Cuauhtémoc, l’ultimo imperatore degli aztechi

Alla morte del cugino Montezuma, Cuauhtémoc guidò la disperata difesa di Tenochtitlán contro le forze di Hernán Cortés, che lo catturò e in seguito diede ordine di impiccarlo

Quando le truppe guidate dal conquistatore spagnolo Hernán Cortés lanciarono l’attacco finale contro la capitale dell’Impero azteco, Tenochtitlán, nel 1521, sapevano di avere di fronte un monarca che avrebbe dato battaglia molto più di Montezuma, il tlatoani che due anni prima li aveva accolti a braccia aperte. Il posto di Montezuma, morto l’anno precedente, era occupato da un suo cugino, Cuauhtémoc, un giovane di soli 25 anni che colpiva tutti per la sua «gentilezza, di fattezze e di modi», ma soprattutto perché «era molto valoroso e si fece temere tanto che tutti i suoi tremavano dinanzi a lui», secondo quanto scrisse Bernal Díaz del Castillo, il principale cronista della conquista del Messico.

Busto di Cuauhtémoc. El Zócalo. Città del Messico

Busto di Cuauhtémoc. El Zócalo. Città del Messico

Foto: Arco / Age Fotostock

Figlio e nipote di re, Cuauhtémoc ebbe una vita breve e avventurosa. Nacque a Tenochtitlán negli ultimi anni del XV secolo, in un giorno in cui vi fu un’eclissi di sole, preludio di un destino fatale che i sacerdoti confermarono dandogli il nome di Cuauhtémoc, “l’aquila cadente”. Il giovane principe frequentò il calmecac, la scuola dei figli della nobiltà, e al compimento dei 15 anni completò la propria educazione nel telpochcalli, la scuola obbligatoria in cui tutti i maschi aztechi ricevevano una formazione militare. Ben presto si mise in luce come combattente, e dopo aver raggiunto il grado di tlacatécatl guidò gli eserciti di Montezuma in diverse campagne, il che gli valse il comando militare di Tlatelolco, la città gemella di Tenochtitlán.

Il nuovo tlatoani

Dato il suo rango, era logico che Cuauhtémoc avesse un ruolo di spicco negli eventi che seguirono l’arrivo di Hernán Cortés in Messico. Probabilmente fu tra i primi a preoccuparsi per la presenza di Cortés e dei suoi uomini a Tenochtitlán dal novembre del 1519. Dopo l’eccidio commesso da Pedro de Alvarado nel Templo Mayor, il 20 maggio 1520, Cuauhtémoc si unì alla ribellione contro gli invasori. Il 30 giugno, nella celebre scena che vide Montezuma uscire su una terrazza del suo palazzo per cercare di placare gli animi dei suoi compatrioti, Cuauhtémoc ebbe per lui parole di insulto: «Che cosa dice quel vigliacco di Montezuma, che possiamo chiamare femmina degli spagnoli, perché si è consegnato a loro per paura e mettendosi al sicuro ci ha messi tutti in questa situazione? Non intendiamo obbedirgli, perché non è più il nostro re, e dobbiamo dargli il castigo che merita un uomo vile». Una fonte afferma che fu proprio dalle sue mani che partì una delle pietre che uccisero l’imperatore. Il principe partecipò in prima linea all’espulsione degli spagnoli da Tenochtitlán, durante quella che è nota come La Noche Triste, la notte triste.

Cuauhtémoc si arrende a Hernán Cortés. Disegno da 'Homenaje a Cristóbal Colón: antigüedades mexicanas' (1892)

Cuauhtémoc si arrende a Hernán Cortés. Disegno da 'Homenaje a Cristóbal Colón: antigüedades mexicanas' (1892)

Foto: British Library / Age Fotostock

   

Alla morte di Montezuma, i nobili aztechi elessero imperatore il fratello Cuitláhuac, che però morì di vaiolo ottanta giorni dopo. In cerca di un leader forte e deciso, nel settembre del 1520 elessero Cuauhtémoc come suo successore. Il nuovo tlatoani si preparò a difendere la sua capitale dall’offensiva di Cortés, che comandava un esercito formato da 900 spagnoli e 150.000 alleati. Ordinò di rendere più profondi i canali d’irrigazione, di alzare i ponti che univano la città alla terraferma e di fare incetta di armi e viveri per riempire i magazzini di Tenochtitlán. Si alleò con taraschi e tlaxcaltechi, suoi eterni nemici, facendo appello all’unità indigena contro gli stranieri e offrì ai suoi contribuenti grandi vantaggi fiscali in cambio della loro lealtà.

Quando Cortés si avvicinò alla città, Cuauhtémoc rifiutò tutte le offerte di resa e addirittura fece giustiziare i due figli di Montezuma favorevoli alla negoziazione.

Una difesa feroce

Nonostante tutti i preparativi portati avanti da Cuauhtémoc, nulla impedì agli spagnoli di assediare Tenochtitlán e di bloccarla grazie ai brigantini che costruirono per navigare nella laguna che circondava la città. Questo costrinse Cuauhtémoc e i suoi a ritirarsi a Tlatelolco, dove «sarebbero morti di fame e di sete, perché non avevano altro da bere se non l’acqua salmastra della laguna». In poco tempo la situazione si fece disperata e Cuauhtémoc lo comunicò ai suoi generali, i quali decisero però di continuare con la guerra. Il tlatoani li ammonì «che da quel momento in poi nessuno osasse chiedergli la pace o l’avrebbe ucciso».

Alla fine del mese di luglio del 1521 la sorte di Tenochtitlán era segnata. I templi bruciavano, le vie erano disseminate di cadaveri e gli indigeni che combattevano al fianco di Cortés facevano strage degli odiati indios del Messico. Ciononostante, Cuauhtémoc era sempre deciso a non arrendersi, e il 13 agosto, quando gli spagnoli e i loro alleati diedero l’assalto finale a Tlatelolco, cercò di fuggire a bordo di una canoa con la sua famiglia e alcuni dignitari per proseguire la lotta da un altro luogo. Gli spagnoli però scorsero l’imbarcazione e la intercettarono con un brigantino; a quel punto Cuauhtémoc, «vedendo la grande forza del nemico, che lo minacciava con balestre e schioppi, si arrese».

La cattura di Cuauhtémoc sul lago Texococo

La cattura di Cuauhtémoc sul lago Texococo

Foto: By Luis Alvaz - Own work, CC BY-SA 4.0

Cuauhtémoc fu portato al cospetto di Cortés, che aveva assistito alla battaglia finale da una terrazza dove aveva disposto una tenda cremisi. Lì il tlatoani esclamò davanti al conquistador: «Ah capitano! Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per difendere il mio regno e liberarlo dalle vostre mani, ma poiché la fortuna non mi è stata amica, toglietemi la vita, sarebbe giusto, e così porrete fine all’impero messicano». Cortés volle tranquillizzarlo e gli offrì di riconoscerlo come imperatore a condizione che in seguito gli consegnasse il tributo richiesto; gli aztechi avrebbero ricostruito la loro città e vissuto in pace. I fatti, tuttavia, smentirono subito quelle parole. Sebbene Cuauhtémoc continuasse in teoria a essere il governatore di Tenochtitlán, i suoi poteri furono trasferiti a un suo cugino più remissivo, Tlacotzin. Cortés considerava l’ultimo tlatoani un «uomo irrequieto» e temeva che potesse organizzare un sollevamento, quindi diede ordine di tenerlo prigioniero a Coyoacán, non lontano da Tenochtitlán, dove risiedeva egli stesso.

Dov’è l’oro?

Gli spagnoli miravano all’oro, e soprattutto a quello lasciato a Tenochtitlán quando erano stati costretti a fuggire nella Noche Triste. Già il giorno dopo la caduta della capitale, Cortés parlò di nuovo con Cuauhtémoc per chiedergli dove l’avesse nascosto.

Qualche tempo dopo, il conquistador interrogò di nuovo l’imperatore decaduto, e questa volta decise di torturarlo per ottenere una confessione. Lo legarono a un palo e gli immersero i piedi, e forse anche le mani, in olio bollente. Alla fine spiegò che, poco prima della caduta della città, gli dei gli avevano rivelato che la fine di Tenochtitlán era inevitabile, e che aveva ordinato di gettare l’oro in un pozzo nella laguna. Gli spagnoli, però, non trovarono nulla di valore nel luogo indicato.

Nell’ottobre del 1524, Cortés partì da Tenochtitlán diretto in Honduras per reprimere la ribellione di un altro conquistador, Cristóbal de Olid. Lo spagnolo portò con sé il tlatoani e i suoi capi militari al fine di evitare un’insurrezione in Messico. Durante il viaggio, un nobile di Tlatelolco riferì a Cortés che Cuauhtémoc si lamentava che «erano stati privati della loro terra e dei loro domini e comandavano gli spagnoli e che gli sembrava un buon rimedio uccidere Cortés e quelli che lo accompagnavano».

Cuauhtémoc e suo cugino, il governatore di Tacuba, torturati da Hernán Cortés. Dipinto di Leandro Izaguirre. 1893. Museo Nacional de Arte, Città del Messico

Cuauhtémoc e suo cugino, il governatore di Tacuba, torturati da Hernán Cortés. Dipinto di Leandro Izaguirre. 1893. Museo Nacional de Arte, Città del Messico

Foto: Dea / Scala, Firenze

   

Il 28 febbraio 1525, Cortés ordinò di interrogare separatamente Cuauhtémoc e il signore di Tacuba e «senza avere ulteriori prove ordinò che fossero impiccati. E questa condanna a morte fu molto ingiusta e sembrò un male a tutti», sentenziò il cronista Díaz del Castillo.

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