La doccia rivoluziona l’igiene personale

L’inglese William Feetham brevettò un dispositivo che permetteva alla gente di lavarsi in casa sotto un getto d’acqua continuo «a pioggia»

Nel XVIII secolo le classi agiate di tutta Europa dimostravano ormai una crescente preoccupazione per l’igiene, non solo delle città ma anche delle persone. Il bagno diventò una pratica abituale, per alcuni per esigenze di pulizia o il piacere di sentirsi freschi, per altri per ragioni mediche. In quegli anni il progresso della medicina e il miglioramento delle conoscenze batteriologiche favorirono lo sviluppo dell’idroterapia, ovvero la cura per mezzo dell’acqua, che veniva applicata al paziente a diverse condizioni di temperatura e pressione.

Idroterapia in casa. Pubblicità su una rivista medica del 1884

Idroterapia in casa. Pubblicità su una rivista medica del 1884

Foto: Gusman / Leemage / Prisma Archivo

Fin da epoche remote per lavarsi in casa la gente utilizzava delle grandi tinozze. L’inconveniente principale di questo sistema era l’ingente quantità di acqua richiesta, che doveva essere trasportata con dei secchi. Questo era il problema che l’inglese William Feetham si proponeva di risolvere quando brevettò nel 1767 il primo modello di doccia meccanica. Feetham era un costruttore di stufe e forni con la vocazione per le invenzioni, e aveva già progettato uno spazzacamino meccanico grazie al quale non era più necessario ricorrere ai bambini.

Il suo prototipo di doccia consisteva in una struttura portatile a tronco di cono suddivisa in due parti: quella inferiore era costituita da un catino in cui ci si lavava in piedi, quella superiore da un piccolo serbatoio che faceva scendere l’acqua attraverso una superficie bucherellata. Le due parti erano unite da alcune canne di bambù che fungevano da montanti e su cui si installavano le tende per garantire la privacy ed evitare di allagare la stanza.

Una donna si fa una doccia nel 1897, all'epoca in cui il dispositivo divenne popolare

Una donna si fa una doccia nel 1897, all'epoca in cui il dispositivo divenne popolare

Foto: Mary Evans / Scala, Firenze

Le prime docce pubbliche

L’apparecchio presentava due grossi vantaggi. Intanto bastava tirare una catena per far scendere un getto d’acqua «a pioggia», un procedimento indiscutibilmente più pratico che rovesciarsi una secchiata in testa. Inoltre una pompa manuale permetteva di far risalire l’acqua raccolta nel catino fino alla cisterna superiore e di riutilizzarla. Ciò consentiva un notevole risparmio idrico, per quanto dal punto di vista igienico non fosse ancora la soluzione ideale.

Più tardi sarebbero arrivati scarichi, valvole e serpentine che consentivano di riscaldare l’acqua e aumentarne la pressione, o sistemi di collegamento alla rete idrica che evitavano di doverla riutilizzare. Feetham stesso continuò a perfezionare la sua idea, di cui introdusse un nuovo modello nel 1822.

In questa caricatura del 1851 una famiglia si appresta a utilizzare una doccia installata in cucina

In questa caricatura del 1851 una famiglia si appresta a utilizzare una doccia installata in cucina

Foto: NTPL / Scala, Firenze

Tuttavia fu merito del chirurgo francese Merry Delabost se la doccia iniziò a svolgere anche una funzione sociale e non rimase solo un privilegio delle classi agiate. Delabost era il medico ufficiale del carcere di Rouen. All’epoca nelle prigioni centinaia di uomini vivevano ammassati in condizioni malsane che favorivano il diffondersi di malattie di ogni tipo. I bagni avevano un uso esclusivamente terapeutico per il trattamento dei detenuti con problemi nervosi. Nel 1872 Delabost propose invece l’installazione di docce collettive, per lavare rapidamente un gran numero di persone con un consumo idrico ridotto.

Quattro o cinque minuti e «sedici litri di acqua» erano sufficienti, «invece dei trecento richiesti da un bagno in vasca», scriveva il medico nei suoi rapporti. Dal carcere di Rouen questo nuovo sistema “di abluzione” si diffuse in altre istituzioni penitenziarie, senza però essere ancora disponibile per i civili. Per usufruirne bisognava «avere ucciso qualcuno, o almeno rubato», scherzava Delabost. Ma nel giro di pochi anni le docce, ormai rese obbligatorie anche all’interno degli eserciti, avrebbero iniziato l’inesorabile conquista di tutta Europa.

Una doccia dei primi del XIX secolo in una residenza di campagna di Erddig, in Galles

Una doccia dei primi del XIX secolo in una residenza di campagna di Erddig, in Galles

Foto: The National Trust Photolibrary / Alamy / Aci

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