La cura dei capelli nell'antica Mesopotamia

I crani rasati dei sacerdoti, le ciocche degli schiavi e le elaborate acconciature dei sovrani rivelavano la loro posizione sociale

Nell’antica Mesopotamia si attribuiva particolare importanza alla capigliatura e le persone che non avevano cura dei propri capelli erano equiparate a creature selvagge. Nel Poema di Gilgamesh, Enkidu, un essere primitivo, prima rivale e poi alleato di Gilgamesh, viene descritto così: “Tutto il suo corpo era coperto di peli, / la chioma era fluente come quella di una donna, / i ciuffi dei capelli crescevano lussureggianti come grano. / Si pasce d’erba sulle colline assieme alle gazzelle, / con le bestie selvatiche presso le pozze d’acqua egli si soddisfa”. Al contrario, gli uomini e le donne civilizzati prestavano grande attenzione all’aspetto dei propri capelli, come rivelano le statue mesopotamiche già a partire dal IV millennio a.C.

Il re assiro Assurbanipal indossa una tiara a tronco di cono, dalla quale fuoriesce la lunga e riccia capigliatura. 650 a.C. British Museum, Londra

Il re assiro Assurbanipal indossa una tiara a tronco di cono, dalla quale fuoriesce la lunga e riccia capigliatura. 650 a.C. British Museum, Londra

Foto: Art Archive

Le diverse fogge di pettinatura non rispondevano a un semplice gusto estetico, ma costituivano un simbolo di identità sociale: le acconciature complicate di re e alti funzionari rispecchiavano il loro rango elevato. Viceversa, agli schiavi i capelli venivano rasati del tutto o in parte; l’individuo, privato del segno distintivo conferitogli dalla pettinatura e della sua specificità, sprofondava nell’anonimato.

Non stupisce che la caduta dei capelli o la comparsa di capelli bianchi fossero considerati un presagio funesto, specialmente se a esserne colpito era il re; a tali spiacevoli inconvenienti si cercava di porre rimedio mediante poco risolutive formule di scongiuro. D’altra parte, le fastose acconciature rappresentate nell’arte mesopotamica lasciano ipotizzare l’uso di trecce posticce e parrucche, abitudine quest’ultima molto diffusa in Egitto.

Capigliature regali

Sono scarse e parziali le fonti a disposizione per lo studio delle pettinature in voga in Mesopotamia; gli antichi oggetti destinati alla cura e all’ornamento dei capelli sono infatti di difficile reperibilità. Inoltre, i manufatti conservati risalgono a diversi periodi storici e appartenevano in genere alle classi alte della società.

Tuttavia, pitture, statue e rilievi giunti fino a noi offrono interessanti indizi sull’evoluzione dell’acconciatura dei sovrani mesopotamici. Dall’inizio dell’epoca di Uruk (3700-3000 a.C.), il re-sacerdote appare contraddistinto da una folta e lunga chioma, che viene raccolta e fermata sulla fronte da un nastro e ricade inanellata sulle spalle. Anche la barba era lunga e spessa, inizialmente senza baffi; questo tipo di acconciatura perdura fino alla fine dell’epoca di Uruk e all’inizio del successivo periodo protodinastico (3000-2340 a.C.).

Durante la prima dinastia di Ur gli uomini solevano raccogliere i capelli dietro la nuca in uno chignon. Tale pettinatura è riprodotta nell’elmo di Meskalamdug, re di Ur (2600 a.C. circa). Museo dell'Iraq, Baghdad

Durante la prima dinastia di Ur gli uomini solevano raccogliere i capelli dietro la nuca in uno chignon. Tale pettinatura è riprodotta nell’elmo di Meskalamdug, re di Ur (2600 a.C. circa). Museo dell'Iraq, Baghdad

Foto: Scala, Firenze

Ulteriori informazioni sulla pettinatura dei sovrani sumeri vengono offerte dal celebre elmo d’oro di Meskalamdug (2600 a.C. circa), proveniente dalla necropoli reale di Ur, nell’odierno Iraq meridionale. Si tratta di una calotta lavorata a sbalzo, che riproduce la tipica acconciatura sumerica con fascia frontale e chignon dietro la nuca.

Nella prima metà del III millennio a.C. apparve, peraltro, un nuovo stile di pettinatura reale, caratterizzato da forme geometriche: il capo era incorniciato da una capigliatura con scriminatura centrale che spartiva i capelli in due bande uguali. Le ciocche arricciate o intrecciate ricadevano ai due lati del volto fin sulle spalle, collocandosi ai lati della barba, similmente rappresentata con fitte onde disposte in senso orizzontale.

Tuttavia, vi furono anche sovrani che si rasarono completamente la testa e la barba. Nel periodo neosumerico (2112-2004 a.C.), tale abitudine esprimeva la funzione sacerdotale assunta da monarchi come Gudea di Lagash (odierna Tello, Iraq) vissuto tra il 2141 e il 2122 a.C. Le numerose statue raffiguranti questo principe-sacerdote attestano, inoltre, l’uso di un caratteristico copricapo a calotta con bordo bombato, un elemento distintivo della regalità.

Testa bronzea di Sargon I (re nel 2335-2280 a.C.). La sua pettinatura è simile a quella di Meskalamdug

Testa bronzea di Sargon I (re nel 2335-2280 a.C.). La sua pettinatura è simile a quella di Meskalamdug

Foto: Art Archive

Al contrario, i sovrani assiri solevano portare i capelli lunghi e ricci, al pari della barba. Nei periodi neoassiro (X-VII secolo a.C.) e neobabilonese (VII-VI secolo a.C.), le acconciature reali presentarono un aspetto simile: una capigliatura lunga, ondulata, veniva raccolta in una massa di riccioli sulle spalle e la barba ricciuta e squadrata scendeva sul petto in una serie di ciocche; nelle effigi, l’ondulazione verticale e regolare della barba contrastava con quella orizzontale della pettinatura.

Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!

Le acconciature femminili

Nel caso delle donne, i capelli indicavano il rango sociale ma anche la loro posizione di rispettabilità. La prima distinzione intercorreva tra coloro che nascondevano i capelli e coloro che invece li mostravano.

La filatrice. La donna porta i capelli raccolti e fermati da un nastro. Rilievo originario di Susa. 750 a.C. Louvre, Parigi

La filatrice. La donna porta i capelli raccolti e fermati da un nastro. Rilievo originario di Susa. 750 a.C. Louvre, Parigi

Foto: Hervé Lewandowski / RMN

 

 

Testi del II millennio a.C., quali le tavolette paleo-assire provenienti dalle colonie assire in Cappadocia, le lettere degli archivi reali di Mari (oggi Tell Hariri, in Siria) o le Leggi medio-assire, testimoniano l’obbligo di indossare il velo per le donne sposate e vedove, le figlie minorenni e le sacerdotesse. Tale disposizione serviva a distinguerle da prostitute, schiave e concubine, che, al contrario, dovevano uscire a capo scoperto. Le schiave e le prostitute che cercavano di celare il loro status sociale coprendosi i capelli, peraltro, venivano punite crudelmente: dopo essere state spogliate, erano condannate a ricevere cinquanta bastonate e sulla loro testa veniva versata della pece. Inoltre, chi, pur sapendo che una donna indossava il velo indebitamente, non l’avesse denunciata, oltre alle cinquanta percosse era sottoposto a un nuovo supplizio. Secondo quanto si legge in un codice legale: “Gli foreranno le orecchie, vi faranno passare una corda all’interno e la legheranno vicino alla nuca, e per un mese intero sarà tenuto a svolgere lavori forzati al servizio del re”.

Le donne di Uruk portavano i capelli raccolti in una rete o in uno chignon, oppure sotto un copricapo

Per quanto riguarda le acconciature delle donne, possediamo poche informazioni sulle regine, poiché nell’arte dell’epoca venivano raffigurate perlopiù dee e sacerdotesse, che costituivano la suprema autorità femminile.

All’epoca di Uruk, nel IV millennio a.C., risale il rilievo che decora la parte superiore del cosiddetto Vaso di Uruk, raffigurante una dea con un copricapo e una lunga e folta capigliatura fermata sulla fronte da una fascia. Si sono conservate anche statuine di donne intente a pregare, che mostrano una grande varietà di pettinature. In genere, le donne portavano i capelli lunghi ma non sciolti: solevano raccoglierli in una benda sulla nuca o in trecce oppure li tiravano su creando un voluminoso chignon chiuso in una reticella e fermato da un nastro.

Una statua dell’VIII secolo a.C. rappresenta l'’eroe Gilgamesh con lunghi capelli inanellati e una barba squadrata

Una statua dell’VIII secolo a.C. rappresenta l'’eroe Gilgamesh con lunghi capelli inanellati e una barba squadrata

Foto: Art Archive

Dall’elaborato al semplice

Non v’è dubbio che le nobildonne dell’epoca della prima dinastia di Ur (2500-2350 a.C.) amassero il lusso; prova ne è la grande quantità di gioielli rinvenuta nella necropoli reale di Ur, insieme a diademi, ornamenti per la fronte, puntali e fermagli per capelli destinati a impreziosire le acconciature.

Nei periodi successivi, le pettinature femminili si semplificarono. Nella maggior parte delle rappresentazioni artistiche giunte fino a noi, infatti, le donne sono ritratte con una lunga chioma fermata sulla fronte con un nastro o una benda. Tra le raffigurazioni più celebri vi è il bassorilievo del palazzo di Ninive che effigia il re assiro Assurbanipal e sua moglie a banchetto. La regina appare con una capigliatura lunga fino alle spalle, liscia nella parte superiore della testa, cinta da una corona, ma terminante in riccioli; in ogni caso, non più eleborata di quella delle ancelle rappresentate dietro di lei.

Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?