibolo o spogliatoio (apodyterium), il frigidarium, il tepidarium, il laconicum e il calidarium. Il promontorio del Circeo fu così chiamato perché identificato dalla tradizione con la dimora della maga Circe, protagonista del celebre episodio omerico (Odissea, X).

Acquerello di Jean-Claude Golvin. Musée Départemental Arles Antique. ©Éditions Errance

Il ritrovamento

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Il ritrovamento

L’area intorno al lago di Sabaudia, dove si trovava la villa di Domiziano, continuò a essere abitata nel Medioevo e nuovi edifici si sovrapposero alle costruzioni di età romana. Alla fine del XVIII secolo ebbero luogo i primi scavi ufficiali, durante i quali furono rinvenute molte statue, tra cui l’Apollo di Kassel (conservato nell’omonima città tedesca), copia romana di un’opera di Fidia. L’ampia struttura della villa fu riportata alla luce negli anni trenta dello scorso secolo, ma le indagini archeologiche proseguono ancora oggi.

Apollo di Kassel. Ritrovato nel XVIII secolo tra le rovine della villa di Domiziano, ha deto il nome a questo tipo di scultura apollinea, tratto da un originale di Fidia (V secolo a.C.). Museumslandschaft Hessen Kassel.

Foto: Bridgeman / Index

Domiziano, l'imperatore despota del Palatino

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Per saperne di più

Vita dei Cesari. Gaio Svetonio Tranquillo, Garzanti Libri, Milano, 2007
L’impero romano. Vol. 1. Santo Mazzarino, Laterza, Roma-Bari, 2010
L’Ispanico. Santiago Posteguillo, Piemme, Milano, 2019

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